L’ingresso dello Stato nel capitale delle aziende in difficoltà a causa del lockdown – uno degli interventi previsti dalle bozze del decreto Aprile ancora in gestazione – diventa terreno di scontro tra Pd e Italia viva. Nel frattempo “alleati” sul fronte della regolarizzazione dei migranti. Ma lo spunto da cui parte l’attacco di Matteo Renzi in questo caso è un titolo de La Stampa che fa dire al vicesegretario del Pd Andrea Orlando una frase ben diversa dal contenuto della sua intervista: “Se lo Stato finanzia le aziende deve avere un posto nei Cda“. Abbastanza perché Renzi, con un lessico caro a Forza Italia, parli di tentazione di “sovietizzare l’Italia”.

Solo che Orlando parlando con il quotidiano torinese dice esattamente il contrario: “Nessuno ha proposto che lo Stato entri nella governance delle imprese, né che si proceda a nazionalizzazioni“. Il suo ragionamento è che “il capitale delle imprese non deve essere partecipato dallo Stato per corrispondere ad un astratto modello ideologico. Il tema è valutare se lo Stato debba entrare per un determinato periodo, in modo da garantire che l’impresa mantenga gli impegni assunti nel momento in cui riceve finanziamenti a fondo perduto da parte dello Stato”.

Del resto, ricorda, “si tratta di esperienze che si stanno facendo in un Paese come la Germania e che si stanno sperimentando in regioni governate dal centro-destra”, rileva Orlando. “In un Paese che ha una storica sottocapitalizzazione delle imprese come l’Italia e nel quale la crisi obbligherà a ricapitalizzazioni, si tratta di fornire finanziamenti con alcune garanzie. Ad esempio che si mantenga la presenza sul territorio nazionale, che non si delocalizzi, che non si riduca la manodopera, che siano realizzati interventi che vadano nella direzione della sostenibilità”.

Eppure il titolo – modificato nella versione online dell’intervista – evoca l’ingresso nei cda. E la “proposta” inesistente viene commentata, per esempio, a Radio 24 dal ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia secondo cui “merita attenzione” ed è “una proposta seria, non mi pare una cosa estemporanea”. E dal senatore dem Tommaso Nannicini: “Le idee vintage e i poltronifici non servono. No allo Stato nei Cda delle imprese. Sì a uno Stato che fa il suo lavoro e porta avanti chi è nato indietro”.

Poco dopo arriva la reazione di Renzi, via Twitter: “In tempi di crisi in tutto il mondo gli Stati danno soldi alle imprese per ripartire: prestiti o contributi a fondo perduto. Solo in Italia qualcuno chiede che lo Stato in cambio abbia posti in Consiglio d’Amministrazione. Noi siamo contrari. Sovietizzare l’Italia? No grazie”.

Seguono le smentite – al titolo – del Pd, di Orlando e pure del segretario Nicola Zingaretti secondo cui lo Stato deve dare “sostegno alle imprese non per governarle o statalizzarle. Quelle sono balle. Sostegno pubblico per costruire un rapporto serio con chi vuole riprendere a produrre e difendere le aziende”.

Mercoledì, intervistato dal Fatto, il premier Giuseppe Conte aveva confermato che è allo studio la ricapitalizzazione delle aziende con soldi pubblici: “Non penso a un piano di nazionalizzazioni che richiama epoche passate, ma possiamo arricchire il ventaglio dei sostegni alle imprese, in alcuni casi anche attraverso capitale, finanziando direttamente l’impresa per facilitare investimenti produttivi e consentire il consolidamento dell’organismo societario”.

Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha anticipato lo schema che l’esecutivo ha studiato, in attesa del via libera europeo alle nuove regole sugli aiuti di Stato: per le imprese più piccole sono in arrivo ristori a fondo perduto in base alle perdite causate dall’epidemia. Per le medie, tra 5 e 50 milioni di fatturato, dovrebbe esserci un intervento a sostegno della patrimonializzazione, ‘pari passu’ tra imprenditore e Stato (probabilmente attraverso Invitalia) mentre per le grandi scenderebbe in campo Cdp.

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