Ancora una balenottera senza coda. A Sanremo i ricercatori dell’Istituto Tethys hanno avvistato una balenottera comune (Balaenoptera physalus) gravemente ferita: “Non sono neanche passati due mesi dall’incontro con Codamozza e siamo nuovamente di fronte a un cetaceo molto probabilmente colliso da un’imbarcazione”, commenta a Ilfattoquotidiano.it Sabina Airoldi, responsabile Tethys per le ricerche sui cetacei condotte nel Santuario dei mammiferi marini ‘Pelagos’. A differenza di Codamozza, questa volta non manca tutta la pinna caudale, ma quasi: “La balenottera è sprovvista dell’intero lobo destro e di una parte del sinistro”, spiega Airoldi, “l’abbiamo battezzata Mezzacoda”.

Codamozza non si è fatta più vedere da luglio e “si teme il peggio”, dichiara la ricercatrice, “negli ultimi mesi era sempre sotto costa ed è perciò davvero strano che nessuno l’abbia più avvistata”. Ma anche per Mezzacoda le prospettive non sono rosee: “È magrissima, perde pezzi di pelle e il suo corpo è ricoperto di penelle, dei crostacei parassiti che una volta attaccati si trasformano in una sorta di sanguisughe”, aggiunge Airoldi.

La coda per le balenottere e per tutti i cetacei è fondamentale, “è l’organo che dà la propulsione nel nuoto e che consente la spinta per incurvarsi ed immergersi in profondità a catturare il krill, i gamberetti eufasiacei che questi giganti del mare prediligono”. Per questo motivo Mezzacoda, come faceva Codamozza, deve ricorrere “alle pinne pettorali per muoversi” e il nuoto risulta “faticoso e molto dispendioso in termini energetici”. È difficile dire se si tratti di un incidente recente, quello che è certo è che “la ferita non si è ancora completamente cicatrizzata” e questo potrebbe comportare ulteriori “infezioni verso gli organi interni e verso il resto della coda”, prosegue la cetologa.

Conoscere la storia di Codamozza, però, non ci permette di fare ipotesi sul futuro per Mezzacoda, infatti “la situazione è completamente diversa”, ci tiene a precisare Airoldi, “Codamozza è stata avvistata la prima volta nel lontano 1995 e le abbiamo dato quel nome perché le mancava una parte di un lobo caudale, tuttavia negli anni è stata avvistata più volte e sempre in buone condizioni fisiche, come a dimostrare una sorta di adattamento alla vita marina con quella menomazione”. È stato nel 2019, tra agosto e settembre, che vuoi per “il taglio di un’elica o l’avvolgimento di una lenza o di un pezzo di rete abbandonata in mare attorno al peduncolo, l’animale ha perso il resto della coda”.

E se è vero che dalla Sicilia alla Liguria, è stata capace di una traversata memorabile in una sola settimana, dimostrandoci una grande resistenza fisica, è pur vero che nell’anno senza coda le sue condizioni fisiche sono precipitate. Purtroppo le collisioni tra mammiferi marini e imbarcazioni nel Santuario dei cetacei sono tutt’altro che rare: “Il traffico marittimo di carghi e traghetti è particolarmente intenso in estate, quando proprio i grandi cetacei si concentrano nel bacino ligure-provenzale per alimentarsi”, dichiara ancora l’esperta.

Inoltre a preoccupare gli scienziati c’è anche la questione cibo: “Nel Santuario Pelagos – conclude Airoldi – generalmente le balenottere vengono avvistate in mare aperto, a oltre 2mila metri di profondità, mentre quest’estate, sia nell’area protetta che in tutta Italia, gli incontri sono avvenuti per lo più sotto costa”, e i ricercatori stanno cercando di capire se questa distribuzione anomala sia da collegarsi con una mancanza di gamberetti nelle acque pelagiche. Ad ogni modo anche quest’estate, nel Santuario dei cetacei gli assembramenti di animali non sono mancati. Il problema è il corretto distanziamento sociale tra barche e cetacei che dal 1999 – anno in cui è stata istituita l’area protetta – non si è ancora riusciti a far rispettare.

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