“Nessuno deve dubitare che la verità sulla morte di Giulio Regeni sia la priorità dell’Italia, delle sue Istituzioni e dell’opinione pubblica”. Il premier Giuseppe Conte, chiamato in audizione nella commissione d’inchiesta sull’uccisione del ricercatore a Il Cairo nel 2016, ha ribadito l’impegno del governo perché gli assassini “siano assicurati alla giustizia“. Come ricordato in apertura dei lavori dal presidente della commissione Erasmo Palazzotto, la convocazione è arrivata dopo la decisione dell’Italia di riprendere l’esportazione di armi all’Egitto e in particolare, dopo la vendita di due fregate Fremm l’8 giugno scorso. Un atto che, ha detto il deputato, “suscita sconcerto perché non si può ignorare il livello drammatico di violazione di diritti umani”. Il premier ha assicurato che, nei suoi colloqui con al-Sisi, la morte di Regeni e la ricerca della verità sono sempre state “in cima”. E, ha aggiunto, “ogni mia interlocuzione è partita da un semplice quanto inevitabile assunto: i nostri rapporti bilaterali non potranno svilupparsi appieno” se non si farà luce sul “barbaro assassinio di Giulio”. In particolare, “nel colloquio telefonico del 7 giugno (quello che ha sancito la vendita delle fregate ndr) con il presidente al-Sisi ho espresso l’aspettativa di progressi rapidi nelle indagini” e il presidente ha dato la “disponibilità sua e delle autorità egiziane a collaborare”. Ma ha riconosciuto il premier, l’Italia attende la “manifestazione tangibile di tale volontà“.

La Lega era assente in commissione, in dissenso con la scelta di fissare l’audizione alle 22. Ma Conte ha spiegato che non c’erano altri spazi in agenda, e di essere venuto appena possibile. Un premura che gli altri parlamentari, all’unanimità, gli hanno riconosciuto. Dopo un primo discorso di circa 20 minuti, il premier ha risposto a una decina di domande da parte dei membri della commissione d’inchiesta. Intorno a mezzanotte, due ore dopo l’inizio dei lavori, la seduta è stata secretata per circa 4o minuti per dare modo a Conte di rispondere sul contenuto dei colloqui con il presidente egiziano. Durante la parte di dibattito trasmesso in diretta streaming, tra gli altri ha preso la parola la deputata dem Lia Quartapelle che ha contestato l’effettiva riduzione di rapporti bilaterali tra i due Paesi: “Da quando lei è presidente del consiglio”, ha detto, “l’Egitto è passato da 42esimo Paese con cui commerciavamo armi, a decimo Paese nel 2018, a primo Paese con cui commerciamo da anni“, ha dichiarato. “O noi riusciremo a far pesare il nostro Paese nelle relazioni con l’Egitto o saremo un Paese che verrà preso in giro da tutti gli altri”. Una posizione con la quale il premier ha dissentito, dicendo che sono tanti i segnali che dimostrano come i rapporti non siano al pieno delle loro potenzialità. Ma ha riconosciuto che non manchino le difficoltà nei rapporti. “Io ho incontrato 6-7 volte al-Sisi“, ha detto ancora. “Parlare guardandosi negli occhi ed esprimendo tutto il rammarico vis a vis non ha portato a risultati, non sono stato capace. L’ho detto alla famiglia Regeni quando l’ho incontrata. Loro erano dispiaciuti del fatto che con la rappresentanza diplomatica al Cairo non ottenessimo risultati, io ho detto loro che se la devono prendere con me che incontro al-Sisi. Se c’è incapacità di raggiungere risultati maggiori lo potete imputare a me direttamente”.

Conte ha anche ammesso, rispondendo alle domande, di condividere la preoccupazione “la lentezza della ‘collaborazione'” delle autorità egiziane e di averla riferita al presidente egiziano il 14 gennaio scorso al Cairo. “La vicenda Regeni per l’Italia è un vulnus, una ferita che non può essere rimarginata e che richiede l’accertamento della verità giudiziaria”. Per quanto riguarda il fronte dell’inchiesta, il prossimo incontro in videoconferenza è fissato per il primo luglio e sarà il dodicesimo tra i magistrati romani e quelli egiziani. Il secondo incontro, dopo quello di gennaio, con il nuovo procuratore generale Hamada Al Sawi. L’obiettivo degli inquirenti italiani è entrare nel merito della rogatoria inviata nell’aprile del 2019 al Cairo e sulla quale, al momento, non è giunta alcuna risposta. A questo proposito oggi, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha scritto al corrispettivo egiziano, chiedendo, tra le altre cose che sia fornito il “domicilio legale dei cinque indagati”.

“Il governo non ha mai lesinato sforzi ed impegni” – “A poco più di quattro anni dalla barbara uccisione di Giulio”, ha esordito il premier, “l’Italia tutta, le sue istituzioni, la pubblica opinione, continuano ad attribuire priorità alla ricerca della verità sulla sua morte. Nessuno deve dubitare, non abbiamo mai smesso di sollecitare all’Egitto progressi nell’identificazione dei responsabili dell’efferato delitto. Il governo non ha mai lesinato sforzi ed impegno, il caso è sempre stato in cima nei miei colloqui con il presidente al-Sisi”. Conte ha quindi sottolineato la sua personale sensibilità a proposito della vicenda: “Quando mi sono insediato la prima volta ho chiesto subito un incontro dei genitori di Regeni che poi ho incontrato una seconda volta, per acquisire elementi e informazioni di prima mano e per testimoniare una mia particolare sensibilità”.

“Risultati si avranno con l’intensificazione, non con l’interruzione dei rapporti” – La testi difesa dal premier nel corso dell’audizione, nasce dalla necessità di tenere aperto un dialogo e, partendo da piccoli passi avanti, cercare di avanzare nuove richieste. “Risultati” si avranno “con l’intensificazione, non con l’interruzione del dialogo bilaterale”, ha detto. E, in particolare, “mantenere un’interlocuzione costante” con l’Egitto “permette di esigere rispetto” degli impegni. “Confrontarsi non è giustificare e dimenticare, ma cercare di influire da grande Paese democratico e attore regionale”. E in riferimento al ritiro dell’ambasciatore o all’interruzione dei rapporti diplomatici, ha commentato: “Alternative pure percorse in passato non sono certo risultate più incisive”. Questo perché, ha osservato in seguito, “l’Egitto nei nostri confronti ha molta attenzione”. “Abbiamo capacità in certi contesti di dialogare dove altri non riescono. Questa attenzione ho sempre cercato di utilizzarla anche per intensificare il dialogo anziché prospettarne l’interruzione. Io stesso, se trascorrendo del tempo non avessi visto risultati concreti, avrei invitato il gabinetto dei ministri a valutare come soluzione spendibile e utile l’interruzione dei rapporti. Ma essendomi insediato quando già in passato si erano interrotti i rapporti, mi sono convinto che l’intensificazione del dialogo, cogliere dall’Egitto l’interesse nei confronti del premier italiano, andasse volto per ottenere un risultato che però, mi rendo conto, stenta ancora a produrre dei risultati concreti”.

Conte, proprio nell’ultima chiamata del 7 giugno scorso, ha detto di aver chiesto nuovi segnali: “Abbiamo sollecitato i nostri interlocutori egiziani ad assicurare una collaborazione più intensa” nelle indagini ed il presidente al-Sisi “anche nel colloquio di domenica scorsa ha sempre manifestato piena comprensione per le richieste italiane e disponibilità a collaborare per il perseguimento di un obiettivo riconosciuto essenziale per rilanciare le nostre relazioni. Attendiamo ancora una manifestazione tangibile di tale volontà“.

“Rimarremo inflessibili. Non sarà mai possibile una visita di Stato con tutti gli onori” – Il dialogo e i rapporti bilaterali, ha detto ancora Conte, non devono far credere che ci sia la volontà di allentare le richieste. La vicenda Regeni “è rimasta e rimarrà sempre al centro dell’attenzione del governo italiano. Tutte le componenti e le diramazioni del governo sono tutte votate a questo obiettivo. Questa postura che il governo sta portando avanti sono convinto ci dia la speranza di poter giungere a verità: è un obiettivo verso il quale rimarremo inflessibili fino a quando non l’otterremo“.

E, tra le prove che dimostrano come i rapporti tra i due Stati non siano appieno, Conte ha citato alcuni esempi: “Ho detto che non sarà mai possibile una visita di Stato, con tutti gli onori, in Egitto, fino a quando non riusciremo a compiere significativi passi avanti in questa direzione. Mi è stata prospettata l’inaugurazione dell’università del Cairo. Ho sempre prospettato remore dicendo che, fino a quando non ci sarà accertamento della verità non potremo pretermettere questo aspetto”.

“Sulla pista inglese non ho elementi” – Infine, sulla “pista inglese” nel caso Regeni, ha detto il premier rispondendo a una delle domande dei parlamentari, “non ho elementi da portare in commissione, né come premier, né come autorità che presiede al comparto intelligence. Posso riservarmi con l’intelligence per avere qualche elemento sul punto, ma non sono a conoscenza di specifici elementi su una pista che è rimasta mai approfondita e mai accertata“.

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