È tornato un mese fa da Manaus, che è nel pieno della seconda ondata della pandemia con le vittime che a gennaio sono quintuplicate rispetto a dicembre. Francesco Di Donna, medico e coordinatore del progetto di Medici Senza Frontiere in Brasile per l’emergenza Covid, racconta a ilfattoquotidiano.it le difficoltà sanitarie dello Stato di Amazonas, oggi il più colpito di tutto il Paese e dove è stata individuata la cosiddetta “variante brasiliana”. Le carenze di ossigeno e la mancanza di letti sono i nodi cruciali, soprattutto per gli ospedali della città di Manaus, che già ad aprile – vista anche la maggiore vulnerabilità della popolazione indigena – era sopraffatta dall’incalzare della pandemia e dallo scarso numero di terapie intensive. E oggi per il 30% dei malati di Covid-19 si tratta della seconda reinfezione. Quanto ai vaccini, il Brasile ha iniziato tardivamente – e cioè intorno a metà gennaio – le somministrazioni e sta procedendo a rilento. A oggi sono circa 5,29 milioni le dosi inoculate (in pratica ne hanno ricevuta almeno una 2,5 persone su 100. In Italia sono invece 5,04, mentre in Israele, che è primo al mondo, lo hanno ricevuto quasi 73 persone su 100). Il Brasile ha finora ottenuto circa 12 milioni di dosi dei vaccini dalla cinese Sinovac e da AstraZeneca.

Nello Stato di Amazonas Medici senza frontiere parla di morti quintuplicati da dicembre (460) a gennaio (2.552). Una cifra che è di poco inferiore rispetto alle 2.850 vittime registrate nel picco della prima ondata tra aprile e maggio. Perché questo aumento?
Col periodo natalizio, che per i brasiliani coincide con l’estate, le misure restrittive sono state allentate senza però rispetto per norme anti-Covid come distanziamento e utilizzo delle mascherine. In più la mobilità delle persone è fortemente aumentata all’interno dell’Amazzonia per vacanze o visite famigliari. Spostamenti che hanno portato a una maggiore trasmissione del virus. Da ricordare anche che in Brasile l’estate coincide col periodo delle piogge e a un aumento di malattie respiratorie e malaria.

La necessità di rispettare norme anti-contagio viene percepita dalla popolazione?
Manaus non è mai stata in totale lockdown, ma fino alla fine di ottobre ci sono state restrizioni. In ogni caso mascherine e distanziamento sono regole che non vengono rispettate. In molti vivono di commercio, pesca e agricoltura: è un’economia basata su questo, quindi le persone, per sopravvivere, non vogliono chiudere.

Qual è il ruolo della variante brasiliana e come sta impattando sulla seconda ondata?
Come Medici senza Frontiere non abbiamo avuto né la possibilità né i permessi per potere capire quanto fosse diffusa nei casi che abbiamo visto sul campo, ma possiamo dire che certamente ha un impatto sulla popolazione. In Italia come in Europa si è intervenuti tempestivamente, ci sono stati allarmi sulle varianti e si sono adottate restrizioni. Anche ad Amazonas il comportamento da adottare verso la variante deve prevedere prevenzione e promozione della salute.

Uno studio di Lancet ipotizza che Manaus possa rappresentare un “laboratorio” delle varianti. Gli studiosi infatti si chiedono perché la pandemia abbia colpito di nuovo ora, visto che si pensava raggiunta l’immunità di gregge dopo la prima ondata.
Quello che abbiamo visto è che circa il 30% delle persone che oggi sono infettate sono già state precedentemente contagiate dal Covid. E il test antigenico che utilizziamo rileva anche la variante brasiliana, senza però distinguerla da Sars-Cov-2. In sostanza dà il responso positivo o negativo.

Quali sono i problemi più importanti a livello ospedaliero?
Oggi le persone arrivano prima in ospedale, ma continuano a mancare ossigeno e posti letto. Lo Stato di Amazonas è enorme ma carente di rete stradale e trasporti, il che rende ulteriormente complicata la gestione dei casi più severi. Purtroppo, anche quando la situazione sanitaria era meno grave, le autorità non hanno investito su una possibile seconda ondata e si sono trovate impreparate.

A fronte di una seconda ondata che Msf definisce catastrofica, la politica brasiliana ha deciso di intraprendere iniziative e misure forti per il contenimento dei contagi a Manaus?
Sì, sono tornate restrizioni più severe, ma è difficile metterle in atto. Specie in una città come Manaus dove la densità di popolazione è elevata e in più è il periodo di Carnevale. Nonostante la pandemia le persone festeggiano lo stesso.

Medici senza frontiere: il lavoro nello Stato di Amazonas
Gestisce o supporta quasi 100 posti letto Covid-19, attività che assorbe la maggior parte delle capacità del team di emergenza, che porta comunque avanti alcune attività di prevenzione.

Le équipe di promozione alla salute sono in azione per intervenire in punti strategici a Manaus, diffondendo linee guida per l’igiene, la distanza sociale e i test. L’obiettivo è garantire diagnosi rapide e follow-up per i pazienti positivi al Covid-19 per evitare l’aggravarsi delle loro condizioni. MSF ha esortato con successo le autorità sanitarie di Tefé e di São Gabriel da Cachoeira a utilizzare i test antigenici rapidi e continua a sollecitare anche le autorità di Manaus e di altre aree colpite a fare meno uso dei test sierologici, generalmente più utilizzati in Brasile.

Un’équipe di MSF è in azione a São Gabriel da Cachoeira, dove la situazione sembra stabile ma è necessaria un’attenzione continua. Il team sta supportando il centro sanitario per la cura dei pazienti positivi al Covid-19 e gli educatori sanitari stanno fornendo linee guida su igiene e distanziamento sociale nei barracões, luoghi in cui alloggia la popolazione indigena quando si reca in città. Questo dovrebbe consentire il monitoraggio dell’infezione anche tra le popolazioni indigene. Inoltre, le équipe di MSF si stanno preparando per una possibile ondata di Covid-19 a Boa Vista, la capitale del vicino stato di Roraima.

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