La situazione di stallo che si è creata nel governo rischia di trascinare il Paese a elezioni anticipate? “Le elezioni non sono un obbiettivo sono la conseguenza del venir meno delle soluzioni che non mi pare abbondino”, sostiene Andrea Orlando nel corso di una conversazione su Twitter. Un concetto ripetuto nel pomeriggio, intervenendo a una assemblea del Pd di Parma: “Quando diciamo che il rischio elezioni è cresciuto sembra una bizza, ma non è una follia che abbiamo in testa”. Il vicesegretario risponde a chi fa notare come Goffredo Bettini, dirigente dem, non abbia più parlato di elezioni nel suo intervento all’assemblea del Pd della provincia di Roma. “Le elezioni non sono un ‘colpo di Stato’, ma l’ultima risorsa della democrazia. Se non ci sono più strade, allora si torna ai cittadini. Le elezioni non possono essere considerate un colpo di stato. Una sciagura sì, perché dobbiamo tentare di andare avanti fino all’ultimo, ma non senza decapitare il Pd“, aveva detto in mattinata Bettini. “Precipitare il Paese alle elezioni è una cosa tremenda, dobbiamo fare in modo di evitarlo, ma non si dipinga il Pd come un partito troppo responsabile – ha aggiunto-. Perché noi abbiamo esercitato una responsabilità politica”. Da segnalare che adesso parla di elezioni pure Silvio Berlusconi, che prima rinnova il suo invito per un governo di unità nazionale (“che è stata esclusa, però, dal Pd e M5S”, sottolinea), poi auspica le urne sostenendo che “una paralisi di due mesi per le elezioni farebbe meno danni rispetto ad una paralisi di due anni di non-governo”.

Orlando: “Cambiare Conte? Ipotesi non percorribile” – Nella sua conversazione sui social, Orlando risponde anche a un utente che sostiene: “La soluzione è togliere Conte e avreste una maggioranza ancora più larga con FI/Azione/+Europa”. “Io non credo sia vero“, scrive il vice segretario del Pd. Che all’assemblea Pd torna sul tema: “Un’altra strada che viene proposta è quella di sostituire Conte con un altro presidente del Consiglio. Ci sono ostacoli che la rendono impercorribile. Il primo è che Conte è un punto di equilibrio in una maggioranza tenuta con gli spilli. Il secondo è che non sarebbe giusto, perché riteniamo che questo governo non abbia lavorato male, e questo penso l’abbia capito anche larga parte dei nostri elettori. Io ho manifestato molte critiche a Conte, non sono un fan, ma le nostre critiche sono state sempre costruttive”. L’ex guardaasigilli poi replica alle accuse dei renziani contro l’esecutivo, colpevole dal loro punto di vista di voler allargare la maggioranza con i responsabili. “Credo ci sia una doppia valutazione, se un esponente politico passa a Italia viva dal centro moderato, dalla destra moderata, diventa un riformista. Se passa al campo politico che sostiene il governo diventa un voltagabbana, un prezzolato. Non c’è stata nessuna promessa di posti e prebende per una scelta che ritengo naturale”.

“Su Bonafede segnale politico o si sbatte” – Il vicesegretario dem, però, mette in agenda il primo rischio per l’esecutivo: la presentazione della relazione di Alfonso Bonafede in Parlamento. “Mercoledì si andrà a votare la relazione sulla giustizia del ministro Bonafede. Sarà un passaggio molto difficile, non si discuterà davvero della relazione di Bonafede, ma della politica sulla giustizia che è stata fatta nei mesi scorsi. Non solo su quel terreno è difficile allargare la maggioranza, ma è difficile tenere insieme la maggioranza acquisita. Quindi riteniamo che ci voglia una iniziativa politica del governo e del ministro Bonafede per dare il segnale di un fatto nuovo senza il quale si rischia di andare a sbattere”. Cosa intende per iniziativa politica Orlando? Un cambio dell’agenda? Rimettere mano alle riforme? O ridiscutere totalmente l’orientamento dell’esecutivo sulla giustizia? “Il segnale che chiedo a Bonafede è quello di una relazione di apertura alle forze a cui si chiede di dialogare, una relazione che non sia solo di rivendicazione sull’operato del passato. Abbiamo detto – sottolinea – che vogliamo aprire la maggioranza alle forze che condividono il nostro europeismo; anche nella giustizia si può proporre un impianto europeista. Il segnale potrebbe essere un’apertura anche al contributo degli interventi che ci saranno in Aula, oltre alla relazione di Bonafede”.

Bettini: “Cambiare premier? Indebolisce il Pd” – Sulla necessità di andare avanti con Conte è d’accordo pure Bettini, secondo il quale cambiare premier sarebbe una “operazione che politicamente indebolisce anche il Pd“. “Questa – ha spiegato – non è solo una questione dei M5s, ma del nostro schema politico. Abbiamo un premier che ha costruito un patrimonio per tutti, noi lo abbiamo aiutato in modo determinante, ora ha una sua popolarità, è un punto di equilibrio, ha una sua popolarità ed è affidabile nel rapporto con l’Europa”. L’impasse in cui è finita la situazione politica non accenna a finire. Il governo, dopo la maggioranza relativa composta da 156 voti del Senato, non riesce ad allargare la base di coalizione dopo l’uscita di Italia viva. “Ci rimane soltanto di cercare nelle prossime ore di costruire un gruppo politico dentro il Parlamento che non sia un recipiente vuoto di idee per mettere insieme transfughi ma che sia una cosa che politicamente esiste ed è fortissima, perché certe forze sono prigioniere dell’altro campo”, dice Bettini, che sembra rilanciare l’appello del premier. “Ho letto Brunetta su Europa e Recovery fund. Deve essere un’operazione politica” con “tutte le forze di buona volontà che credono nell’Europa, che non vogliono stare sotto il tallone di Salvini e Meloni ma dovrebbero essere il primo nucleo di un’area moderata, liberale”. Così si “isolerebbero le forze di destra“, aggiunge.

Bettini: “Renzi garanzia instabilità politica” – Bettini ha chiuso di nuovo la porta a Renzi. “Si può dire a Renzi: abbiamo scherzato, va bene, riapriamo il dialogo. Per come si è comportato anche all’opinione pubblica non so quale credibilità potrebbe avere. La politica non esclude nessuna verifica ma la ritengo una strada sbagliata. Se fosse determinante Renzi, ci metterebbe ancora più nei guai perché determinerebbe tra due settimane le stesse fibrillazioni. Purtroppo Renzi è una garanzia di instabilità della politica”. è l’analisi del dirigente dem. Che ricostruisce tutta la condotta del suo ex segretario: “La crisi è incomprensibile ma non dal disegno politico di Renzi. La vera strategia di Renzi è stata fin dall’inizio ridurre il Pd al 6% come i socialisti francesi e fare Macron. Queta roba non ha funzionato, questo è il dramma, che quello spazio che lui immaginava non c’è stato. Renzi ha visto una sua crisi politica e ha rotto per questo, coerente con la sua impostazione di fondo, fallita, per riaprire i giochi, avere più protagonismo, rompere uno schema funzionale anche al futuro tra Pd, M5s e Leu“. Un’analisi condivisa da Enrico Letta: Renzi – ha detto – “si era infilato in una situazione in cui era ininfluente. Lui ha bisogno di un cambio di scenario totale – spiega – e che quindi entrino in gioco anche Salvini e Meloni. Il proseguo di questa crisi porterà lì e credo che sarà un male per l’Italia. E la prospettiva di elezioni non mi sembra così impossibile”.

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Crisi, Enrico Letta spiega la strategia di Renzi: “Ha bisogno di un cambio di scenario che coinvolga Salvini e Meloni. C’è rischio elezioni”

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