di Ennio Stamile*

Non vorrei scomodare Marco Tullio Cicerone che nel De natura deorum, usa per la prima volta la famosa locuzione ipse dixit. Nel medesimo scritto di natura teologica, il grande giurista critica i pitagorici perché amavano citare spesso la loro somma autorità, un certo Pitagora che a noi calabresi – non certo al Presidente Zaia che lotta spesso con i congiuntivi e i filosofi greci – dovrebbe ricordare più di qualcosa.

Noto, però, che sono stati in tanti attraverso i social, dopo aver ascoltato il dottor Nicola Gratteri da Catanzaro, città rifiutata dalla moglie dell’ex calabrese “Gaudio il magno”, ospite della Gruber, ad essersi subito convinti che Gino Strada non è adatto per risolvere i problemi della Calabria perché, sarebbe adatto più a gestire le emergenze che non per risolvere problemi di natura manageriale. A suo dire, invece, “occorrerebbe un esperto in materia sanitaria che venga da fuori Calabria, ma di origini calabresi, partito con la valigia di cartone da qualche sperduto paesino della nostra Terra”. Ipse dixit!

Che dire poi del Presidente facente funzioni Nino Spirlì. Una volta mamma Rai ci ha regalato la figura del mago Zurlì, il mago buono tanto caro a diverse generazioni di bambini. La Santelli ci ha lasciato in eredità il “maliardo” Spirlì, figura che sembra emergere dalla brutta copia dell’Odissea omerica, figlio – per un incidente di percorso – di Circe e Demodoco.

In questi giorni abbiamo assistito attoniti ad un altro numero equestre del maghetto Spirlì, il leghista venuto dal Sud, tramutatosi come d’incanto in una sorta di “monaco buddista”, con il suo scialle da sciamano che – dopo aver comunicato con le “forze superiori” – dichiara di esser pronto a farsi immolare sul grande piazzale della cittadella regionale, pur di non fare venire Gino Strada in Calabria: “dovranno passare sul mio corpo”.

Come se ciò non bastasse, nella trasmissione radiofonica Radio anch’io, sottolineava l’importanza della Regione per essere la “terza in ordine alfabetico” e pretendeva che il governo restituisse alla politica la gestione della sanità, perché “c’è del nuovo che avanza in Politica”. Ipse dixit!

Quasi contemporaneamente pronunciava queste parole, veniva arrestato il Presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini, per concorso esterno in associazione mafiosa e per voto di scambio. Subito dopo, molti suoi amici di cordata si sono prodigati a prendere le distanze e contestualmente a condannare senza appello il senatore Nicola Morra perché, magari con toni indelicati, ha ribadito l’inopportunità di Jole Santelli ad essere candidata e poi eletta alla Presidenza della giunta, in considerazione del suo precario stato di salute. Mio fratello, affermato professionista, a cinquantadue anni è morto di tumore ai polmoni. Appena ha saputo di essere affetto da quella grave malattia ha smesso di esercitare la sua delicata professione.

Senza voler mancare di rispetto alla defunta Santelli – me ne guarderei bene, conoscendo da vicino questo male – non credo avesse meno coraggio di lei nell’affrontare la situazione ed a scegliere di non continuare a lavorare, se pure la malattia glielo permetteva.

Morra ha anche aggiunto che Tallini era impresentabile e le conseguenze del voto ricadono sui tutti i calabresi non solo verso coloro che hanno fatto quella scelta. Beh, come dargli torto, visto e considerato che oggi ci troviamo senza Presidente della giunta, senza Presidente del Consiglio, senza un piano anti Covid e con una sanità talmente disastrata da dover ricorrere agli ospedali da campo, se pur con tanti ospedali chiusi. Siamo all’assurdo! La colpa non può ricadere solo e soltanto su chi non ha fatto ciò che doveva, ma anche su quei tanti calabresi che le loro scelte elettorali hanno consentito per proprio tornaconto personale o di cordata, che il sistema continuasse ad alimentarsi.

Mi rendo conto che oggi è merce rara, ma basterebbe un po’ di buon senso per comprendere che uno come Gino Strada sarebbe stata la persona ideale per risolvere il problema della sanità in Calabria. Non tanto e non solo perché attraverso Emergency ha mostrato di saper gestire le emergenze sanitarie in contesti davvero difficili e per fare questo non basta essere solo bravi medici, ma occorrono capacità gestionali, manageriali e soprattutto tanto coraggio e passione per la salute delle persone, specie le più deboli ed escluse.

È necessaria, poi, un’altra caratteristica fondamentale: essere totalmente estranei alle logiche partitiche, o a qualsiasi tipo di appartenenza massonico-mafiosa. Il maghetto Spirlì dimentica, inoltre, che Emergency opera da diversi anni nella baraccopoli di San Ferdinando, ma certo questo lui non può saperlo visto che non gli interessano “i nivuri”. La politica italiana a qualsiasi livello, con la questione della sanità non solo calabrese, ne sta uscendo ancora più massacrata che all’epoca di Tangentopoli. Lì era emerso quel malaffare che tutti conoscevano – e che pochi denunciavano perché a tanti faceva comodo – intriso di corruzione, collusione e sperpero di denaro pubblico.

Nel caso della pandemia, anche dalle parole severe usate dal Presidente Sergio Mattarella, constatiamo che neanche in un contesto di emergenza nazionale e mondiale che sta provocando morti e sofferenze fisiche ed economiche la politica è capace di uscire dalla logica del bieco compromesso e dalla logica di parte come dimostra anche il “caso Commissario” in Calabria, e “di far prevalere l’interesse generale” come afferma il nostro Presidente della Repubblica e non quelli particolari dei partiti, delle cordate e dei poteri politici locali, aggiungo io.

Non so quanti oggi comprendono il pericolo che stiamo correndo, la perdita della libertà che, sempre secondo Mattarella, “rischia di indebolirsi quando si abbassa il grado di coesione, di unità tra le parti. È questa la prima responsabilità delle istituzioni democratiche, a tutti i livelli, questa è la lezione che la pandemia ribadisce con durezza“. Una lezione che da Speranza a Conte, da Salvini a Meloni, passando per Spirlì e De Luca, tutti dovremmo presto imparare.

Intanto Gino Strada ha raggiunto un accordo di collaborazione con la Protezione Civile regionale per collaborare all’emergenza Covid-19. Ancora una dimostrazione di chi è abituato ad agire, invece di perdere tempo prezioso cercando compromessi mentre le persone soffrono e muoiono senza nessun tipo di vicinanza e consolazione.

* Referente regionale Libera Calabria, Ennio Stamile è presbitero della Diocesi di San Marco Argentano-Scalea. Ha fondato UniRiMI, l’Università della ricerca della memoria e dell’impegno, dedicata a Rossella Casini, su alcuni beni confiscati al Clan Mancuso di Limbadi

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