Senza un’azione del governo, Alitalia chiuderà. Il direttore generale Giancarlo Zeni non ha usato mezzi termini per descrivere la drammatica situazione in cui versa l’ex compagnia di bandiera. “Un’eventuale inazione nelle prossime settimane può determinare, inesorabilmente, un esito insuperabile per qualunque player del settore” ha dichiarato il manager in audizione di fronte alle commissioni riunite affari costituzionali e bilancio della camera. Ne sono consapevoli anche i sindacati. Con la Cub che ha chiamato a raccolta i lavoratori lunedì 25 (ore 10) per una manifestazione di protesta davanti a Montecitorio. “E’ una mobilitazione da estendere presto a tutto il comparto, falcidiato da una crisi che non deve e non può essere pagata dai lavoratori”. spiega Antonio Amoroso, segretario nazionale CUB-Trasporti. Intanto la crisi politica non contribuisce certo a velocizzare la soluzione dello stallo sulla newco Ita, ferma in attesa che governo e vettore rispondano ai rilievi di Bruxelles.

Per Alitalia, e non solo, il Covid ha avuto un “impatto devastante” come ha evidenziato il commissario Giuseppe Leogrande. Nel 2020 il numero dei passeggeri è crollato del 70% attestandosi ad appena 6 milioni contro i 21 di un anno prima. “Ci sono stati mesi come aprile e maggio del 2020 in cui il numero dei passeggeri ha subito crolli del 95 e del 97 per cento” ha aggiunto. Su base annua, il giro d’affari è precipitato di quasi l’80%, mandando in fumo circa 2,1 miliardi di fatturato. I ricavi da vendite di biglietti sono infatti passati da 2,67 miliardi a 590 milioni. Necessaria, a questo punto, per il commissario, “un’accelerazione” per “garantire una piena continuità” ad Alitalia che ha bisogno di un nuovo “slittamento dei termini di rimborso del finanziamento pubblico di 400 milioni”. Tanto più che finora, secondo Zeni, lo Stato italiano avrebbe fatto poco per sostenere l’ex compagnia di bandiera rispetto al resto d’Europa. A suo giudizio, per contrastare l’impatto della pandemia, “Alitalia ha ricevuto aiuti per 9 euro a passeggero, rispetto agli 88 del gruppo Air France-Klm“. Per Zeni, in base ai parametri della compagnia, Alitalia avrebbe dovuto ricevere “1,5-1,7 miliardi di aiuti rispetto ai 270 milioni messi a disposizione dal governo italiano nel 2020”. Finora il governo ha stanziato 350 milioni per contrastare l’effetto Covid, ma finora Alitalia ha incassato solo due tranches per un totale di 272,45 milioni di indennizzi.

A questo punto però, se non si vuole definitivamente perdere la compagnia di bandiera, il governo deve superare la fase di stallo per la nuova newco Alitalia (ITA), generata dai rilievi di Bruxelles nella lettera inviata lo scorso 8 gennaio al governo, al vettore in amministrazione straordinaria e ad ITA guidata da Francesco Caio (presidente) e Fabio Lazzerini (amministratore delegato). Nella missiva ci sono però oltre 100 rilievi finalizzati ad identificare una “discontinuità economica” rispetto al passato per evitare che i 3 miliardi previsti per la ricapitalizzazione di ITA siano identificati come aiuti di Stato. E mettano quindi le basi per una procedura d’infrazione. Nel dettaglio, Bruxelles ha chiesto di aprire una gara per la vendita, non un bando su misura per ITA. Ma, secondo indiscrezioni, la newco avrebbe già fatto sapere al governo e alla commissione che marchio, programma fedeltà e slot di Linate sono parte integrante del suo piano.

“L’intervento della Ue sembra in qualche modo propiziato da chi non ha avuto il coraggio di rivelare a cosa mirasse – riprende Amoroso – E cioè chiudere definitivamente la contesa nei cieli italiani, passare di mano il controllo dei flussi turistici da e per il nostro Paese, rinunciare alla costruzione di una compagnia di bandiera italiana da mettere al centro del rilancio dell’intero comparto aereo-aeroportuale indotto, vero asset strategico e volano per il rilancio del turismo“. Di certo lo stato di salute del vettore italiano non ha giocato a favore. Già prima del Covid, a dicembre 2019, Alitalia aveva “247 milioni di debiti commerciali e 240 milioni di debito prepagato incassato dai biglietti venduti”. Di qui la necessità dell’aiuto pubblico da 400 milioni che si è aggiunto al prestito ponte da 900 milioni stanziato nel 2017. Soldi dei contribuenti che però sono serviti finora solo ad allungare l’agonia dell’ex compagnia di bandiera.

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Stipendio da 31 milioni per Dimon di Jp Morgan nell’anno del Covid. Nel 2019 ha affermato: “Sono preoccupato per le diseguaglianze”

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