Jessica Novaro è morta a 29 anni per un colpo di pistola sparato dal compagno della madre. Il femminicidio, una vera e propria esecuzione, è avvenuto a Casanova Lerrone (Savona) il 6 dicembre scorso. La Beretta calibro 9 con la quale Corrado Testa ha fatto fuoco contro Jessica era detenuta illegalmente, ma non i 5 fucili per i quali aveva il porto d’armi che non gli era stato mai revocato nonostante fosse in cura in un centro psichiatrico. Proprio lo scorso settembre era stato approvato un ordine del giorno in Senato per istituire una banca dati già prevista dal decreto legge 204 del 26 ottobre 2010, per mettere in contatto Asl, reparti di psichiatria e questure per sequestrare in tempi brevi le armi a chi ha disturbi mentali.

Una percentuale significativa di femminicidi avviene con armi da fuoco. Il 12 novembre scorso, in provincia di Caserta, Anna Tedesco è stata uccisa con quattro colpi di pistola, una Magnum 657 legalmente detenuta dal marito Michele Marotta; tre giorni prima a Carignano (Torino), Alberto Accastello, prima di suicidarsi, ha sparato e ucciso la moglie Barbara, i due figli di appena tre anni e il cane. L’arma usata per compiere la strage, una calibro 22, era detenuta legalmente. L’elenco di donne vittime di violenze, maltrattamenti, stalking uccise con armi detenute legalmente è destinato ad aumentare di anno in anno se non si modificherà la legge sul porto d’armi.

Dal 1 gennaio al 31 luglio 2020 sono stati commessi 24 omicidi con armi detenute legalmente, in contesti estranei alla malavita; di questi, più della metà sono stati femminicidi. L’elenco è curato e aggiornato costantemente da Giorgio Beretta, ricercatore per l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa (Opal) che fa parte della Rete Italiana per il disarmo (Rid). Beretta ha dichiarato che “oggi i legali detentori di armi uccidono più dei rapinatori e, soprattutto, uccidono le donne”.

Nel 2018 sono stati 28 i femminicidi avvenuti con armi legalmente detenute contro i 19 di tipo mafioso, mentre nel 2019 i femminicidi, sempre con armi legali, sono stati 19 contro i 9 commessi da rapinatori. I dati del Viminale, dal giugno 2019 al luglio 2020, rivelano che su 104 omicidi avvenuti in famiglia il 70% delle vittime erano donne e ben 27 sono state uccise con armi legalmente detenute.

La situazione è preoccupante perché, spiega Beretta, “i legali detentori di armi, meno di un decimo della popolazione italiana, sono responsabili di un quarto dei femminicidi”, un dato rilevante che dovrebbe far riflettere.

Dopo l’approvazione della nuova legge sulla legittima difesa, la vendita di armi è probabilmente destinata ad aumentare. La martellante e spregiudicata propaganda politica sul pericolo dell’immigrazione come causa dell’aumento esponenziale della criminalità ha distorto la percezione della sicurezza nei cittadini. In Italia gli omicidi sono in calo da anni ma restano costanti i femminicidi. Un donna rischia maggiormente di essere uccisa in casa che in strada.

I dati ci dicono chiaramente che per mettere in sicurezza le donne e i bambini sarebbe urgente modificare e rendere più stringente e selettiva la procedura per ottenere il porto d’armi. Invece, possedere legalmente un’arma per uso sportivo o caccia o da tenere in casa è abbastanza facile. La legge italiana è permissiva se si è sia incensurati, non si hanno turbe psichiatriche, non si è alcolisti o tossicodipendenti cronici. Ma in assenza di evidenze, come si certifica che una persona non sia alcolista, tossicodipendente o che non abbia turbe psichiatriche? La legge richiede solo un certificato anamnestico rilasciato dal medico curante che controfirma una autocertificazione sul buono stato di salute del richiedente.

In seguito si fa una seconda visita presso un medico militare o dell’Ausl per controllare la vista e l’udito, poi si segue un breve corso di maneggio delle armi presso la sede locale del tiro a segno nazionale (che dura circa quattro ore). La prassi si conclude con la presentazione della documentazione in Questura che rilascia il nulla osta. Il questore può respingere la richiesta se il richiedente ha precedenti penali.

Acquisire un’arma è abbastanza facile: Luca Traini, l’uomo che nel febbraio del 2018 sparò contro alcuni immigrati a Macerata, ottenne la licenza in 18 giorni. Alberto Accastello aveva acquistato l’arma poche settimane prima di compiere la strage familiare.

Ma c’è di più: le donne che hanno relazioni con uomini violenti non possono sapere se il partner ha comprato un’arma, perché l’obbligo di darne comunicazione ai familiari maggiorenni viene attestato con una semplice autocertificazione senza che sia fatta nessuna verifica.

Nei primi anni del nuovo millennio, la percentuale di donne uccise nell’ambito familiare rappresentava il 25% del totale degli omicidi, recentemente la percentuale è salita al 40%. Che cosa si aspetta a rendere più severa la legge sul porto d’armi? Che cosa si aspetta a disarmare i violenti?

@nadiesdaa

Articolo Precedente

Riforma dello Sport, nei decreti attuativi pari opportunità e diritti agli atleti paralimpici. Cip: “Svolta storica e conquista civile”

next