Se i dati sui Comuni italiani che hanno attivato i Progetti di utilità collettiva (Puc) in cui far lavorare fino a 16 ore alla settimana i percettori del reddito di cittadinanza sono nel complesso desolanti, c’è anche chi corre. E a sorpresa non si tratta di un’amministrazione M5s ma del Comune di Pescara amministrato dalla giunta di Carlo Masci, di Forza Italia. Qui al 25 settembre erano 251 i Puc attivati e 190 – ma stanno per raddoppiare – i beneficiari assegnati con polizza attiva. Un record, stando ai dati disponibili sulle circa 700 amministrazioni su 8mila che hanno inviato proposte di Puc caricandole sul sito del Reddito. Se grandi città come Roma e Torino sono al palo, dietro Pescara ci sono Francavilla Fontana (Brindisi) e Iglesias, in Sardegna, con 92 Puc ma rispettivamente solo 58 e 88 beneficiari assegnati. Numeri, comunque, di tutto rispetto rispetto alle decine di amministrazioni dove non si muove una foglia. Tutta colpa del Covid-19? Ilfattoquotidiano.it lo ha chiesto a chi sembra essere sulla strada giusta, nonostante gli ostacoli. Un punto fermo è che i costi non sono un ostacolo: sono tutti – compresi quelli assicurativi – a carico dello Stato.

IL CASO PESCARA – “L’emergenza legata al Covid-19 qualche problema lo ha creato”, racconta l’assessore alle Politiche sociali del Comune, Adelchi Sulpizio (Lega), sottolineando che la delibera di giunta per rendere operativi i Puc era stata approvata a dicembre 2019. “Saremmo potuti partire in primavera ma l’iter di indirizzo dei percettori si è per forza di cose rallentato. Però siamo andati avanti, con la struttura delle Politiche sociali del Comune di Pescara e il dirigente Marco Molisani che hanno lavorato anche in pieno lockdown per far sì che i Puc partissero già negli scorsi mesi”. I colloqui sono stati effettuati in remoto, per poi individuare con criteri attitudinali e in base alle condizioni psicofisiche le ‘collocazioni’ più opportune. In città i percettori di reddito sono 3.500, di cui 1.500 assegnati al Comune per i patti di inclusione sociale – si tratta di persone non in grado di lavorare – e altri 2mila al centro per l’impiego. “Quelli assegnati al Comune – spiega l’assessore – sono i percettori che da un primo screening risultano avere maggiori difficoltà a essere inserite nel mondo del lavoro e, tra questi, il 70% è esente dai Puc perché invalido, perché a casa c’è un minore di tre anni di cui prendersi cura o perché un membro della famiglia è disabile e quindi usufruisce della legge 104”. Da agosto sono comunque operative quasi 200 persone e “in giunta stiamo firmando proprio ora una delibera per sbloccare altre 200 persone”. Il totale arriverà quindi a 400 persone sulle 1500 assegnate al Comune.

DAGLI SCUOLABUS AL VERDE PUBBLICO – Ma cosa fanno a Pescara i percettori di reddito di cittadinanza? “Cinquanta sono quelli che ormai chiamiamo i ‘nonni vigili’, ossia aiutano bambini e famiglie ad attraversare davanti alle scuole elementari, in questo momento ancora più utili perché il loro contributo è fondamentale per verificare che non si creino assembramenti. Davanti alle scuole medie, invece, segnalano eventuali pericoli per i ragazzi e anche che non vi siano episodi di spaccio di droga, per esempio”. Altre venti persone sono assegnate alla manutenzione pubblica, in ausilio alla squadra interna all’amministrazione comunale, mentre una decina di persone lavorano a bordo degli scuolabus. “Su ogni scuolabus ce ne sono un paio – racconta Sulpizio – e, in questo momento, si occupano di assicurare il distanziamento sociale tra i bambini, soprattutto delle scuole dell’infanzia e delle elementari, anche durante la salita e la discesa”. Venti persone si occupano della cura del verde pubblico, anche in questo caso aiutando gli operai del Comune e altrettante sono assegnate al servizio ‘antidegrado’ e si occupano di segnalare la presenza di buche, irregolarità del manto stradale, cassonetti rovinati, ma anche violazioni: se i cittadini gettano rifiuti in strada, se i padroni dei cani non raccolgono gli escrementi, comportamenti scorretti sulle piste ciclabili. Tutti gli altri percettori di reddito, anche laureati, sono impegnati in uffici come l’Urp in ausilio ai dipendenti e li aiutano nelle pratiche amministrative.

Nei prossimi mesi dovrebbero aggiungersi altri duecento percettori di reddito di cittadinanza: l’obiettivo è farli partire entro dicembre, innanzitutto per fornire altri servizi alle scuole. In più il Comune di Pescara ha anche pubblicato un avviso pubblico, chiedendo al terzo settore di presentare progetti per cui serva l’impiego di queste persone. Sono già arrivate diverse richieste. “Abbiamo chiesto anche ad altri enti pubblici, a Inail, al Comando dei carabinieri, alla Questura e al Tribunale di farci presente eventuali esigenze”, spiega Sulpizio.

CHI PAGA – Eppure nella stragrande maggioranza dei Comuni italiani non sono stati neppure presentati i progetti. Alcune amministrazioni lamentano costi eccessivi, dall’assicurazione sugli infortuni alla formazione. “Per formazione, visite mediche e acquisto vestiario – replica l’assessore del Comune di Pescara – c’è una quota a parte della voce Servizi nel Fondo Povertà (annualità 2019)”. A valere sul fondo, infatti, 322 milioni per il 2019 e 562 per il 2020 sono destinati al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali “compresi eventuali costi per l’adeguamento dei sistemi informativi dei comuni, singoli o associati, nonché gli oneri per l’attivazione e la realizzazione dei Puc. Per quanto riguarda l’assicurazione per gli infortuni, il decreto attuativo dei Puc – come conferma a ilfattoquotidiano.it il ministero del Lavoro – “prevede che sia i costi assicurativi (articolo 4 comma 4) che i costi generali di attuazione dei Comuni (articolo 5 comma 1) sono a carico del Fondo povertà e del PON inclusione”. In particolare, per semplificare gli oneri amministrativi in capo ai Comuni è stato predisposto un modulo della piattaforma Gepi “all’interno del quale indicare beneficiari e progetti, con indicazione trimestrale delle giornate svolte, esonerando i comuni stessi dalle registrazioni, comunicazioni e versamenti all’Inail”. E’ l’istituto stesso, una volta acquisiti i dati trimestrali dal Ministero, a calcolare il premio dovuto e fare richiesta di rimborso. Nessun costo, insomma, e nessun adempimento burocratico a carico delle amministrazioni.

Articolo Precedente

Stage, con il Covid dimezzate le opportunità d’ingresso nel mercato del lavoro per i giovani

next
Articolo Successivo

Lavoratori fragili, emendamento li tutela dal licenziamento. Resta il nodo di chi nei mesi scorsi ha preso ferie per non perdere il posto

next