“Giù le mani dal Natale”, titolava il talk show di sabato sera di Lilly Gruber, ormai pervicace nel cogliere ogni pretesto per formulare la domanda di rito: “ma l’attuale governo è all’altezza?”. In questo caso, accodandosi alla geremiade del momento sulla triste sorte delle vittime nell’ennesimo, imminente, esproprio festaiolo. Dopo quello – gravissimo e reiterato – della comune libertà, intesa come diritto di infettare impunemente il prossimo tuo.

Per non parlare degli evidenti attacchi alla Costituzione, anticamera di un regime poliziesco alla Orwell, tradotti nelle irruzioni di vigili comunali in appartamenti o terrazze; dove allegre combriccole stavano celebrando i venerandi principi dell’Ottantanove a colpi di grigliate e alti cori da stadio. Con l’ulteriore vergogna della segnalazione, rivelatrice del palese incanaglimento di chi aveva “fatto la spia” telefonando al pronto intervento; certamente indotto dai messaggi repressivi propalati da Palazzo Chigi: quei vicini di casa, intolleranti della cultura barbecue, che hanno agito da infami rivolgendosi alle forze dell’ordine per porre fine agli schiamazzi notturni. Chiamata assolutamente normale in tempi normali, che diventa un intollerabile sbrego alla civile convivenza al tempo della malfamata “dittatura sanitaria”.

L’ultimo (per ora) capitolo di questa sagra dell’ipocrisia incosciente è rappresentato – appunto – dal lamento per l’esproprio natalizio; che denuncia la ferita insanabile al comune sentire nazionale, compiuta azzerando i riti altamente identitari (e a noi tanto cari) dei pranzi ossessivamente interminabili e di smancerie dimostrative varie. Potremo sopravvivere al deficit-panettone e al collasso delle regalie compulsive? Come se vivessimo ancora nelle realtà pauperistiche delle società contadine pre-industriali, dove la festa voleva dire sfamarsi e il dono rappresentava un’utilità. Non una teatralizzazione all’insegna dello spreco.

Certo, il Natale può significare il salvataggio del bilancio annuale per molti negozianti. Che vanno capiti e aiutati, senza però camuffare un problema vero nella retorica di un buonismo che stride in una società profondamente incattivita. L’insopportabile menzogna del giorno “in cui saremo tutti più buoni”.

Per non parlare dell’estrema mistificazione di chi gioca ad ammantare la questione nella spiritualità d’accatto di un ritrovato senso religioso del Natale. Argomento assolutamente truffaldino in un Paese largamente agnostico, che considera l’essere cattolico non una convinzione religiosa quanto condizione di appartenenza identitaria.

Uno status, magari quale tratto distintivo per far risuonare l’apoteosi sciovinistica del “prima gli italiani”. Appunto, cattolici, bianchi, occidentali… Tema in cui si distinguono i nostri Destri; il Comandante Matteo Salvini in testa, con le braccia attorcigliate di rosari. Del resto fa un po’ ridere questo scatenamento della Lega anti-immigrati a tutela dell’aspetto religioso del Natale, considerando che quanto si festeggia è la nascita di un piccolo palestinese che in futuro avrebbe predicato un’eresia medio-orientale.

Ma anche questo è solo l’ennesimo segnale di ben altro incanaglimento, rispetto all’implausibile denuncia di governi liberticidi e gulag prossimi venturi. Il segno di una gravissima eclisse del pubblico pudore, con effetti – quelli sì – realmente terroristici. Per cui diventano oggetto di indignazione collettiva casi in cui il colpevole è chi si è reso reo solo di avere detto la verità indicibile.

Il professor Andrea Cristanti, per aver rotto il disco consolatorio sull’imminente arrivo del vaccino anti-Covid, facendo presente che ci sono ancora controlli da eseguire. Il senatore Nicola Morra quando critica le scelte elettorali dei suoi concittadini calabresi, visto che a tutti era noto il profilo non encomiabile del presidente del consiglio regionale Domenico Tallini, fresco d’arresto. Ma dato che ha nominato Jole Santelli, defunta compagna di partito del discusso personaggio, si è scatenata la gag da anime belle, recitata con la boccuccia sdegnata da una schiera di cinici ben noti. Da inveterati strumentalizzatori dell’infantilizzazione nazionale. A Natale, Capodanno e tutti gli altri giorni comandati.

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