La legge lo consentiva e – ancora – lo consente. “Ho approfondito ed effettivamente la legge c’è“. Dopo più di una settimana di scarica barile tra Regione Lombardia e governo su chi avesse la responsabilità di istituire la zona rossa un mese fa tra Nembro e Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo, l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, ammette che la sua giunta aveva gli strumenti necessari per agire. Tuttavia, intervistato ad Agorà su Rai3, tiene a precisare: “Quando in Valle Seriana erano arrivate le camionette dell’esercito, il 5 marzo, eravamo convinti che” la zona rossa “sarebbe arrivata” e per questo “non avrebbe avuto senso, per noi, fare un’ordinanza”.

Ieri sera c’è stato uno scambio di vedute, a distanza, tra il presidente della Regione, Attilio Fontana, e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. “Non avevamo modo di intervenire dal punto di vista giuridico dopo il Dpcm dell’8 marzo“, sono state le parole del governatore leghista. Che però si è lasciato andare a un “ammesso che ci sia una colpa, è di entrambi“. La spiegazione data dal capo del governo, invece, è che “ci stavamo orientando a misure più rigorose per la Lombardia, una cintura rossa che coinvolgesse l’intera area”.

In Bergamasca, tra il 6 e il 7 di marzo, tutti si aspettano l’isolamento toccato due settimane prima ai dieci comuni del Lodigiano e a Vo’ Euganeo. A Verdellino si riuniscono decine e decine di carabinieri, pronti a entrare in azione. La statale della Valle Seriana è percorsa dall’esercito, mentre la polizia locale di Nembro riceve le telefonate dall’Arma per le dovute informazioni su strada da sigillare, checkpoint e valichi. “Eravamo in collegamento telefonico con il professor Silvio Brusaferro“, continua Gallera, “che mi diceva che avevano fatto la richiesta formale per l’istituzione della zona rossa”. Il riferimento dell’assessore è alle due note tecniche inviate al governo dall’Istituto superiore di sanità, che fa parte del Comitato tecnico-scientifico, il 3 e il 5 di marzo. “Avremmo potuto farla noi? Può essere, sì, ma ci aspettavamo che intervenisse l’esecutivo”.

Da settimane Gallera va ripetendo che la decisione del governo non è mai arrivata (lo ha fatto, per esempio, il 19 marzo a Sono le Venti intervistato da Peter Gomez). E anche stamattina, in un’intervista a La Stampa, ha parlato di “cerino in mano”, aggiungendo che “se ci avessero detto subito che non la volevano fare, ci saremmo mossi diversamente“. Sulla questione si è espresso anche il sindaco di Nembro, Claudio Cancelli: “Credo che i cittadini siano sconcertati dal continuo rimpallo di responsabilità tra Regione e governo, che dovrebbero entrambi garantire la sicurezza della nostra salute. Secondo me, dovevano intervenire entrambi”. Nel decreto-legge n.6 del 23 febbraio il governo ha messo nero su bianco, all’articolo 1, le leggi che consentono alle “autorità locali competenti”, cioè sindaci e presidenti di Regione, di adottare le misure che ritengono più opportune, in materia di emergenza sanitaria e igiene pubblica, per fronteggiare la diffusione del Covid-19. Insomma, gli strumenti normativi c’erano. Ora lo ammette anche la Regione. Come sono andate le cose, al di là di ciò, è sotto gli occhi di tutti.

Twitter: @albmarzocchi

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