Da qualche mese è tornato a casa, accettando la proposta della società Horizon per lavorare al Tennis Comunali di Vicenza, dove ha a disposizione tre campi per i suoi 30 allievi. Oltre a loro segue da allenatore Marco Cecchinato, Thomas Fabbiano e Andreas Seppi. Massimo Sartori è anche il maestro che ha scoperto il talento di Jannik Sinner. Glielo presentò nel novembre del 2013 Alex Vittur, un suo ex allievo. Due palleggi insieme ed è corso a chiamare il collega Riccardo Piatti, ha insistito un po’ per convincerlo sulla bontà in prospettiva del ragazzo, che a diciannove anni è arrivato ai quarti del Roland Garros, facendo soffrire Nadal. Da Vicenza Sartori se ne era andato giovane in direzione Caldaro (Bolzano), dove è rimasto 18 anni. Gli ultimi dieci invece li ha passati a Bordighera nell’Accademia di Piatti. Ora per motivi familiari il ritorno in Veneto. Da qui sta seguendo, tra un allenamento e l’altro, l’Open di Francia. In un momento in cui il tennis italiano sta vivendo un periodo d’oro.

Come si fa a scoprire un giocatore come Sinner a 12 anni?
È stata una fortuna. Tanti mi chiamano per farmi vedere giovani tennisti e molti sono buoni. Ma Jannik aveva della qualità in generale, tecnica, fisica, di gioco. Per arrivare ad essere il giocatore che è oggi, c’è però di mezzo il lavoro. Jannik ha deciso di lavorare nell’età giovanile, portando avanti un progetto con il proprio allenatore per il tempo necessario a raccogliere i frutti, che nello specifico sono arrivati lo scorso anno.

Dopo averlo visto in Francia dove può arrivare?
A qualsiasi tipo di classifica! L’obiettivo attuale è quello di colmare gli ultimi punti deboli del suo tennis: migliorare il dritto, migliorare la fase che lo porta a rete e cominciare a dare diversità al suo gioco, che in questo momento è un gioco di potenza fatto con ottime qualità sia tecniche che fisiche. Jannik è un bravissimo ragazzo che merita quello che gli sta arrivando. Per me è una soddisfazione ulteriore visto ho lavorato tanto in Alto Adige: con lui, Seppi, la Knapp. Sinner è il risultato di un lungo percorso.

E Cecchinato riuscirà a tornare quello di due anni e mezzo fa?
Riportare Cecchinato alla semi del 2018 sarebbe un’impresa non da poco. L’obbiettivo è quello di fargli giocare nuovamente il suo tennis. E fare in modo che vinca molto di più dell’ultimo anno.

Il nuovo movimento tennistico italiano è iniziato proprio con quel suo splendido risultato al Roland Garros?
No, è iniziato prima con Seppi-Fognini-Bolelli, un’era in cui gli allenatori hanno fatto la differenza, dando il loro contributo ai ragazzi giovani. I risultati di oggi sono il frutto del lavoro di 15 anni fa.

Esiste una scuola di allenatori formata da lei, Santopadre, Piatti e Rianna?
Non c’è una scuola vera e propria, ma noi siamo stati tanti anni nel circuito insieme e insieme abbiamo trovato delle soluzioni comuni per i ragazzi. Oggi ci sono tanti allenatori giovani e bravi. Quindi in Italia vengono seguiti molti tennisti da tecnici preparati.

Sembra di rivivere il felice quinquennio 2010-2015 delle donne?
Non è la stessa cosa. Le donne hanno fatto la storia, ma l’hanno fatta loro stesse, trovandosi un loro allenatore in giro per il mondo. Hanno deciso loro di diventare forti, costruendosi una mentalità. I risultati sono stati straordinari in tutto, dalla Coppa ai tornei di singolo e doppio. Oggi il nostro tennis maschile è organizzato per poter raggiungere risultati di grandissimo livello. L’Italia “rischia” di avere per i prossimi 10 anni anche 3-4-5-6, chi lo sa, giocatori nei primi 50.

Anche Martina Trevisan ha raggiunto i quarti.
Quello che sta vivendo è stupendo. Sono contento per lei. Una ragazza che ha portato avanti sempre delle idee, ha raggiunto oggi quello che cercava anni fa, passando in mezzo a momenti difficili. La sua storia insegna molto ai giovani.

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