“La decisione assunta da Standard &Poor’s conferma la solidità delle misure eccezionali adottate dal governo nonché l’importanza del vero e proprio cambio di paradigma avvenuto nell’Unione Europea per contrastare l’emergenza Covid“. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha così commentato la scelta dell’agenzia di rating di migliorare da negativa a stabile la prospettiva sul merito di credito (BBB) dell’Italia. Secondo Gualtieri quella di S&P “è la conferma che le politiche economiche adottate dall’Italia dall’inizio della pandemia e la coerente linea di politica monetaria e di bilancio perseguita a livello europeo sono riconosciute valide e considerate una garanzia di stabilità e premessa di futura crescita”.

Di fatto la valutazione comunicata dall’agenzia americana venerdì sera, allontana i timori di un peggioramento del giudizio sul Paese e quindi di un avvicinamento alla valutazione junk (spazzatura) da cui Roma dista comunque ancora un po’. Secondo l’agenzia infatti, nonostante le incertezze, le misure economiche intraprese per contrastare la crisi dall’Italia, dalla Bce e dall’Unione europea, “offrono alle autorità italiane un’opportunità per riavviare la crescita economica e per invertire il deterioramento dei risultati di bilancio”.

Resta tuttavia l’allarme per la crescita, come sa l’Ufficio parlamentare di bilancio che parla di un “futuro appeso agli effetti della seconda ondata” , prima ancora che per lockdown e coprifuoco locali: tanto che Gualtieri stesso, a valle di interventi complessivi per 100 miliardi di euro, ha dichiarato che il governo continuerà a “sostenere l’economia anche con misure nuove per tutti coloro sulle cui spalle ricade il peso” della recrudescenza dei contagi.

La decisione di S&P, in ogni caso, riflette la rete di protezione di cui gode l’Italia in quanto membro dell’Eurozona: secondo l’agenzia di rating ciò “mitiga l’impatto economico, e di bilancio, della pandemia”. Due, infatti, gli elementi che hanno portato al miglioramento dell’outlook. Da una parte la Bce, che ha allargato gli acquisti di titoli di Stato, dall’altra il Recovery and Resilience Fund lanciato dall’Unione europea, “che fornirà all’Italia risorse fino al 12,5% del Pil sotto forma di sovvenzioni e prestiti, condizionati a riforme per la crescita”.

S&P, nel suo report, ricorda la stima di una contrazione del Pil dell’8,9% quest’anno, a fronte dell’impatto economico della pandemia, con un rimbalzo a +6,4% nel 2021 nell’ipotesi di un vaccino disponibile non oltre la seconda metà del prossimo anno. Ma avverte anche che “la ripresa dei contagi in Italia e fra i suoi partner commerciali “comportano rischi al ribasso per queste stime”.

Dopo l’aumento, a settembre, a 1.350 miliardi del programma di acquisti di debito per l’emergenza pandemica da parte della Bce, “ci aspettiamo che gran parte del debito sovrano italiano creato in eccesso quest’anno come conseguenza della pandemia verrà acquistato dalla Bce con iniziative esistenti e nuove – scrive ancora S&P -. A nostro parere questo impegno permetterà a governo di finanziarsi a tassi nominali di circa lo 0,8% in media contro il 2,5% medio del suo attuale stock di debito”. Al punto che “in assenza di un significativo peggioramento dei costi di finanziamento, l’Italia pagherà meno in termini di costo del debito quest’anno e nel 2021-2023 di quanto abbia pagato nel 2019″.

S&P vede nelle iniziative europee l’occasione “per far ripartire la crescita” in modo graduale oltre il 2021: “In funzione della capacità del governo di gestire, assorbire e investire efficacemente i fondi, l’Italia potrà ricostituire il suo stock di capitale senza dover emettere debito pubblico”, dice l’agenzia.

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