La villetta di Cogne dove nel gennaio 2002 Annamaria Franzoni ha ucciso il figlio Samuele sarà pignorata. Lo ha deciso il tribunale di Aosta dando ragione all’ex avvocato della donna, Carlo Taormina, che ne aveva fatto richiesta per far fronte al mancato pagamento della sua parcella. Franzoni, infatti, come ha stabilito una sentenza civile passata in giudicato, gli deve oltre 275mila euro, “rivalutati in 450mila dalla corte”. Taormina nei mesi scorsi aveva quindi tentato di rivalersi sull’unico bene ancora intestato a Franzoni, cioè la villetta teatro del crimine, ma lei si è opposta insieme al marito, chiedendo una sospensione dell’esecuzione immobiliare.

La coppia, assistita dai legali Maria Rindinella e Lorenza Parenti, sostiene che la villetta non sia pignorabile perché all’interno di un fondo patrimoniale, costituito a maggio 2009. Il giudice Paolo De Paola, però, ha deciso di dare ragione a Taormina. Il motivo è che quel fondo era stato istituito dal marito – in qualità di tutore di Franzoni quando lei era interdetta a seguito della condanna penale – per garantire i bisogni materiali e morali della famiglia. Legato ai bisogni familiari è anche il debito contratto con l’avvocato per difendere la donna in tribunale. Se il debito ha queste caratteristiche, chiarisce il giudice, il fondo non può essere motivo di opposizione al pignoramento.

La casa di Montroz dove il 30 gennaio 2002 fu ucciso il piccolo Samuele, delitto per cui la madre ha scontato una pena di 16 anni, potrà quindi essere venduta a patto che si concluda il giudizio nel merito che il giudice invita a fissare entro il 30 ottobre. All’epoca dei processi fu al centro di innumerevoli perizie e scontri tra esperti di accusa e difesa, aspre battaglie combattute dalle aule di giustizia ai salotti televisivi, ma anche luogo di misteri mai chiariti sulla dinamica dell’omicidio. Franzoni vi fece ritorno per qualche giorno subito dopo essere tornata in libertà, salvo poi trasferirsi sull’Appennino bolognese.

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