6. Fateci caso, le immagini che ritraggono Ian Curtis sono serie, contrite, corrucciate. Forse un’immagine abilmente costruita intorno alla musica dei Joy Division? Sappiamo che il cantante aveva una personalità cangiante; la timidezza che lo caratterizzava nella vita, una volta salito sul palco, lasciava il posto al furore assoluto delle sue performance: “La sua danza, era un’angosciante parodia delle sue crisi – dice la moglie – le braccia si muovevano in modo convulso, avvolgendo una spola invisibile, e gli scatti legnosi delle gambe riproducevano i movimenti involontari compiuti durante gli attacchi. Alla messa in scena mancavano solo le scosse al capo”.

7. Lasciamo da parte la poetica legata all’immagine dell’artista inquieto. I tormenti di Curtis erano sostenuti da una visione lucida e razionale; voleva portare il gruppo in tv, convinto che quel mezzo avrebbe permesso ai Joy Division di lasciare una traccia indelebile nel mondo della musica. Cercò in ogni modo di convincere Tony Wilson. Tony al tempo era una vera e propria potenza in ambito radiofonico/televisivo ma la sua storia, in realtà, doveva ancora compiersi; proprio in quel periodo diede, infatti, vita alla Factory Records, etichetta musicale che, non solo in seguito contribuì a fornire gli agognati passaggi televisivi, ma divenne produttrice stessa dei dischi targati Joy Division. Sulla Factory bisognerebbe scrivere un articolo a parte; la sua storia meriterebbe di essere raccontata.

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Joy Division, quarant’anni senza Ian Curtis: 9 cose che vogliamo ricordare di lui

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