Sul nuovo Pirellino la politica milanese si spacca. A pochi mesi dalle elezioni comunali i conti nella maggioranza (e anche nel centrodestra) non tornano più. Proprio su ciò che ha reso “grande”, almeno nello storytelling, Milano negli ultimi anni: l’urbanistica, il real estate, l’immobiliare. Dietro alla battaglia che l’assessore all’Urbanistica, Pierfrancesco Maran, astro nascente (già nato) del Pd lombardo, sta combattendo contro la legge di Regione Lombardia sulla rigenerazione urbana che regala volumetrie a costo zero a chi riqualifica palazzi abbandonati, ci sono motivazioni di principio e altre di lotta politica. Da mesi trapelano informazioni sulle intenzioni del sindaco Beppe Sala in caso di vittoria. Creare una giunta a trazione personale, soprattutto se la sua lista civica dovesse sbancare alle urne, mettere all’angolo il Partito democratico di Milano e non riconfermare almeno tre assessori: Maran, Marco Granelli (Mobilità e Lavori pubblici) e Cristina Tajani (Lavoro).

Non è una novità. I sindaci “civici” personalizzano sempre al secondo mandato rispetto ai partiti. L’unica curiosità è che gli assessori che Sala non vuole più sono tutti pezzi da novanta del Pd. Con i primi due in particolare che godono di forte consenso personale: Maran è stato il secondo dei più votati fra i dem allo scorso giro (2016, quasi 6mila), dietro all’ex assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino che oggi è fuori dai giochi, eletto nel 2019 all’Europarlamento con 90mila preferenze nel nord ovest; Granelli intercetta invece l’elettorato cattolico. I due detengono le deleghe cruciali per la svolta “green” (territorio, ambiente, trasporti, consumo di suolo, riqualificazione energetica degli edifici pubblici) e per gli investimenti.

Beppe Sala il “verde”? – Sala punta a un secondo mandato che lo faccia ricordare come il “sindaco ecologista” di Milano. E anche alla luce di ciò va letta l’alleanza con i Verdi milanesi, critici fino ad ottobre con il primo cittadino, con cui avevano spergiurato attraverso il portavoce locale, Andrea Bonessa, e quella nazionale, Elena Grandi, che non si sarebbero schierati. Ma poi hanno subito il diktat della Federazione dei Verdi Europei per affrancarsi al centrosinistra durante la tornata di amministrative italiane. L’obiettivo? Far entrare gli ambientalisti nel campo largo del centrosinistra in una delle poche nazioni Ue in cui il movimento prende risibili percentuali di voti. Sul lungo periodo lo scopo è ri-entrare a Montecitorio e Palazzo Madama, oltre che Bruxelles e Strasburgo dove rimpinguare il gruppo all’Europarlamento che alle scorse elezioni comunitarie era divenuto il terzo, prima di scendere in quarta posizione post Brexit.

Ma come entra in questo piano ecologista il progetto di Pirelli 39 targato Manfredi Catella e disegnato dall’archistar Stefano Boeri e Elizabeth Diller? Beppe Sala lo ha definito “interessante”. Presentando il piano Catella ha detto “che si può realizzare solo con i benefici della nuova legge”: più 25% di volumetrie per un investimento complessivo da 300 milioni di euro. Inclusi i 193 spesi per acquistare il grattacielo durante un‘asta record dal Comune di Milano. Maran non ci sta: la legge regionale è incostituzionale – dice – ed è pronto ad andare fino alla Consulta. Ma per quanto ancora sarà assessore?

L’uomo di Catella – Nella politica milanese si parla molto di alcune coincidenze. Manfredi Catella, il numero uno di Coima e del real estate milanese, ha comprato Pirelli 39 nel marzo 2019. Battuti al fotofinish – con 4 milioni di scarto – i competitor di Merope Asset Management, specializzata in immobili di lusso, guidata da Pietro Croce e nel cui azionariato compare anche John Elkann attraverso delle società controllate. Sono tanti soldi quelli che entrano nelle casse di Palazzo Marino dall’operazione. Il Comune passa all’incasso e festeggia. Sei mesi dopo a festeggiare è invece Mister Porta Nuova. L’operazione di compravendita viene definita davanti a un notaio il 25 novembre 2019. Nemmeno 24 ore dopo passa la legge di Regione Lombardia che concede i bonus. Tra gli ispiratori della legge c’è anche Alberto Guido Inzaghi, avvocato brianzolo che vive in uno dei grattacieli simbolo di Milano, uno dei massimi esperti e legali in città. Oltre che consulente di Coima su varie partite. È lui che ha assistito la sgr di Catella nella definizione del contratto d’acquisto di Pirelli 39 e curato gli aspetti di diritto amministrativo relativi al contratto finanziamento. Un’operazione che ha portato uno dei fondi gestiti da Coima partecipato dalla Cassa Depositi del Quebec, Poste Vita, Inarcassa, un fondo sovrano e un fondo pensione asiatico e con la regia creditizia di Banca Popolare di Milano a chiudere la partita da vincitori.

Ma l’avvocato Inzaghi è anche l’uomo che ha assistito Coima nella regina delle partite immobiliari milanesi: scalo Romana. Lo scalo ferroviario abbandonato messo a gara da Ferrovie dello Stato Sistemi Urbani e che nel 2026 ospiterà il Villaggio Olimpico per i Giochi di Milano-Cortina. Intorno sta crescendo il più interessante distretto meneghino: studentati per servire l’Università Bocconi, la Statale e le Accademie; Fondazione Prada; “cittadelle” della salute, dell’oncologia; incubatori di startup; la nuova sede di A2A – la multiutility dell’energia controllata dai Comuni di Brescia e Milano – il cui ex amministratore delegato che ha lasciato a maggio 2020, Luca Valerio Camerano, ha trovato un posto proprio nel comitato d’indirizzo di Coima Esg City Impact Fund, il fondo immobiliare che ha comprato scalo Romana da Ferrovie. Cifra? 180 milioni di euro. Battendo nessuno questa volta. Perché nella gara-regina tutti i competitor della cordata a tre formata da Coima, Covivio (Del Vecchio) e Prada si sono ritirati.

In consiglio comunale possibile larga intesa Pd-centrodestra – Per completare il quartiere simbolo di Milano che lo ha reso immortale nel settore – Porta Nuova – a Catella ora manca solo il via libera del consiglio comunale di Milano. Deve votare la delibera di giunta del 18 dicembre 2020 che recepisce la richiesta di Coima (e altre 36 proprietà) di accedere ai benefici volumetrici della legge regionale. I rappresentanti dei cittadini a Palazzo Marino sono spaccati. Sia a destra che sinistra. I numeri forse, nella maggioranza, non ci sono e si potrebbe assistere a un’inedita “larga intesa” Pd-centrodestra per far passare la delibera, aprendo una crisi interna al Pd nei mesi di campagna elettorale, mentre c’è da fare la quadra sulle liste. Infatti per Fabrizio De Pasquale, capogruppo di Forza Italia, “Sala e Maran tengono ferma una delibera che faciliterebbe la rigenerazione di 180 immobili” mentre per il forzista Alessandro De Chirico si “rischia di impantanare l’ennesimo progetto edilizio di cui Milano avrebbe, invece, un gran bisogno”. Stoccata al centrosinistra e ricordandogli che la città attuale – incensata da molti – è figlia delle giunte di centrodestra Albertini e Moratti, non del tandem Sala-Pisapia. La Lega? Non pervenuta su questo argomento.

Mentre nell’opposizione è contrario al progetto Enrico Marcora, eletto nella “Lista Sala” ma passato di recente in Fratelli d’Italia. Stesso discorso a sinistra. Se è scontato che Basilio Rizzo, unico eletto di Rifondazione comunista-Milano in Comune, e Patrizia Bedori del Movimento Cinque Stelle, votino no, la partita interessante è nel Pd. Contrari sicuramente i consiglieri Natascia Tosoni, l’ambientalista Carlo Monguzzi e David Gentili, presidente della Commissione antimafia e da anni molto duro sul mondo real estate e le grandi trasformazioni urbane di Milano. È certo che tutti e tre non saranno ricandidati dal Pd nel 2021, per vari motivi. Tosoni e Gentili sono stati eletti nel Pd, prima di creare un loro gruppo, e poi rientrare nel Pd. Di Monguzzi, assessore regionale all’Ambiente negli anni ’90, si mormora che non sia apprezzato da Beppe Sala. Potrebbero votare contro i bonus anche Enrico Fedrighini, unico verde a Palazzo Marino, fautore dell’alleanza organica con il centrosinistra, e altri pezzi del Pd.

Ma per il Comune il consiglio non può escludere un immobile dalla lista – Ma sullo sfondo aleggia una domanda: che potere ha davvero il consiglio comunale, in questo caso, di bloccare la riqualificazione di Pirelli 39? Nei fatti nessuno. Nel senso che Manfredi Catella ha già detto che andrà avanti lo stesso con i due grattacieli del progetto (uno residenziale e uno uffici) e nel caso di mancata approvazione del bonus allora non realizzerà il cosiddetto “ponte-serra”, che collega sopraelevato i due edifici, ma è uno spazio pubblico. “Un dono per la città” lo ha definito Catella. Poi ci sono gli aspetti formali e burocratici: in piazza della Scala c’è chi vuole votare contro ma teme le conseguenze. Bocciare in toto la delibera o togliere alcuni degli edifici che hanno chiesto di accedere alle “regalie” della legge sulla rigenerazione urbana? Questo è il dilemma. Un dilemma che rischia di non avere alcun peso. David Gentili ha scritto al Segretario Generale del Comune di Milano, Fabrizio Dall’Acqua, uomo-macchina del Comune, per chiedere cosa accadrebbe con le due opzioni. Lo ha fatto perché dall’Urbanistica trapela che, norma alla mano, non si possa fare altro che certificare il bonus per Coima e gli altri richiedenti. Sarebbe questo il motivo per cui l’assessore Maran ha votato in giunta un atto che lui stesso definisce basarsi su una legge incostituzionale.

La posizione di Regione Lombardia è invece l’esatto opposto: “Ogni Comune può decidere come declinare la legge sul proprio territorio” ha detto l’assessore a Protezione Civile e Territorio della giunta Fontana, Pietro Foroni, in varie occasioni. Alle domande di Gentili, il Segretario Generale del Comune ha risposto con due lunghe mail. La morale? È che bocciare in toto la delibera è “un’opzione” che “appare praticabile solo in presenza di adeguata motivazione che confuti idoneamente le risultanze istruttorie”. Tradotto: i politici devono sconfessare, nel merito, i tecnici degli uffici che hanno approvato la documentazione portata da Coima. Levare alcuni immobili dall’elenco, stando a quel che scrive Dall’Acqua, non sembra possibile: “A parere di chi scrive, l’impossibilità di espungere dall’elenco dei beni indicati in proposta uno o più immobili” perché “Il tenore letterale della norma sembra imporre ai Consigli comunali”. Significa che il consiglio comunale di Milano non pare avere diritto a un voto nel merito. Per qualcuno una sospensione della democrazia municipale. La realtà è che c’è da mettere mano agli avvocati per capire quanto una decisione politica possa essere eterodiretta da un giudizio tecnico e un percorso amministrativo e, nel caso, quale dei due blocchi pesa di più. Così crescono le domande. All’ombra del nuovo “Bosco Verticale” che l’archistar Stefano Boeri ha deciso di chiamare grattacielo “Botanica”.

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