Dal coronavirus “pienamente sotto controllo” al “lockdown totale” nelle ultime settimane il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha cambiato il suo registro nella narrazione dell’andamento della pandemia nella regione che governa da oltre 5 anni. Nella consueta diretta social del venerdì, nell’invitare il governo Conte a “scelte coraggiose di carattere nazionale” – leggasi lockdown in tutto il Paese per arginare il virus – De Luca ha precisato che si tratterebbe di “qualcosa che dicevo un mese fa”. Ed in effetti a fine settembre il presidente lancia il suo primo ‘penultimatum’: “Questa è la penultima ordinanza prima di chiudere tutto”, dice con decisione da Bruno Vespa a Porta a Porta, presentando il divieto di vendere alcolici da asporto dopo le 22 e il limite di venti persone alle feste contenuto nell’ordinanza numero 75 del 29 settembre. L’inizio di restrizioni sempre più severe, fino al coprifuoco di questi giorni con divieto di muoversi da una provincia all’altra.

Ma andando indietro di settimana in settimana, ecco che si scopre come il registro della narrazione di De Luca abbia un prima e un dopo. Lo spartiacque sono i giorni delle elezioni regionali del 20 e 21 settembre. Poche ore prima del silenzio elettorale, il 18 settembre, il governatore dichiara: “Oggi in Campania la situazione del Covid-19 è pienamente sotto controllo. La percentuale di positivi in relazione ai tamponi fatti è da tenere sotto controllo e oggi siamo al 2,4%, quindi assolutamente sotto controllo”. Ripete più volte la parola “controllo” ma cinque giorni più tardi, il 23 settembre, ricominciano le file all’ospedale Cotugno per ottenere il tampone.

Sono i giorni in cui il manager del Cotugno Maurizio Di Mauro lancia l’allarme: “Non possiamo più parlare di casi di importazione per i soggetti tornati dalle vacanze, abbiamo dei focolai autoctoni, stanno aumentando i contagi e i ricoveri”. È la palla di neve che nei giorni successivi si tramuterà in una piccola valanga di interviste, comunicazioni, report allarmati provenienti da tutti gli operatori sanitari campani, siano essi direttori o semplici medici in trincea. Denunciano che il virus corre veloce. E il 6 ottobre la Regione di De Luca dirama una circolare “bavaglio”: divieto a tutti i manager e ai primari di parlare con i media per commentare i dati del contagio senza preventiva autorizzazione dell’Unità di crisi.

Appena tre giorni dopo, il 9 ottobre, De Luca in diretta dice: “Già oggi forse siamo al punto in cui dovremmo prendere decisioni drastiche. Ma attendiamo ancora, sappiamo che una nuova chiusura generale sarebbe tragedia”. E poi aggiunge: “Obiettivo è avere equilibrio tra nuovi positivi e guariti. Ma se abbiamo mille contagi e duecento guariti, un incremento ogni giorno di 800 positivi, è lockdown”. Oggi questo ‘equilibrio’ è di 2.561: la differenza tra i 3.186 contagi e i 525 guariti. Il numero ‘800’ è stato superato da più di una settimana. La Campania, stando alle parole di De Luca, dovrebbe essere in lockdown, ma dopo l’annuncio del 23 ottobre, che aveva fomentato guerriglie di piazza a Napoli, è arrivata la giravolta. E ora De Luca invoca un lockdown nazionale, “qualcosa che dicevo un mese fa”. Intanto gli ospedali scoppiano e la Campania brucia.

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