Ci vorrà del tempo sì, ma nei laboratori dove si tenta di sviluppare il vaccino che potrebbe arginare con la prevenzione l’epidemia di Sars Cov 2, si fanno progressi. Il massimo esperto di malattie infettive Usa Anthony Fauci si è definito “cautamente ottimista” sulla possibilità di avere una risposta sull’efficacia del vaccino sviluppato dalla società americana Moderna Inc e dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases, nel tardo autunno o all’inizio dell’inverno. La grande sperimentazione clinica di fase 3 “ci darà la risposta e, sì, sono cautamente ottimista sul fatto che, nel tardo autunno o all’inizio dell’inverno, avremo una risposta – e credo sarà positiva”. Il composto sembra funzionare nei macachi. Sperimentato in questi primati non umani, il vaccino ha indotto la produzione e una potente attività degli anticorpi neutralizzanti, una rapida protezione nelle vie respiratorie e protetto da lesioni polmonari, secondo i dati pubblicati sul New England Journal of Medicine. Il 27 luglio i National Institute of Health, di cui il Niaid fa parte, hanno annunciato l’avvio della fase 3 della sperimentazione di questo vaccino in 89 siti americani su circa 30.000 volontari sani.

Il gruppo di ricercatori guidato da Barney S. Graham, il vicedirettore del Centro per la ricerca dei vaccini presso l’Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive, ha somministrato ai macachi rhesus due dosi di vaccino a due diversi dosaggi e poi i macachi sono stati infettati con il virus. Quello sviluppato da Moderna è un vaccino ad Rna modificato. I test hanno evidenziato la capacità del vaccino di indurre una marcata risposta immunitaria, con la produzione di anticorpi neutralizzanti in grado di contrastare il coronavirus. “Oltre a questo, si è visto che il vaccino ha indotto la risposta delle cellule linfocitiche, che aggrediscono il virus e aiutano a produrre gli anticorpi, e che protegge da lesioni polmonari. Si tratta di dati positivi, il vaccino sembra funzionare bene”, commenta all’Ansa il virologo Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia e docente dell’università di Padova. È bene però ricordare, nota Palù, che se anche questo vaccino fosse disponibile per novembre, “da noi non verrebbe comunque somministrato su larga scala, cioè a tutti. Sarà infatti dato prima ai soggetti più a rischio, come medici e infermieri, in via sperimentale, come fatto con il vaccino per Ebola. Perché arrivi a tutti bisognerà aspettare altri 2-3 anni”.

Lo studio su New England Journal of Medicine

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