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Sindaca leghista ai domiciliari. “Negava aiuti alimentari Covid a anziani non autosufficienti e stranieri. Andavano a famiglie più ricche”

Ai domiciliari insieme a Michela Rosetta, prima cittadina di San Germano Vercellese a cui è contestata l'aggravante razziale, anche un consigliere comunale, l’ex assessore Giorgio Carando. Nelle intercettazioni emergono frasi con cui i due arrestati ammettono di avere "figli e figliastri" e di consegnare, ai soggetti a loro meno graditi, il "pacco da sfigati". Nell’inchiesta sono indagate anche altre 7 persone, tra cui due imprenditori
Sindaca leghista ai domiciliari. “Negava aiuti alimentari Covid a anziani non autosufficienti e stranieri. Andavano a famiglie più ricche”
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Facevano “figli e figliastri” sugli aiuti alimentari acquistati con fondi statali per l’emergenza Covid. In altre parole: li negavano a stranieri e anziani non autosufficienti per darli a famiglie più ricche o assegnavano ai primi il pacco “da sfigati”, come lo chiamavano mentre erano intercettati. È quanto emerge dall’inchiesta della procura di Vercelli sulla gestione dei pacchi per le famiglie meno abbienti a San Germano Vercellese che ha portato all’arresto della sindaca leghista Michela Rosetta. Ai domiciliari come la prima cittadina è finito anche un consigliere comunale, l’ex assessore Giorgio Carando. Nell’inchiesta sono indagate anche altre 7 persone, tra cui due imprenditori. I reati contestati a vario titolo sono peculato, abuso d’ufficio, falso materiale e ideologico.

Stando alla ricostruzione del pm Davide Pretti, sarebbero stati direttamente la sindaca Rosetta e Carando a gestire gli aiuti alimentari per l’emergenza Covid, distribuendoli illecitamente a famiglie con redditi oltre ai 7.000 euro mensili anziché ai veri beneficiari dei fondi statali: anziani non autosufficienti, nuclei con redditi bassi o con figli minori o disabili e stranieri in difficoltà. Significativa la vicenda di una cittadina extracomunitaria a cui la sindaca avrebbe negato gli aiuti dopo la richiesta di evitare alcuni alimenti che lei ed i suoi figli non avrebbero consumato per motivi religiosi. Su disposizione di Rosetta, avrebbe fatto seguito la mancata erogazione di ulteriori aiuti e la distruzione dagli atti del protocollo della richiesta recapitata in Comune dalla donna. Per questa vicenda alla sindaca viene contestata l’aggravante di discriminazione e odio razziale, poiché nelle intercettazioni ambientali all’interno dei locali comunali si sente la sindaca esternare “animosamente il proprio disappunto per le richieste della donna”.

Emergono anche frasi con cui Rosetta e Carando ammettono di avere “figli e figliastri” e di consegnare, ai soggetti a loro meno graditi, il “pacco da sfigati”. Oltre alla distribuzione iniqua dei pacchi, la procura contesta anche l’acquisto di generi non essenziali, come mazzancolle e capesante, al centro lo scorso settembre di dure polemiche anche interne al partito. Nella stessa operazione sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione in caserma anche un altro consigliere comunale, un ex dipendente del Comune e una quinta persona. Le indagini hanno riguardato anche l’abbattimento dell’ex chiesa di Loreto, a San Germano, dopo il crollo di una parte di facciata che – hanno accertato i pm – sarebbe stato procurato volontariamente. Per questo motivo c’è anche l’accusa di distruzione di beni sottoposti a vincolo culturale.

In passato Rosetta era finita al centro delle cronache per una delibera – poi bocciata dal Tar – che prevedeva sanzioni a chi avesse affittato immobili agli stranieri. Non solo. A gennaio 2019 era emersa la storia della salma di un ragazzo nigeriano, che lavorava come imbianchino, morto investito da un treno ai confini del territorio comunale, abbandonata per tre mesi in obitorio. Alla sindaca – come raccontava Repubblica – era stata recapitata da un’agenzia di pompe funebri una fattura da 540 euro per il recupero della salma, ma si era rifiutata di pagare perché non aveva mai assegnato alcun mandato.

Così aveva rigettato il pagamento e fatto approvare una delibera di giunta a tutela del Comune perché “non può farsi carico di spese che non le competono”. La Asl di Vercelli aveva invece inviato al Comune una fattura per sostenere i costi per il funerale di povertà. Un costo che, aveva ribattuto la sindaca, non spettava alla sua amministrazione: “Mi dispiace, ma la legge dice che il funerale di povertà spetta al comune di residenza e risulta che il giovane fosse residente a Bergamo, non a San Germano”.

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