Anche solo l’ultima piccola polemica di questi giorni rende bene l’idea di che cosa significhi la Val Senales nel contesto dell’Alto Adige-Sudtirolo: i custodi identitari dell’Heimatpflegeverband, la federazione per la tutela del territorio, hanno polemizzato perché la nuova piattaforma panoramica costruita sulla cima del Grawand dalla società degli impianti del ghiacciaio è stata battezzata “Iceman Ötzi Peak”, in inglese.

Ma se anche fosse stata chiamata, in italiano, “Picco di Ötzi, l’uomo venuto dal ghiaccio”, non sarebbero mancati i mugugni: “Quella cima, da sempre, è Grawand, che vuol dire ‘roccia grigia’, e i nomi delle montagne sono segni linguistici che creano identità, perciò vanno conservati”, spiegano i critici.

Nuove occasioni di dibattito, poi, verranno dall’evento artistico annunciato per giugno, ma rimandato causa Covid, con Ólafur Elíasson, ecologista, danese di nascita, islandese di fatto e berlinese d’adozione, artista e architetto tra i più noti e seguiti del momento. Una grande sfera d’acciaio che ricorda l’uomo vitruviano sarà il cuore di una nuova installazione sul riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacciai che l’archi-arti-star monterà a 3.212 metri, sempre sulla cresta Grawald.

Siamo proprio di fronte al Similaun dove fu ritrovata la mummia di oltre tremila anni fa, denominata Ötzi dal nome della valle austriaca che si apre dall’altra parte, e siamo pure a 25 chilometri di strada, più un tiro di schioppo di funivia, dal Castel Juval che è la residenza estiva di Reinhold Messner. Ma l’interesse nei confronti di questa che è una delle aree alpine sicuramente più affascinanti non si può ridurre ai simboli, seppur così importanti.

Più che mai adesso la Val Senales incarna le contraddizioni di fondo tra il vecchio e il nuovo Alto Adige, sempre alle prese con quel che scriveva il poeta cultore delle minuscole, Norbert C. Kasher: “Alto Adige, alto fragile”.

Basti pensare che la sfida turistico-impiantistica di una famiglia chiave nel cosiddetto “Sistema SudTirolo” (con l’ex leader politico Michl Ebner alla guida della Athesia, praticamente monopolista dei media locali) si sta consumando nello stesso Maso Corto dove ancora oggi una pattuglia di pastori d’alta quota porta ogni estate avanti e indietro circa cinquemila pecore, con la transumanza sul ghiacciaio che a settembre si trasforma in una sorta di festa.

Siamo in una delle valli più legate alla dimensione agro-silvestre e pastorale, eppure a pochi passi dalla capitale storica del turismo, Merano, che fu piccola Vienna di montagna ed è tuttora una meta amatissima per gli europei.

Sotto il profilo dell’accoglienza, nonostante l’aspetto dimesso degli hotel alla base degli impianti, lungo la verde Senales si possono trovare persino splendidi piccoli alberghi di charme, come la Rosa d’Oro di Certosa, il cui proprietario è poi il gestore del rifugio Bella Vista, a 2.845 metri, conosciuto in tutto il mondo anche per la sauna più alta d’Europa e per alcune camere nel ghiaccio d’inverno.

E, poi, basta una bella camminata estiva nella laterale val di Fosse per ritrovare un paradiso di ieri e sedersi a mangiare nella conca incontaminata dell’Eishof, Maso Ghiacciato, gustando anche la sorpresa di trovare tra le mucche dei giovani gestori davvero hipster-chic.

Al rilancio dell’impianto funiviario sul ghiacciaio e della vocazione turistica di Maso Corto non basteranno certo né il potere né i capitali dei nuovi proprietari, e nemmeno la lungimiranza imprenditoriale di sfidare le vestali dell’Heimat scegliendo un nome in inglese per la nuova piattaforma panoramica o, addirittura, di aprirsi ad artisti ecologisti come Elíasson, proprio sul tema “scomodo” del riscaldamento globale.

Costruiti per lo sci estivo quando si pensava che mai si potessero sciogliere i ghiacciai, gli impianti della val Senales oggi riescono forse ad aprire da settembre, a fatica, dopo un enorme lavoro di copertura con teli termici e grazie all’utilizzo di riserve di neve allestite d’inverno.

La stessa conformazione del comprensorio sciistico, abbastanza limitata, non risulta poi così attrattiva per il turista medio: ma il costo di eventuali nuovi tracciati e soprattutto i rischi per la fragilità del territorio, come si è visto anche solo dalla tragica valanga di fine 2019 sulla pista Teufelsegg, rendono tutto davvero arduo.

E poi, dicono gli esperti di marketing, mancano almeno duemila posti letto per sostenere il costo degli impianti, e non osiamo immaginare che cosa succederebbe a provare a trasformare anche la val Senales in un carosello sciistico redditizio: roba che la salma del povero Ötzi si rivolterebbe nella teca. Per non dire di Messner, che dovrebbe tornare ai tempi in cui s’appendeva per protesta ai cavi delle funivie più orribili.

Articolo Precedente

Orsi polari, siamo ancora in tempo ma ne abbiamo sempre meno

next
Articolo Successivo

Consumo del suolo, rapporto Ispra: nel 2019 cemento e asfalto hanno occupato 57 km quadrati in più. L’allarme degli agricoltori

next