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Ministero della transizione ecologica, ecco che competenze avrà: da rinnovabili a mobilità sostenibile, idrogeno e trivelle

Le bozze con lo schema dei settori che transiteranno dal ministero dello Sviluppo al nuovo dicastero affidato a Roberto Cingolani. Gestirà la politica energetica. Restano al Mise le attribuzioni su liberalizzazione e concorrenza dei mercati e sicurezza degli approvvigionamenti di energia, oltre alle misure "direttamente connesse alla tutela del rischio di deindustrializzazione e delocalizzazione di comparti produttivi dove il costo dell’energia ha un ruolo rilevante"

Inizia a prendere forma il Ministero della transizione ecologica che è una delle novità del governo guidato da Mario Draghi. Mercoledì alle 10 si terrà un pre Cdm con all’ordine del giorno anche il Decreto con le disposizioni per il riordino delle attribuzioni dei ministeri. E già circolano le bozze con lo schema delle competenze che transiteranno dal ministero dello Sviluppo al nuovo dicastero affidato a Roberto Cingolani, la cui sigla sarà “Mite“. Stando al testo diffuso dall’agenzia LaPresse, al Mite passerebbero le funzioni in materia di politica energetica ma “ferme restando le competenze in materia di liberalizzazione e concorrenza dei mercati e sicurezza degli approvvigionamenti di energia”.

La relazione illustrativa spiega che “si ritiene ottimale trasferire al Mite tutte le competenze del Mise su rinnovabili, decarbonizzazione, efficienza energetica, ricerca e nuove tecnologie energetiche clean, mobilità sostenibile, piano idrogeno e strategie di settore, decommissioning nucleare, transizione sostenibile delle attività di ricerca e produzione di idrocarburi“. Al ministero ora guidato da Giancarlo Giorgetti resterebbero “solo quelle competenze direttamente connesse ad ambiti dell’economia italiana affidati alle più generali competenze del Mise, in cui è prevalente l’interesse pubblico in materia di concorrenza e mercato e quelle di sicurezza fisica delle forniture di energia”.

Cingolani avrebbe responsabilità su “tutte le misure di politica attiva e le relative dotazioni economiche a favore della transizione energetica, mentre rimarrebbe in capo al Mise l’attività di tipo normativo e regolamentare relativa alla sicurezza e alla tutela del mercato e alcune misure di politica industriale direttamente connesse alla tutela del rischio di deindustrializzazione e delocalizzazione di comparti produttivi dove il costo dell’energia ha un ruolo rilevante. Tra essi, l’industria siderurgica (dunque il dossier Ilva, ndr), la produzione di cemento, vetro, l’alluminio, ceramica, carta, chimica, che oggi richiedono una gestione per mantenerne la competitività nel quadro della transizione energetica”.

Su 19 posti di dirigente più due di direttore generale, ne risulterebbero trasferiti al Mite 15 e il resto rimarrebbe al Mise. In materia di vigilanza sugli enti passerebbe al ministero della Transizione ecologica la vigilanza su Enea, Gse e Sogin mentre resterebbe al ministero dello Sviluppo economico quella su Gme (che gestisce le piattaforme informatiche di scambio di energia) e su Acquirente Unico (che gestisce i servizi di tutela dei consumatori e le scorte petrolifere di sicurezza da utilizzare in caso di emergenza).