Con il “conforto” dei dati di vendita relativi al mese di marzo e aprile, le previsioni per il 2020 parlano di un mercato dell’auto in caduta libera: ecco perché sono tante le richieste che Unrae – l’associazione dei costruttori esteri operanti in Italia – vorrebbe sottoporre al Governo. Misure a sostegno del comparto automotive, descritte ieri dal presidente Unrae Michele Crisci, come la creazione di una terza fascia di vetture – quelle con emissioni comprese tra 61 e 95 g/km di CO2 – beneficianti dell’Ecobonus governativo e la sospensione dell’Ecomalus (ovvero, la sovrattassa che pagano i veicoli che emettono più anidride carbonica di quella stabilita dalle normative). Il tutto per scongiurare una contrazione delle immatricolazioni che, per fine 2020, è stimata da alcuni analisti in un -35%/-45%. E che, se fosse ancora peggiore, porterebbe il mercato dalle 1,9 milioni di unità del 2019 a quota un milione. Ragion per cui Unrae propone di aumentare gli importi unitari degli incentivi per la seconda fascia di auto in regime di Ecobonus (quelle con emissioni di CO2 comprese fra 21-60 g/km), nonché una crescita delle dotazioni del fondo fino al 2021.

Tuttavia, fra le proposte che Unrae vorrebbe inoltrare a Palazzo Chigi sembra mancare quella che, potenzialmente, potrebbe fare la differenza più di tutte le altre e sarebbe virtualmente a costo zero: l’abolizione del vituperato Superbollo, la sovrattassa per i veicoli con potenza maggiore di 185 kW. Giova ricordare che la norma fu emanata nel 2011 dal Governo Berlusconi e, nel 2012, inasprita dal Governo Monti: inizialmente, imponeva un importo di 10 euro per ogni kW eccedente la soglia dei 225. Successivamente, la tassa è stata aumentata a 20 euro per ogni kW in più oltre i 185. Una misura che ha comportato una fortissima contrazione delle vendite di alcune categorie di auto, sportive e di lusso, finendo per danneggiare le casse erariali invece che sostenerle.

Un flop ampiamente comprovato nel 2012: nonostante, secondo il Governo “dei professori”, il Superbollo avrebbe dovuto portare alle casse dello Stato 168 milioni di euro, la caduta delle vendite delle vetture over 185 kW (le cui immatricolazioni calarono del 35% contro il -19,8% del mercato di quell’anno), determinò una perdita complessiva, tra minori entrate fiscali e mancato introito, di circa 140 milioni di euro. A determinare il danno per l’Erario, oltre alla riduzione delle nuove immatricolazioni, furono anche la proliferazione di falsi leasing di autovetture, un incremento delle radiazioni per esportazionile cosiddette “esterovestizioni”, sia di auto di nuova immatricolazione, poi radiate e reimmatricolate con targa estera, sia di auto usate, che non produssero più gettito fiscale – e il crollo dei passaggi di proprietà.

Nel 2017, la stessa Unrae sosteneva che “l’abolizione del superbollo comporterebbe entrate per oltre 120 milioni di euro”, tra recupero dell’Iva sulle vetture nuove vendute, tassa di circolazione e Ipt. Senza questa tassa “si potrebbe ripristinare una domanda tale da assicurare un ritorno fiscale in grado di compensare la manovra, e generare nuovi posti di lavoro”. “In sintesi — evidenziava il presidente Michele Crisci nel 2017 — il superbollo non ha prodotto gli introiti sperati ed ha finito per penalizzare un’area della eccellenza motoristica tipicamente italiana”. Il mercato di quel genere di auto non si è più ripreso da allora: basti pensare che, come spiegava Unrae nel 2017, “si è assistito ad un recupero dell’immatricolato delle auto da 185 kW di appena il +3,8% nel 2016 rispetto ai volumi del 2011”.

L’entità dell’ammanco si fa più nitida se si considera che, per il biennio in corso, i fondi stanziati dal Governo Conte per gli Ecobonus della categoria dei veicoli M1 (quelli adibiti al trasporto di persone) ammontano a 140 milioni di euro, 70 per il 2020 e altri 70 per il 2021. Risulta quindi facile comprendere che basterebbe abolire il Superbollo per finanziare per intero gli ecoincentivi o raddoppiarne “la potenza di fuoco”. A costo virtualmente zero, peraltro. Gli ultimi a provarci, in ordine di tempo, erano stati i politici di FDI attraverso un emendamento alla manovra finanziaria 2019 presentato dal Senatore Andrea De Bertoldi e, purtroppo, non approvato.

Sorge allora spontanea la domanda: perché nessun Governo ha avuto il coraggio di cancellare questo tributo? I motivi sono principalmente due. Il primo è che il superbollo è percepito come una tassa che colpisce i più ricchi e abolirla non farebbe bene al consenso elettorale: una posizione abbastanza opinabile perché, come noto, la misura colpisce anche chi compra vetture usate, che non hanno chissà quale valore commerciale. Senza contare che, finendo per far perdere soldi alla Stato, la tassa non danneggia solo gli automobilisti più facoltosi ma tutta la società.

Il secondo motivo è che le auto potenti sono percepite come altamente inquinanti per l’ambiente: il che, va detto, costituisce un giudizio legato a preconcetti ormai obsoleti. Prendiamo la più famosa delle sportive, la Porsche 911: nel 2010 la versione Carrera S emetteva 250 grammi di CO2 al chilometro. Nel 2013 il nuovo modello ha fatto scendere il dato a 224 g/km. Il modello attualmente a listino ne produce 229, ma il prossimo aggiornamento avrà una versione ibrida (2021/2022) che abbatterà ulteriormente le emissioni. Attenzione, però: mentre le 911 del 2010 e del 2013 erano immatricolate col vecchio ciclo di omologazione Nedc, che produceva differenze significative, in media del 38%, tra consumi ed emissioni dichiarati dal costruttore e quelli effettivamente riscontrati nell’utilizzo reale, il nuovo ciclo di omologazione Wltp è estremamente più fedele ai valori di consumo ed emissioni reali.

Questo perché il test Wltp prevede una durata della prova di 30 minuti, mentre per ottenere la precedente omologazione Nedc la stessa era di 20 minuti. Inoltre, la velocità media che il veicolo sottoposto al test deve sostenere è di 46,5 Km/h contro 34 Km/h del precedente ciclo omologativo, così come è aumentata la velocità massima, 131 Km/h invece che 120 Km/h, il tutto per una distanza simulata in laboratorio che passa da 11 a 23,25 chilometri. In ultima analisi, le auto ad alte prestazioni di ultima generazione sono tutte equipaggiate col filtro antiparticolato, che invece non era installato fino a qualche anno fa e che consente di arrestare inquinanti assai più pericolosi per il sistema respiratorio di quanto non lo sia l’anidride carbonica che, su carta, è classificata come agente “climalterante” (ma che, comunque, contribuisce all’effetto serra e, conseguentemente, al riscaldamento globale).

Ora, facciamo un calcolo spicciolo: il prezzo di vendita di una Porsche Carrera S è di 126 mila euro al netto degli optional (che è quasi impossibile non vengano selezionati dal cliente, facendo lievitare ulteriormente il prezzo del veicolo). Significa che quasi 28 mila euro del conto finale finiscono nelle tasche dello Stato sotto forma di Iva: ciò vuol dire che con il gettito fiscale di un’auto del genere, si può finanziare l’Ecobonus di sette auto elettriche a emissioni zero. Sette. O di oltre diciotto vetture ibride, con emissioni comprese da 21 a 60 g/km di CO2. Si fa molto presto, quindi, a capire che tante più sportive di questo genere si riescono a vendere, tanto più grande può essere il fondo per gli incentivi destinati all’acquisto di auto a basso e bassissimo impatto ambientale e tanto più si può sostenere la filiera dell’auto. In altri termini, sarebbero gli automobilisti più ricchi a favorire l’elettrificazione della mobilità di massa. Il tutto senza spendere un euro in più delle risorse statali.

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