Un silenzio assordante: è questa l’unica risposta ottenuta in tutti questi mesi di pandemia dai governi dei loro paesi. Dal Venezuela al Perù, dalla Bolivia al Brasile fino alla Colombia, le popolazioni indigene dell’Amazzonia non hanno ricevuto alcun tipo di aiuto, in termini di farmaci, cibo e adesso di vaccini. Una situazione tragica, che rischia di peggiorare ancora di più con la cosiddetta variante brasiliana del coronavirus SarsCov2 che rischia di propagarsi senza freni, sterminando intere popolazioni.

“In Amazzonia stiamo vivendo una tripla pandemia: l’attività estrattiva, che non si è mai fermata, neanche con la quarantena, il cambiamento climatico e il Covid-19 – spiega a ilfatto.it Gregorio Mirabal, coordinatore generale di Coica (Coordinamento delle organizzazioni indigene del bacino del Rio delle Amazzoni, che raggruppa nove organizzazioni indigene nazionali amazzoniche) -. La seconda ondata sta peggiorando drasticamente le realtà dei nostri territori, soprattutto quelli al confini col Brasile“. Gli effetti già si vedono: se prima i più colpiti erano gli anziani, ora ci sono anche i leader delle comunità indigene e i giovani. Secondo gli ultimi dati del 12 febbraio pubblicati da Coica, dal 2020 ad oggi le persone contagiate, tra 278 popolazioni colpite, sono state oltre 82.200 e 2237 i morti, distribuiti tra Brasile, Perù, Ecuador, Bolivia, Venezuela, Colombia, Guyana, Suriname e Guyana francese. I numeri peggiori sono quelli del Brasile (34529 casi e 783 morti), seguito da Colombia (21654 casi e 750 morti) e Perù (18394 casi e 395 morti).

“Molti fratelli di Brasile, Colombia e Perù stanno lanciando appelli ai loro governi, perché si sentono dimenticati – racconta Mirabal – In Perú le popolazioni indigene che vivono alla frontiera con Brasile e Colombia – i Tikunas, Yaguas, Kichwas e Awajún – sono tra le più colpite di questa seconda ondata, ma non hanno ricevuto alcuna informazione e assistenza medica. I centri medici più vicini sono collassati e la gente sta morendo per la mancanza di ossigeno”. In Brasile il tasso di infezione tra gli indigeni è del 200 per cento più alto della media nazionale. Tra l’altro, come denuncia al fattoquotidiano.it Tomás Candia, presidente della Confederazione delle popolazioni indigene di Bolivia (Cidob), “abbiamo paura di andare in clinica, perché quando si va in città ci si infetta. In 5 territori stiamo avendo anche problemi con i narcotrafficanti. In Bolivia, nonostante il cambio di governo le cose per noi non sono cambiate: continuiamo ad essere ignorati e ad essere considerati una zavorra per il progresso del Paese”. L’unica cosa che li ha aiutati in questi mesi è stata la loro medicina tradizionale, tanto che hanno iniziato a mettere su delle farmacie con i loro farmaci tradizionali.

E sempre la Coica in modo autonomo, grazie al Fondo di emergenza per l’Amazzonia, è riuscita a far arrivare aiuti, farmaci e cibo alle sue popolazioni. A gennaio ha inviato una petizione ai governi degli stati amazzonici chiedendo l’implementazione di misure sanitarie, confini epidemiologici, unità di cure mediche specializzate nei territori indigeni, vaccini al 100 per cento delle popolazioni indigene del Brasile e negli altri stati l’avvio delle campagne vaccinali previa consultazione con le popolazioni indigene. “Finora sono stati vaccinati lo 0,0000001 per cento degli indigeni, che non è niente – continua Mirabal – La nostra priorità è che vengano date subito cure alle popolazioni indigene che vivono ai confini col Brasile”.

Ora, dicono i vari coordinatori delle popolazioni afferenti alla Coica, è importante raccogliere almeno 5 milioni di dollari attraverso il Fondo di emergenza per l’Amazzonia, per far arrivare cibo e medicine, e far sì che la pandemia non tocchi gli oltre 66 gruppi che vivono in isolamento volontario nel bacino amazzonico. “La maggiore urgenza adesso è rappresentata dalla mancanza di cibo e farmaci – conclude Candia – Non servono medicine solo per il Covid, ma anche per altre malattie come dengue e raffreddori, che in questo periodo sono più frequenti con l’inizio delle piogge. Vogliamo parlare con il Governo. È importante intervenire a favore dei popoli indigeni dell’Amazzonia, protettori e difensori della foresta tropicale più grande del pianeta”.

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