Passa il maxi piano ma non l’atteso progetto di incremento del salario minimo federale. Un successo a metà per l’amministrazione di Joe Biden che nel week end ha visto la Camera statunitense dare via libera al programma di sostegni all’economia da 1.900 miliardi di dollari, il secondo più ampi di sempre. Il piano passa ora all’esame del Senato con l’auspicio della Casa Bianca che si proceda velocemente per dare sollievo alle aziende e ai cittadini statunitensi. Tra le misure ci sono nuovi fondi per il programma vaccinali nonché risorse aggiuntive per le assicurazioni contro la disoccupazione oltre soprattutto a sostegni diretti per 1.400 miliardi di dollari, oltre ad aiuti per i governi statali. L’imperativo di muoversi rapidamente ha però causato una vittima: il raddoppio del salario minimo federale da 7,5 a 15 dollari/ora, misura gradita a gran parte dell’elettorato, fortemente sostenuta dall’ala più progressista dei democratici rappresentati nel governo da Bernie Sanders, e che riguarderebbe circa 27 milioni di lavoratori statunitensi.

Per accelerare l’iter del bilancio si è infatti scelto di utilizzare una procedura particolare, chiamata “budget reconciliation” che consente di superare eventuali manovre di ostruzionismo. Il ricorso a questa procedure irrigidisce però le misure che possono essere incluse nel piano. I tecnici del Senato hanno considerato la misura sul salario è stata considerata come non strettamente attinente alle misure anti-Covid su cui il piano è impostato. La Casa Bianca ha scelto, almeno per ora, di non forzare troppo la mano. In teoria avrebbe potuto bypassare il blocco sfruttando alcune prerogative attribuite al vicepresidente Kamala Harris che ricopre anche il ruolo di presidente del Senato.

Joe Biden si è detto “deluso” dalla bocciatura della sua proposta di inserimento del salario di 15 dollari l’ora nel piano di aiuti Covid, ha riferito la Casa Bianca, sottolineando che il presidente “rispetta la decisione del consulente delle regole del Senato e la procedura del Senato” stesso ma che “lavorerà con i leader del Congresso per determinare la via migliore perché nessuno in questo Paese dovrebbe lavorare a tempo pieno e vivere in povertà“. Il salario di 15 dollari dovrebbe entrare in vigore entro il 2025 e sarebbe comunque in coda ai paesi Ocse che adottano una misura di questo tipo, compresi Cile e Turchia. La bocciatura del Congresso non è comunque una sorpresa. Secondo quanti riportato dal sito Politico, già nelle scorse settimane Biden aveva espresso perplessità sulla possibilità che l’aumento del salario superasse lo scoglio delle procedure congressuali.

Più in generale il maxi piano sta avendo in questi giorni un effetto controverso e paradossale sui mercati. Tra aiuti governativi e interventi delle banche centrali nel 2020 sono stati iniettati nei sistemi economici 20mila miliardi di dollari. Ora negli Stati Uniti si aggiunge questa nuova dose da quasi 2mila miliardi. Il timore è che alle prime avvisaglie concrete di ripresa tutta questa liquidità favorisca un rialzo dell’inflazione. A quel punto le banche centrali sarebbero costretto a stringere i cordoni della borsa mettendo in difficoltà i mercati. Inoltre oggi i rendimenti dei titoli di Stato sono su livelli bassissimi, un aumento dei prezzi ne decurterebbe ulteriormente i ritorni reali. Per questa ragione nelle ultime settimane si è assistita ad una vendita generalizzata di bond sovrani europei e statunitensi causandone una discesa del prezzo e un parallelo incremento dei rendimenti (gli interessi sono fissi in valore assoluto ma espressi come percentuale del valore del titolo). I Treasuries statunitensi a dieci anni, il titolo più importante al mondo, in grado di influenzare i rendimenti di asset in tutto il mondo, hanno visto il loro rendimento salire dell’1%. C’è però anche una lettura più raffinata di queste dinamiche. I mercati starebbero testando la disponibilità della Federal Reserve ad attuare un controllo ancora più accurato sui rendimenti dei bond, muovendosi per regolare tutta la curva delle scadenze (non solo quelle più brevi come abitualmente accade), sul modello di quanto sta già facendo la banca centrale giapponese.

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