C’è “il diffuso coinvolgimento di Fontana in ordine alla vicenda relativa alle mascherine e ai camici accompagnato dalla parimenti evidente volontà di evitare di lasciare traccia del suo coinvolgimento mediante messaggi scritti”. Lo scrive la procura di Milano nella richiesta di consegna dei cellulari ai principali protagonisti del cosiddetto “caso camici” in Lombardia: cioè la fornitura di circa 75mila dispositivi di protezione alla Regione da parte della società del cognato di Fontana, in cui la moglie del presidente detiene il 10% delle quote. “Non so cosa voglia dire, vedremo gli sviluppi. Noi rimaniamo nella posizione di sempre, non ho segnali diversi”, dice Jacopo Pensa, il legale del governatore. Nella stesso documento viene riportato anche un testo del 16 febbraio in cui Andrea Dini, cognato del governatore della Lega, informa la sorella Roberta Dini, moglie del presidente lombardo, in questo modo: “Ordine camici arrivato. Ho preferito non scriverlo da Atti”. Lei risponde: “Giusto bene così”.

“I Dini cercavano nuove occasioni di guadagno” – Per questo motivo secondo i pm di Milano c’è “la piena consapevolezza” di Andrea e Roberta Dini, riguardo alla “situazione di conflitto di interessi” nel caso della fornitura di camici e altri dpi da parte di Dama. I fratelli Dini avrebbero predisposto “strumentali donazioni di mascherine” per “precostituirsi una prova da utilizzare per replicare alle presumibili polemiche” sul conflitto di interessi sulla “commessa di camici”. In un messaggio tra Andrea Dini e un responsabile di Dama il primo scrive: “Dobbiamo donare molte più mascherine (…) se ci rompono per le forniture di camici causa cognato noi rispondiamo così”. I fratelli Dini avrebbero avuto un “forte interesse” nel “ricercare nuove occasioni di guadagno, in particolare riconvertendo la produzione nel settore di camici e delle mascherine” per la “situazione di grave tensione patrimoniale della società Dama, dovuta principalmente alla cancellazione degli ordini” per la grave emergenza Covid. Il 29 febbraio, si legge nell’atto, Andrea Dini mandò un messaggio alla sorella in relazione al “calo di fatturato” dell’azienda di famiglia scrivendo: “Per la prima volta in 3 generazioni parlerò con i sindacati per ridurre il personale (…) Poi si chiudono se possibile NY e Montenapoleone dove perdiamo da sempre ma adesso è troppo”. Il 19 marzo Roberta Dini scrive al fratello: “Bisogna cercare di riconvertirsi in mascherine“. E Andrea risponde: “Ci proviamo”. E il 13 aprile ancora Andrea Dini alla sorella: “Fatturato dal 27/3 ad oggi zero. C’è da tremare”.

“Fontana intervenne” – Dall’analisi delle chat e dei messaggi contenuti nei telefoni , emerge l'”intervento” di Fontana “nell’imporre la conversione della commessa in donazione”. E’ un passaggio della richiesta di consegna dei cellulari, in vista della copia forense di conversazioni ‘miratè, firmata dai pm della procura di Milano che indagano sul caso ‘camicì. Con particolare riferimento a questa ipotesi, i magistrati scrivono che “si tratta di una circostanza che si ricava” anche da una conversazione del 25 maggio scorso tra Dini e sua sorella Roberta, nonché moglie del Presidente, sul tema del tentato bonifico alla Dama spa di 250 mila euro, bloccato dall’antiriclaggio di Banca d’Italia, per risarcire il cognato del mancato introito di 50 mila camici donati ad Aria Spa, Bonifico che, per via della segnalazione alla Gdf di tale operazione ‘sospettà, ha dato il via all’indagine.

Le chat – Alle 18.48 di quella sera Andrea Dini e la sorella si scambiano una serie di messaggi. Roberta scrive: “Mi chiama attilio (…) per chiedermi numero fattura perché ti ha fatto bonifico ma manca il numero della fattura”. Il fratello le risponde: “Non va bene un bonifico tra privati. Digli di non farlo più. Fa più danni“. “Se chiami ti spiego”. Poco meno di venti minuti dopo la moglie del Governatore scrive ancora: “Esatto è ovvio“- “Spero non l’abbia già fatto” e poco dopo aggiunge: “Andrea… ma come fa a sapere tue coordinate poi?”. Lui replica: “Non ho idea a me non le ha chieste. E la banca non le può dare”. Roberta Dini invia poi al fratello sei messaggi per dire che scriverò al dipendente dell’Unione Fiduciaria per invitarlo “a tenere per ora in stand by il bonifico grazie – Aspetto stasera cerco di capire”. La conversazione via chat va avanti e si conclude con Andrea Dini che dice: “Mette l’azienda nei casini. Calma e vedremo”.

“Assessore anticipò esito fornitura” – L’assessore lombardo Raffaele Cattaneo, non indagato, invece secondo i pm ha svolto “un ruolo di intermediazione” per il “reperimento nell’interesse di Dini dei tessuti da utilizzare per il confezionamento dei camici, anche mediante interventi operati sui fornitori di tessuti” per consentire allo stesso Andrea Dini, “di poter disporre di adeguate quantità di materia prima”. La Procura evidenzia anche “il protagonistico ruolo di Cattaneo nel controllare l’esito positivo dell’affidamento della commessa a Dama” da parte di Aria, la centrale acquisti regionale. E sarebbe stato lui, scrivono i pm, ad anticipare “a Dini il relativo buon esito” dell’affidamento.

Anche il cellulare dell’ex compagna di Salvini – Proprio per verificare i sospetti dei pm gli uomini del Nucleo speciale di polizia valutaria delle fiamme gialle di Milano stanno procedendo ad “Acquisizioni mirate” del contenuto dei loro cellulari e ricerche nelle app di messaggistica attraverso specifiche “parole chiave“. L’operazione non riguarda il telefono del presidente, ma quello della moglie Roberta Dini (che detiene il 10% delle quote dell’azienda del fratello), dell’ex dg di Aria Filippo Bongiovanni (poi promosso ad altro incarico), di una dirigente della Centrale acquisti regionale, degli assessori lombardi Davide Caparini e Raffaele Cattaneo e di Giulia Martinelli, a capo della segreteria del governatore nonché ex compagna del leader della Lega Matteo Salvini. L’acquisizione è “presso terzi”, il che vuol dire che Dini, Martinelli e i due assessori non sono indagati.

Le indagini proseguono – Il materiale contenuto nei cellulari verrà selezionato con le garanzie dovute da un consulente della Procura. L’operazione, riferiscono fonti investigative, si è resa necessaria alla luce delle testimonianze messe a verbale da testimoni sentiti nei mesi scorsi. E poi dalle prove documentali raccolte dalle Fiamme Gialle, tra cui i messaggi e le chat scaricate dal telefono di Andrea Dini. Nei mesi scorsi, infatti, gli investigatori, coordinati nell’inchiesta dall’aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas, avevano sequestrato il telefono del patron della Dama. La vicenda riguarda l’affidamento senza gara del 16 aprile di una fornitura di 75mila camici e altri Dpi anti Covid per oltre mezzo milione di euro destinati da Dama alla Regione. Fornitura che secondo i pm è stata trasformata in donazione quando è venuto a galla il presunto conflitto di interessi della società dei familiari del governatore e quando Report iniziò ad interessarsi all’affare. Tra gli indagati compaiono lo stesso Fontana (accusato di frode in pubbliche forniture), il cognato Dini, l’ex dg Bongiovanni (entrambi accusati anche di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente) e una funzionaria di Aria.

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