Che cosa celi quel campanile sott’acqua a Curon, celebrato di recente da una nuova serie tv genere Supernatural, è materia letteraria. Ma, in realtà, non trova niente di paranormale chi ha la fortuna di arrivare in Alta Val Venosta: casomai può sperimentare come l’orologio del tempo possa in qualche modo fermarsi, o addirittura tornare indietro. Fortunatamente.

Per raggiungere Malles, che è il comune più importante di questa singolare fetta di Alto Adige, da Merano si affronta un percorso, magari sulla spettacolare ciclabile ricavata lungo l’antica Via Claudia Augusta, o con la linea di treni locali, che tocca le zone della cultura intensiva della mela e numerose piccole enclave artigianali, industriali e commerciali di grande laboriosità. Dal Prato allo Stelvio e dal suo laghetto dove si specchiano anche le montagne lombarde e le prime cime della Svizzera, la strada punta verso il Passo Resia e l’Austria, per costeggiare lo specchio d’acqua artificiale oggi universalmente noto per il campanile sommerso, testimonianza estrema del paese che fu allagato per costruire una grande diga.

Ecco, ciò che è curioso e notevole: nel vasto territorio che fa capo amministrativamente a Malles, e comprende alcune piccole incontaminate valli di montagna (Mazia, Planol, Slingia) e luoghi della storia perfettamente conservati come la medioevale Glorenza o Burgusio con l’abbazia benedettina di Marienberg (Monte Maria), si possono notare quei segni di un cambiamento che fanno pensare persino al ritorno del bel tempo che fu la scoperta delle Alpi per i primi viaggiatori di fine Ottocento.

Il turismo, persino nelle più frequentate aree sciistiche di San Valentino e del passo Resia, non ha ancora conosciuto lo sviluppo esagerato e “cafonal” delle località di punta delle Alpi: da queste parti, oltre gli scarponi non c’è movida. E non c’è nemmeno bisogno che le amministrazioni locali seguano l’esempio del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che ha già preannunciato per l’imminente stagione invernale il divieto tassativo di après-ski, dopo che il rito social-mondano del “dopo sci” è stato la causa primaria dei focolai di Covid a febbraio, per esempio a Ischgl, da cui è partito il contagio in mezza Europa.

In Alta Venosta, per dire, l’evento di stagione a fine estate è la maturazione della “pera pala”, una varietà locale d’antico lignaggio, di gusto unico e di alto contenuto vitaminico. Un altro must sono le marmellate fatte in casa di albicocche locali, altra preziosità a produzione naturale e ridotta: sono più gialle e decisamente più genuine delle tradizionali e più comuni arancione. Infine, elemento noto ai gourmet, la versione venostiana del pane dell’Alto Adige è considerata la più buona e saporita.

Si beve tanta ottima Forst, ma anche birre artigianali locali di livello. La sera si possono persino far decantare nel bicchiere gin o whisky distillati nei dintorni. E già a Burgusio, sotto l’abbazia, svettano le prime viti biodinamiche che un’appassionata di origine belghe, Hilde van den Dries, cura con passione, utilizzando persino, invece dei diserbanti, un piccolo gregge di pecore di una razza particolare. L’esempio è stato seguito dal proprietario dell’hotel Garberhof, Klaus Pobitzer, che dopo aver portato la sua struttura d’accoglienza a vincere premi come l’Iconic Award per il design particolare, non si fa problemi a far spazio alle pecore e alle viti nel campo di fronte all’area relax e alla piscina dell’albergo.

Quanto la svolta verde, di cui l’Alta Venosta potrebbe essere l’incubatoio per eccellenza, sia strategica per il futuro stesso del turismo lo si vede anche solo da un piccolo fatto recente: in un’iniziativa che la struttura pubblica del marketing della provincia di Bolzano ha tenuto a Milano il primo ottobre. La serata si è svolta tutta intorno al neointegralismo bio-local del mito degli chef altoatesino, il tristellato Norbert Niederkofler. E, tra i personaggi scelti per rappresentare una delle aree più ricche d’Europa (dove il comparto turistico pesa un bel 30 per cento sull’economia), stavolta c’era anche un contadino, Harald Gasser.

Certo, non parliamo di un coltivatore qualunque, ma di un eco-permacultore d’eccellenza, ben noto ai grandi cuochi, che nel maso di famiglia a Barbiano è riuscito a produrre qualcosa come 500 varietà diverse di frutta e verdure e fiori per la cucina, cominciando dal recupero di semi antichi conservati di Austria. Vedere, per credere, il sito della sua Aspinger Raritaten-De horto naturali, anche solo per compulsare la pagina dell’indice delle 14 varietà di carote, delle 12 tipologie di cavoli, delle 9 barbabietole rare.

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