Ai primi di marzo, quando si discuteva se e come sospendere i termini processuali (per evitare assembramenti nei Tribunali e diffusioni del contagio, tutelare chiunque operi nei Tribunali), scrissi un post sarcastico sulla mia bacheca: “Rinviamo direttamente all’1 settembre!”. Un post profetico, col senno di poi. Anzi senza senno, perché quello che accade è certamente irragionevole e spiegherò perché.

Formalmente il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto Cura Italia con l’art. 83 in tema di giustizia civile in particolare, a seguito delle modifiche introdotte, ha poi prescritto:

a) la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all’11 maggio, ivi incluse le celebrazioni delle udienze salvo casi urgenti (quando dal ritardo può derivare un grave pregiudizio e procedimenti in cui è urgente e indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona; nei procedimenti di famiglia, nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela dei bisogni essenziali);

b) la previsione dello svolgimento delle udienze civili mediante collegamenti da remoto (mediante Teams o a trattazione scritta).

Il tutto s’è inserito in una decretazione emergenziale che – secondo le voci più autorevoli dell’arco costituzionale (Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Antonio Baldassarre, Cesare Mirabelli, Alfonso Celotto e altre centinaia di giuristi, tra cui Giuliano Scarselli e Maria Giuliana Civinini) e non fanatici dell’opposizione – ha determinato illegittimamente la sospensione di libertà e diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, incluse la libertà personale (art. 13), libertà di circolazione (art. 16), libertà di riunione (art. 17), il diritto di professare la propria fede religiosa nei luoghi di culto (art. 19), il diritto allo studio (artt. 33-34), libertà di iniziativa economica (art. 41), libertà di espressione del pensiero (art. 21), e appunto il diritto alla giustizia (art. 24).

Veniamo però al diritto fondamentale (e dunque all’accesso) alla giustizia. La situazione che si è creata realmente è che, dal 9 marzo fino all’11 maggio incluso, le udienze (salvo casi eccezionali) non sono state celebrate; i ricorsi dunque non sono stati esaminati, anche se per situazioni importanti. Stiamo discutendo di ben 62 giorni, un lungo lasso temporale.

In realtà poi a decorrere dal 12 maggio e sino al 31 luglio (ma in realtà fino all’1 settembre, essendoci pure la sospensione ex lege per tutto il mese di agosto), potranno essere celebrate solo le udienze “da remoto” (con lo strumento di Teams, per il giudice e per i difensori, ma che pretende comunque la presenza del magistrato in Tribunale) o con la modalità a trattazione scritta (secondo il seguente schema: i difensori saranno invitati a depositare poco prima dell’udienza virtuale note scritte; a seguito dell’udienza virtuale il giudice deciderà).

Al momento abbiamo assistito a oltre 200 protocolli organizzativi diversi dei Tribunali, al rinvio della stragrande maggioranza delle udienze già calendarizzate nel periodo 9 marzo-31 luglio a ottobre/novembre e anche ben oltre, sino al 2021. Ad una scarna percentuale di udienze fissate in remoto con lo strumento informatico Teams (poiché i giudici dovrebbero comunque recarsi in Tribunale) e anche a trattazione scritta, poiché per molte udienze non è una scelta adeguata.

Ora, occorre evidenziare come quasi tutta la magistratura, l’avvocatura e il personale amministrativo siano stati concordi nel non poter rimettere piede in Tribunale fino a che non vi sarà un rischio di contagio pari a zero. In questi mesi infatti sono noti decine di casi di contagi e qualche decesso tra gli addetti ai lavori. Tuttavia occorre chiedersi se la programmazione per evitare la eccezionale sospensione della giurisdizione e comunque per organizzarne la ripresa sia stata gestita bene. Ho molti dubbi.

Giova evidenziare come il Processo Telematico (civile in primis; ma anche poi amministrativo, penale, tributario, contabile) sia oramai una realtà da vari anni ma con irragionevoli falle (ad esempio nel civile puoi depositare anche atti in cartaceo; per il Giudice di Pace, Tribunali per i Minorenni, Corte di Cassazione è ancora cartaceo) e aberranti lacune a latere (ad esempio non esiste un Registro Unico per gli indirizzi Pec di tutti i soggetti, soprattutto per la Pubblica Amministrazione che vi si sottrae etc.; per i privati non è obbligatoria la Pec così potendo vanificare la loro ricerca etc.), che vanificano l’enorme potenzialità di poter gestire un Processo dall’inizio alla fine in modalità telematica (e dunque anche con modalità Teams, introdotta per la prima volta appunto in questa emergenza, e che ben potrebbe divenire una preziosa risorsa per il futuro anche se solo per alcune udienze).

L’occasione era troppo ghiotta e la stiamo sprecando. L’avvocatura avrebbe dovuto proporre e pretendere una riforma digitale completa, senza falle. Invece ha perso tempo ad interrogarsi.
La magistratura avrebbe dovuto agevolare questo percorso, a beneficio di chi invoca giustizia.

Siamo però perlomeno certi che in questi lunghi mesi i magistrati cosiddetti togati (che non sono mica finiti in Cig o senza stipendio), avendo avuto molto più tempo a disposizione per esaminare i fascicoli e scrivere provvedimenti, azzereranno tutto l’arretrato o quasi, così eliminando quella zavorra che ci classifica tra i peggiori Paesi d’Europa quanto a durata media dei processi.

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