Male ma non malissimo. Un “lockdown” parziale ha condotto ad una caduta del Prodotto interno lordo della terza economia al mondo del 7,8% nel secondo trimestre del 2020. Un calo pesante ma meno rispetto a quello del Pil britannico (- 20,4%), dell’area euro (- 12,1%) o degli Stati Uniti (-9,5%). Una forte contrazione di esportazioni e consumi sono alla basa del dato fortemente negativo.Hanno invece tenuto gli investimenti delle aziende private, solitamente la componente più variabile del Pil. In termini assoluti il valore del Pil nipponico è sceso a 485 trilioni di yen, poco meno di 4 mila miliardi di euro. Vengono così praticamente azzerati, almeno momentaneamente, gli effetti degli sforzi di politiche fiscali e monetarie fortemente orientate alla crescita. Dal Giappone è arrivato oggi anche il dato della produzione industriale di giugno, risalita dell’ 1,9% rispetto a maggio. Si tratta del primo segno più dopo tre mesi di forti cali ma il dato è inferiore alle attese dagli analisti. Restando in Estremo Oriente da segnalare anche la caduta del Pil della Thailandia, sceso tra aprile e giugno del 12,2% rispetto ai tre mesi precedenti, la peggior contrazione da 22 anni. La caduta avrebbe potuto risultare ancora più forte se non fosse stato per spesa e investimenti pubblici, le uniche due voci che hanno dato un contributo positivo all’economia.

Nuovi interventi a sostegno della crescitaIntanto banche centrali e governi dell’area rafforzano ulteriormente la loro azione a sostegno dell’economia. Questa mattina la Banca centrale cinese ha immesso sul mercato liquidità per 700 miliardi di yuan, poco meno di 100 miliardi di euro. L’iniziativa della banca centrale ha spinto i listini azionari cinesi intorno ai massimi degli ultimi due anni, rassicurando le preoccupazioni dei mercati per le tensioni registrate sulla liquidità. A breve dovrebbe muoversi anche il governo di Singapore con il varo di nuovi stimoli fiscali per quasi 6 miliardi di dollari a supporto di imprese ed occupazione.

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