L’Agenzia delle Entrate si corregge e accoglie il ricorso presentato dai legali della famiglia Sarpa che chiedevano al Fisco l’annullamento di una richiesta di pagamento da 19mila euro recapitata in pieno lockdown. Una richiesta che aveva il sapore della beffa perché quella cifra corrispondeva alle tasse che la famiglia avrebbe dovuto pagare sulla base di un risarcimento mai percepito per la morte di Nicola Sarpa, ucciso con un colpo di pistola la notte di capodanno del 2009 nei Quartieri Spagnoli di Napoli. Ad esplodere il proiettile assassino Emanuela Terraciano, figlia del defunto boss di camorra Salvatore detto ’o Nirone, durante una “stesa”, condannata, dopo anni di processo, a 8 anni di reclusione e al pagamento di un risarcimento di 630 mila euro alla famiglia della vittima. Una cifra che, appunto, i parenti di Nicola non hanno mai percepito perché la figlia del boss è risultata nullatenente.

Nonostante questo alcuni mesi fa i genitori di Nicola si sono visti recapitare dall’Agenzia delle entrate una richiesta di pagamento tasse ed altri oneri relativi alle spese processuali. “Una beffa oltre al danno che fortunatamente si è concluso con l’annullamento della richiesta da parte del Fisco – spiega l’avvocato della famiglia Sarpa Angelo Pisani – avevamo fatto ricorso ed è stato accolto”.

La vicenda però accende i riflettori sul meccanismo della normativa sulla tassazione degli atti processuali. “Secondo me bisogna rivedere la norma, un risarcimento per una grave perdita non può essere comparato ad una vincita al lotto o ad un investimento – dice l’avvocato Pisani – sono contento che l’Agenzia delle Entrate abbia accolto il nostro ricorso, anche perché si chiedeva una tassa su una cifra che i parenti della vittima non avevano nemmeno percepito, però cambiare questo meccanismo è una battaglia di civiltà contro una normativa medievale che vede tassare addirittura simbolici risarcimenti ai parenti delle vittime di criminalità organizzata. Quello che è successo alla famiglia Sarpa può succedere anche ad altre famiglie che si sono costituite parte civile nei processi contro i camorristi”.

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