Un anno dopo tocca al Molise. La regione più piccola d’Italia, appena sfiorata dal Covid durante la prima ondata, è al collasso. Costretta a blindarsi per provare a contenere il dilagare del virus e a chiedere aiuto all’esterno per curare i suoi pazienti. Mentre si monta un ospedale da campo, interviene la sanità privata per tentare di sopperire ai limiti di quella pubblica, commissariata, che sconta il peso di numeri totali – sia nei posti letto che di personale sanitario – per forza carenti ora che Sars-Cov-2 si è fatto ancora più minaccioso sotto la spinta della varianti inglese, con oltre 250 casi accertati. Così dopo i primi 8 mesi di pandemia passati quasi indenne, il Molise, finito in zona arancione lo scorso venerdì, rischia di pagare un prezzo altissimo. “Siamo in grave sofferenza, mancano medici”, ammette a Ilfattoquotidiano.it Oreste Florenzano, direttore generale dell’Asrem, l’azienda sanitaria regionale. Per capire cosa sarebbe potuto accadere la scorsa primavera se il virus fosse dilagato dalla Lombardia verso il Mezzogiorno, bisogna guardare a cosa sta succedendo in Molise a distanza di dodici mesi.

Mancano posti in terapia intensiva e sub-intensiva, quindi i pazienti gravi vengono trasferiti fuori dai confini. La Regione ha chiesto aiuto alla Protezione Civile che ha disposto l’attivazione della Cross, la centrale remota operazioni soccorso sanitario di Pistoia per organizzare il trasferimento di 8 malati gravi a Grosseto, Roma, Foggia e Cesena. “A marzo eravamo noi ad accogliere i malati di Bergamo – dice Florenzano – Ora abbiamo bisogno di supporto”. Sono le cifre nel medio periodo a raccontare come il Molise sia stato travolto dalla seconda ondata, divenuta ancora più dirompente negli ultimi due mesi mentre di dati assoluti, per forza di cose limitati, passavano sotto silenzio pur essendo imponenti per un territorio da 305mila abitanti. Dal febbraio dello scorso anno al 23 settembre i contagi totali accertati erano stati 623, i decessi ‘appena’ 23 e gli ospedali di Campobasso e Termoli erano sostanzialmente Covid-free. Negli ultimi cinque mesi, il Molise è sprofondato nella paura: 9.560 nuovi casi e 318 morti. Quasi il 95% di contagi e decessi è dovuto alla seconda ondata e nelle scorse settimane la situazione è precipitata.

Il ministro della Salute Roberto Speranza ha ordinato la zona arancione dalla scorsa domenica, ma in realtà un quarto della regione è in zona rossa. Il governatore Donato Toma ha disposto le misure più restrittive in 33 Comuni su 136. Ai primi 28 dell’area Basso molisana, si sono poi aggiunti Bonefro, Lupara, Montelongo, Morrone del Sannio e Provvidenti, tutti in provincia di Campobasso. Si prova così ad abbassare la pressione sui reparti, soprattutto sub-intensive e terapie intensive. In totale la Regione può contare su 39 posti letto in area critica, di cui il 30% dedicato ai pazienti Sars-Cov-2. Quando si superano i 13 malati di Covid assistiti in terapia intensiva, bisogna far scattare i trasferimenti come avvenuto negli ultimi giorni. E altri ne arriveranno, visti i 4 nuovi ingressi segnalati nell’ultimo bollettino che portano a 15 i posti occupati. Resta il problema delle sub-intensive, nonostante, afferma Florenzano, dallo scorso febbraio “si sia passati da 2 a 80 posti letto disponibili in malattie infettive”. Adesso ci si muove due fronti, dopo l’accantonamento dell’ipotesi di utilizzare l’ospedale Vietri di Larino, in un balletto di “sì-no-forse” tra il governo regionale e il commissario alla Sanità Angelo Giustini. “Non ci sono i tempi necessari”, è stato il responso definitivo negli scorsi giorni.

Si lavora, quindi, da un lato, per allestire l’ospedale da campo a Termoli: 24 posti letto che saranno gestiti dalla Croce Rossa. “Lì verranno trasferiti pazienti non Covid attualmente ricoverati negli ospedali”, spiega Florenzano. In questo modo verranno “creati” altrettanti posti di degenza in reparti trasformabili in sub-intensive e intensive. “Contiamo inoltre di avere – aggiunge – un modulo di terapia intensiva di 10 posti installato a Campobasso il 3 marzo e dal 12 marzo altri dieci a Termoli e sei ad Isernia”. Si tratta di posti aggiuntivi in ballo dall’autunno, chiesti dal presidente Toma e acquistati dalla struttura commissariale di Domenico Arcuri. Inoltre, la Regione ha stretto un accordo con le strutture private presenti in Molise: “L’Irccs Neuromed metterà a disposizione personale, il Gemelli-Molise dell’Università Cattolica alcune sue strutture – spiega ancora Florenzano – Avremo quindi altri 10 posti di sub-intensiva”. Restano invece sulla carta i 35 posti per pazienti critici autorizzati attraverso il decreto Rilancio: “Sono io il soggetto attuatore, nominato a novembre dalla struttura commissariale – lamenta il direttore generale dell’Asrem – Nonostante i solleciti al ministero, tra bandi e validazione dei progetti, abbiamo avviato l’allestimento ma i posti non sono ancora attivabili”.

Da chi premeva per utilizzare il Vietri di Larino, la strategia viene considerata una sconfitta, ma i vertici regionali della Sanità ritengono che l’emergenza sia tale da non avere abbastanza tempo per allestirlo e riuscire a fronteggiare una richiesta di ricoveri raddoppiata velocemente rendendo insufficienti i posti letto dedicati. La situazione si è aggravata negli ultimi due mesi. Dalla vigilia di Natale ad oggi il Molise ha dovuto gestire oltre 4mila casi e ha visto i ricoverati passare dai 60 del 23 dicembre ai 121 del 23 febbraio. Nella stessa finestra temporale i decessi sono lievitati da 177 a 341. Solo nelle ultime settimane, i malati di Covid in ospedale sono passati da 82 al massimo disponibile e 44 persone hanno perso la vita. Tra loro anche Mirko che, racconta il sito locale Primonumero.it, è morto in pronto soccorso in attesa di un posto letto. Aveva 38 anni.

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