“Gli antivirali sono efficaci nelle prime fasi della malattia, dopo è troppo tardi, l’idrossiclorochina può funzionare, se assunta nei primi sei giorni di infezione. Per le fasi successive, non funziona. La logica è che più si testa, prima si scoprono i pazienti, quindi più si possono trattare con antivirali”, sostiene Philippe Douste-Blazy – ex ministro della Sanità francese, già candidato a direttore generale dell’Oms -, intervistato dal quotidiano Le Télégramme. L’idrossiclorochina, è stata vietata dalle autorità sanitarie – Oms, Aifa, Ema – a seguito di tre studi: il primo, apparso su The Lancet (la pubblicazione è stata ritirata), il secondo “Recovery” (mega-trial Oms) e il terzo “Postexposure Prophylaxis“ (New England Journal of Medicine).

Nel trial, “Recovery”, sono state usate dosi di idrossiclorochina potenzialmente tossiche “una dose di carico così alta, 2400 mg, non l’ho mai vista usare” commenta Andrea Savarino, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, tra i massimi esperti di clorochina in Europa “per capirci, questo significa che se un paziente di 70 kg ha ricevuto questo dosaggio è stato esposto a 34,28 mg/kg di farmaco, dose sicuramente nociva, che potrebbe determinare un’intossicazione acuta, anche dopo una singola somministrazione”. A questo punto è fondamentale capire il perché di questo dosaggio. Secondo Martin Landry, responsabile del trial Recovery, “Le dosi sono state scelte in base ad altre malattie come la dissenteria amebica. I dosaggi massimi sono molto più grandi di 2400 mg, sono qualcosa come sei o dieci volte tanto” la puntualizzazione del ricercatore inglese, rilasciata a France Soir, non trova alcun sostegno da parte di Andrea Savarino “Purtroppo non è così: è arcinoto che dosaggi ben inferiori al limite massimo indicato da questo medico danno intossicazione acuta, documentata nella letteratura medica”.

Il terzo studio, “Postexposure Prophylaxis“, che ha portato al blocco del farmaco, è apparso sul New England Journal of Medicine. “Dalla pubblicazione sembra che l’idrossiclorochina non funzioni come profilassi – inizia così Antonio Cassone, membro dell’American Academy of Microbiology, ed ex direttore Malattie Infettive dell’Iss – ma leggendo fino in fondo, sono gli stessi autori che non escludono che la clorochina possa essere efficace”. Inoltre, va precisato “che l’infezione non era accertata perché basata solo sulla sintomatologia e non sulla presenza del virus, in quanto non è stato fatto alcun tampone”. Non si può dire se i pazienti avessero Covid19 o una febbre stagionale con sintomatologia simile.

Inoltre, l’Ema – Agenzia Europea dei Medicinali -, nel citare i “rischi” del farmaco, elenca anche uno studio che in realtà dice l’esatto contrario, confermando la sicurezza dell’idrossiclorochina nelle conclusioni, si legge: “il trattamento a breve termine con idrossiclorochina è sicuro, non è stato identificato alcun rischio eccessivo a 30 giorni”, ma si pongono dubbi sull’aggiunta combinata di un secondo farmaco come azitromicina. Nel caso di specie, il trattamento precoce domiciliare a base di idrossiclorochina dura in media 7-8 giorni, e viene prescritto da un medico che ha conoscenza dell’anamnesi del paziente (è escluso dal trattamento chi soffre di favismo o ha patologie cardiache rilevanti).

È efficace l’idrossiclorochina?
Partiamo da una pubblicazione su 4.642 mila pazienti, ricoverati in 39 ospedali in Francia per Covid19, che mostra come il farmaco aumenti i tassi di dimissione dall’ospedale. Nell’ultima settimana è stato pubblicato anche uno studio randomizzato con gruppo controllo, su 48 pazienti. In questo lavoro si dimostra come idrossiclorochina e clorochina, su sintomi iniziali, riducano i tempi di degenza, a meno di 10 giorni per clorochina e meno di 15 giorni con idrossiclorochina, rispetto al gruppo controllo (a cui non è stato dato il farmaco) che è di circa 25 giorni. Inoltre, per quanto riguarda la “profilassi”, è stato da poco pubblicato uno studio retrospettivo su 106 operatori sanitari, di questi 54 trattati con Hcq (idrossiclorochina), e 52 non trattati. L’analisi comparativa dell’incidenza dell’infezione tra i due gruppi ha dimostrato che l’uso di Hcq era associato a una minore probabilità di sviluppare l’infezione da Sars-CoV2. Inoltre, nessuno degli utilizzatori del farmaco ha avuto effetti avversi particolari.

New England Journal of Medicine

Lo studio citato da Ema

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