“L’esperienza con l’austerità non è stata esattamente positiva… E’ chiaro che i livelli del debito pubblico saranno sostanzialmente più alti e questo spingerà alcuni a insistere per fare marcia indietro e tornare all’austerità, ma sarebbe un errore”. Parola di Maurice Obstfeld, ex capo economista del Fondo monetario internazionale e consigliere economico di Barack Obama. Intervistato da El Pais, l’economista che ora insegna all’università di Berkeley dice di essere “molto più ottimista sul futuro post-pandemia della Ue rispetto a quello degli Stati Uniti, vista la risposta che hanno dato al virus. Qui i problemi aumenteranno nei prossimi mesi”. E avverte che già ora, mentre le economie si riprendono dal lockdown, è opportuno “pensare a un sistema fiscale che riequilibri molto meglio gli oneri tra ricchi e poveri e tra il fattore capitale e il fattore lavoro“.

Tra le lezioni della crisi da Covid, secondo Obstfeld, c’è il fatto che “le banche centrali hanno chiarito la loro volontà di fare tutto ciò che è necessario per sostenere l’economia, ed è diventato chiaro che c’è molto che possono fare, specialmente quando non c’è inflazione nell’economia”. Non solo: rispetto alla crisi del 2008 “questa volta la risposta fiscale è stata molto più determinata. Non ci sono precedenti di un così grande sostegno alle famiglie; è stata la risposta appropriata”.

Incoraggiante anche “il riconoscimento che la ripresa dalla pandemia richiederà una maggiore solidarietà fiscale: il Recovery fund è un passo importante e una nuova fase di austerità porterebbe a tensioni politiche significative. Questa è una delle cose più positive di questa crisi: la consapevolezza che l’Unione europea deve fare di più e collaborare in ambito fiscale per aiutare i paesi che sono stati più colpiti. L’unione fiscale non è stata ancora raggiunta, ma è un grande passo avanti nel miglioramento dell’unione monetaria. Il risultato dei negoziati supera le mie aspettative di alcuni mesi fa ed è un elemento di speranza“.

All’osservazione del giornalista sul fatto che “da un giorno all’altro siamo tutti keynesiani“, Obstfeld risponde che in effetti “se [John Maynard] Keynes vivesse, sarebbe senza dubbio a favore di un grande sforzo fiscale per contrastare questa crisi ed evitare grandi danni alla produttività. Viviamo in un mondo in cui i tassi di interesse a cui vengono finanziati i governi sono storicamente bassi, in cui assistiamo di nuovo ad un’elevata disoccupazione e in cui il pericolo di deflazione è ancora presente. Sarebbe sbagliato preoccuparsi troppo ora dell’indebitamento pubblico: non sostenere sufficientemente l’economia in queste circostanze finirebbe per aggravare il peso del debito”. Insomma: “Essere troppo preoccupati per il debito nel mezzo della recessione sarebbe un grave errore. Non dovremmo pensarci adesso”.

E’ il caso invece di pensare fin da ora a “un sistema fiscale che riequilibri molto meglio gli oneri tra ricchi e poveri, e tra il fattore capitale e il fattore lavoro. È importante che questo sia all’ordine del giorno, soprattutto in paesi disuguali come gli Stati Uniti. Ma se pensiamo alla tassazione nel suo insieme, a questo punto dovremmo stare attenti ed evitare qualsiasi misura restrittiva fintanto che la disoccupazione rimane alta e la crescita l’economia rimane al di sotto del suo potenziale”.

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