RoscomSvoboda è un progetto non profit che con l’intento di offrire supporto ai cittadini russi nel vivere appieno la ricchezza di contenuti presenti online nonostante i blocchi disposti dalle Autorità locali offre loro assistenza in tante direzioni diverse, inclusa quella tecnologica mettendo a loro disposizione istruzioni e strumenti per aggirare questi blocchi. Nel 2015 le Autorità russe decidono che il sito del progetto deve essere chiuso e ordinano ai provider di bloccare l’accesso alle sua pagine. Un episodio paradossale ma tant’è: un sito che racconta come aggirare i blocchi disposti dalle Autorità russe, viene bloccato dalle Autorità Russe.

La motivazione del provvedimento è semplice: il progetto è illecito perché pur non diffondendo informazioni illecite, facilita l’accesso dei cittadini a informazioni considerate illecite dal Governo di Mosca. Il gestore del progetto decide di cogliere l’occasione per alzare il livello della battaglia di civiltà e libertà in nome della quale lo stesso progetto è nato e di portare la questione davanti alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

Nei giorni scorsi la decisione dei giudici di Strasburgo. Bloccando l’accesso al sito del progetto RoscomSvoboda la Russia ha violato i diritti dell’uomo e, in particolare la libertà di comunicazione che garantisce a chiunque il diritto di diffondere e accedere a ogni genere di informazioni al riparo da censure come quella disposta dalle Autorità russe. Roscomsvoboda non diffondeva contenuti illeciti, scrivono i giudici, e diffondere contenuti e strumenti su come godere appieno di Internet e accedere, tra l’altro, anche a contenuti illeciti non è illecito, neppure in Russia.

La semplice eventualità che quelle istruzioni e quelli strumenti siano usati anche per l’accesso a contenuti illeciti non basta per censurare delle pagine di informazione. “Proprio come una macchina da stampa può essere utilizzata per stampare qualsiasi cosa, da un libro di testo scolastico a un opuscolo estremista, Internet conserva e mette a disposizione una vasta gamma di informazioni, alcune parti delle quali possono essere vietate per una serie di motivi specifici per giurisdizioni specifiche. […] Sopprimere le informazioni sulle tecnologie per accedere alle informazioni online per il motivo che potrebbero accidentalmente facilitare l’accesso a materiale estremista non è diverso dal cercare di limitare l’accesso a stampanti e fotocopiatrici perché possono essere utilizzate per riprodurre tale materiale. Il blocco delle informazioni su tali tecnologie interferisce con l’accesso a tutti i contenuti a cui è possibile accedere utilizzando tali tecnologie”.

È semplice, lineare, va dritta al punto in maniera quasi sillogistica la decisione dei giudici della Corte europea dei diritti. Ogni parola in più è di troppo. Una cosa è ordinare di rimuovere un contenuto perché illecito o, eventualmente, anche bloccare l’accesso a un contenuto perché illecito e una cosa completamente diversa è bloccare l’accesso a delle informazioni o a degli strumenti perché potrebbero essere, tra l’altro, utilizzati per accedere a contenuti illeciti.

Nel primo caso, la decisione può essere lecita, nel secondo non lo è mai perché la tecnologia non è mai, di per sé, lecita o illecita, buona o cattiva ma tutto dipende sempre da come la si usa. Una bella lezione di civiltà giuridica e libertà.

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