Nel giorno in cui la procura di Bergamo ha “accolto” i parenti delle vittime del coronavirus nelle rsa lombarde, arriva la notizia attesa di un giro di audizioni “istituzionali” degli inquirenti che indagano per epidemia colposa. Il premier Giuseppe Conte sarà sentito come teste. Il presidente del consiglio sarà ascoltato venerdì mattina a Roma. L’oggetto dell’audizione di Conte sarà relativo alla mancata istituzione della zona rossa nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo.

Ci furono giorni di indecisioni mentre i morti continuavamo ad aumentare, c’era l’ospedale Papa Giovanni XXIII già sotto pressione e poi quelle le bare portate via dall’esercito. Eppure l’ordinanza di isolare l’area tra Nembro e Alzano nella Bergamasca, come era avvenuto per i comuni del Lodigiano, non è mai arrivata. La mancata istituzione della zona rossa è stato oggetto di polemiche, ma è diventato anche un fascicolo di inchiesta. Perché il prezzo pagato dalla comunità è stato altissimo e in procura erano arrivate denunce ed esposti: per le morti nelle Rsa e per lo tsunami di infezioni che forse si sarebbe potuto arginare con la chiusura.

Tra Nembro e Alzano, con 400 aziende, 3.700 dipendenti e 680 milioni di euro all’anno di fatturato, la decisione non è stata mai presa o meglio tutta la Lombardia divenne zona arancione. La procura di Bergamo indaga su più fronti: sulla gestione delle case di riposo appunto, la mancata chiusura dell’ospedale di Alzano e anche sulla istituzione invocata e mai arrivata di una zona rossa. Dopo aver sentito il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, il dg della sanità Luigi Cajazzo (da oggi destinato ad altro incarico), come già previsto gli inquirenti sentiranno il presidente del Consiglio. E dovranno farlo, con ogni probabilità, a Palazzo Chigi. Nella lista ci sono anche il ministro della Salute Roberto Speranza, quello dell’Interno Luciana Lamorgese. Nel pomeriggio, invece, è stato già sentito il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, nella sede di Viale Regina Margherita a Roma.

Si disse che, al di là dei provvedimenti emanati dal governo, la Regione Lombardia poteva fare qualcosa per chiudere il focolaio in virtù dell’art.32 della legge n.833/1978, dell’art. 117 del d.lgs n.112/1998 e dell’art. 50 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Ma il 29 maggio scorso il procuratore capo facente funzione, Maria Cristina Rota, – dopo aver sentito come testimoni appunto l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera, che aveva ammesso che la zona poteva essere istituita dal Pirellone, e il governatore aveva detto l’istituzione della zona rossa nella Bergamasca avrebbe dovuto essere “una decisione governativa”. Rispondendo alla domanda su di chi fosse il compito di isolare i comuni ha risposto: “Da quel che ci risulta è una decisione governativa. Noi vogliamo lavorare serenamente, abbiamo bisogno di pace. C’è un dovere da parte nostra di rendere giustizia, in questo momento siamo al primo gradino“, ovvero, “ricostruzione dei fatti”. Rota poco prima aveva diffuso una nota in cui sottolineava il dovere della magistratura di indagare rispetto alla richiesta di giustizia dei cittadini. “Vi è da parte della popolazione bergamasca richiesta di giustizia e vi è il dovere nostro di accertare i fatti facendo la massima chiarezza su di essi, la cui valutazione sarà operata con particolare attenzione tenuto conto di tutte le particolarità della delicata situazione. Come noto nelle giornate di ieri e oggi sono stati sentiti come persone informate sui fatti l’assessore Gallera e il presidente di Regione Lombardia Fontana. La Procura di Bergamo – si leggeva nella nota – sta svolgendo indagini serrate al fine, in primis, di ricostruire i fatti così come si sono svolti in relazione sia all’ospedale di Alzano Lombardo che nelle diverse Rsa della provincia. Seconda tappa – prosegue – sarà accertare se vi sia nesso di causalità tra i fatti come ricostruiti e gli eventi e, in caso affermativo, stabilire a chi fanno capo le responsabilità. Si tratta di indagini lunghe e complesse che richiederanno tempo”. Ed è per questo che è stata decisa la convocazione del presidente del Consiglio dei ministri.

Ai pm l’assessore Gallera aveva detto. “Noi aspettavamo Roma, fino all’inizio di marzo avevamo sempre proceduto d’accordo con il governo su quel tipo di provvedimenti” spiegando la posizione della Regione, le decisioni prese e anche che gli indici di contagio, già a partire dal 23 di febbraio e nei giorni immediatamente successivi, erano alti e preoccupavano. Gli inquirenti hanno accertato che molte delle persone che erano arrivate nell’ospedale di Alzano Lombardo, con sintomi riconducibili a Covid, già a metà febbraio erano residenti proprio a Nembro, il paese confinante. Perché quindi non era stato chiuso l’ospedale? Perché non era stato deciso di isolare i due paesi? L’assessore ha dichiarato che solo dopo ha verificato che anche il Pirellone avrebbe potuto decidere per la chiusura: “Ma in quella fase ci eravamo sempre relazionati con l’esecutivo e con l’Istituto superiore di sanità”. Versione confermata dal governatore. In un’intervista di qualche tempo fa, il presidente di Confindustria lombardia, Marco Bonometti, aveva detto: “Nelle riunioni che abbiamo avuto tra fine febbraio e i primi giorni di marzo, la Regione è sempre stata d’accordo con noi nel non ritenere utile, ma anzi dannosa, una eventuale zona rossa sul modello Codogno per chiudere i comuni di Alzano e Nembro”. Dichiarazioni che l’industriale ha confermato agli inquirenti durante la sua audizione davanti ai pm nei giorni scorsi.

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