Zero morti da Covid-19 nonostante una popolazione di 97 milioni di persone e un lungo tratto di confine condiviso con la Cina. Il caso del Vietnam è una “storia di successo” – come la chiama la Cnn – nella lotta al coronavirus, con soli 328 casi di contagio (dati della Johns Hopkins University) e col 43% dei primi 270 casi accertati che erano pazienti asintomatici. La strategia che ha protetto il Paese dal coronavirus – con accorgimenti che hanno dimostrato maggiore efficacia anche rispetto ad altri Paesi virtuosi dell’Asia, come Corea del Sud, Hong Kong e Taiwan – passa dalla tempestività delle misure attuate dalle autorità e dal tracciamento capillare della popolazione, che ha usato anche tv e giornali per individuare le persone venute a contatto con gli infetti, in modo che si rivolgessero rapidamente alle autorità sanitarie.

La preparazione alla pandemia – In Vietnam, visitato ogni anno da milioni di cinesi, ci sono – stando alla Banca Mondiale – otto medici ogni 10mila persone (in Italia sono 40 ogni 10mila). Per gli scettici i dati ufficiali sembrano troppo positivi per essere veri. “Sono tutti i giorni nei reparti, conosco i casi, so che non ci sono stati decessi“, ha detto alla Cnn Guy Thwaites, un medico, esperto di malattie infettive che lavora in uno dei principali ospedali per pazienti Covid e che dirige la Oxford University Clinical Research Unit di Ho Chi Minh City.

Il Paese aveva iniziato a prepararsi all’emergenza ben prima dei primi due casi confermati il 23 gennaiogiorno in cui Wuhan ha decretato la chiusura -, all’indomani dei quali sono stati bloccati tutti i voli da e per la città cinese dell’Hubei, che per prima ha fatto i conti con il coronavirus. “Non abbiamo aspettato solo le linee guida dell’Oms – ha detto Pham Quang Thai, numero due del Dipartimento di controllo delle infezioni dell’Istituto nazionale di igiene ed epidemiologia di Hanoi -. Abbiamo usato i dati che arrivavano dall’estero e dall’interno del Paese per agire in anticipo”. Così a inizio gennaio c’era già il controllo della temperatura per i passeggeri in arrivo in aereo da Wuhan.

Misure drastiche di contenimento – A metà gennaio, ricostruisce la Cnn, il vice premier Vu Duc Dam chiedeva alle agenzie governative “misure drastiche” per contenere la diffusione del virus. Il primo febbraio venivano sospesi tutti i voli con la Cina e il giorno arrivava lo stop ai visti per i cittadini cinesi, fino ad arrivare a fine marzo con il divieto d’ingresso per tutti gli stranieri. Ha contribuito a contenere i contagi anche la campagna di informazione che ha sfruttato giornali e tv.

I pazienti Covid, ha spiegato Pham, devono fornire alle autorità un elenco dettagliato di tutte le persone incontrate negli ultimi 14 giorni e giornali e tv danno notizia di quando e dove si è recata una persona che ha contratto l’infezione. E quando al Bach Mai Hospital di Hanoi sono stati accertati decine di casi di coronavirus, le autorità – ha raccontato – hanno subito imposto il lockdown per la struttura e tracciato quasi 100mila persone che vi si erano recate. Così si è arrivati a fine aprile, quando – dopo tre settimane di lockdown – sono state revocate le misure di distanziamento fisico e sociale. Hanno riaperto gli uffici. Scuole e università hanno riaperto questo mese. La vita torna gradualmente alla normalità.

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