Da un mese Badia Tedalda, piccolo paese di 1000 abitanti in provincia di Arezzo, è in lockdown ma non ci sono vigili che possono far rispettare la quarantena. E allora ci ha pensato il sindaco Alberto Santucci, con un passato in Forza Italia e nel centrodestra locale: visto che non ci sono controlli per i positivi o per chi è obbligato a restare in casa, ha chiesto ai suoi concittadini di “denunciare ai carabinieri” chi esce di casa e non dovrebbe. Insomma, dice lui senza tanti giri di parole, di “fare la spia” perché in questo momento “la salute viene prima di tutto, anche della privacy delle persone”.

Tutto inizia nei primi giorni di marzo quando in questo paesino di montagna che fa parte dell’Unione dei comuni della Valtiberina Toscana scoppia un focolaio di positivi al Covid-19 che mette in pericolo tutto il paese con la media di anzianità più alta di tutta la provincia di Arezzo. Il coronavirus è stato portato da un cittadino che tra fine febbraio e inizio marzo ha girato i mercatini dell’antiquariato di Lombardia ed Emilia-Romagna prima di tornare a Badia Tedalda il 5 marzo.

Così il coronavirus in pochi giorni si estende a macchia d’olio: su 1000 abitanti, i positivi sono 55 con 3 decessi. Il 25 marzo il sindaco Santucci decide di firmare un’ordinanza comunale in cui dichiara la “zona arancione”, poi prorogata fino al 26 aprile: non è militarizzata come la “zona rossa”, ma si può entrare e uscire dal comune solo per inderogabili motivi, decisi con decreto apposito del sindaco di volta in volta.

Il problema è che alla cronica mancanza di agenti della polizia municipale, si è aggiunto anche il Covid-19 che nei paesi limitrofi richiede una presenza numerosa sul territorio. Quindi, nonostante nel piccolo comune ci siano 100 persone in quarantena coatta, il sindaco Santucci non sa chi può farla rispettare: “Fosse per me metterei un’agente davanti all’alimentari, poi dopo mezz’ora davanti all’altro, poi all’ufficio postale e di fronte alle case dei positivi – dice a Ilfattoquotidiano.it – ma non è possibile perché non ho uomini a mia disposizione e quindi mi sono arrangiato da solo”.

In primo luogo in paese tutti sanno chi è positivo al Covid-19 e chi in quarantena perché ha avuto contatti stretti. E non solo per una questione di chiacchiericcio, ma perché l’amministrazione comunale ha deciso di mettere la privacy in secondo piano: “I primi due casi positivi sono stati il medico condotto e il vicesindaco – continua Santucci – avrei potuto dire che erano stati accertati due casi di sesso maschile, di anni “x”, ma sarebbe stato pericoloso per i cittadini, quindi ho fatto prima a dire chi erano facendo nomi e cognomi”. E la privacy? “In questi casi e nel nostro piccolo paese, non può esistere”.

Ma non solo: nei giorni scorsi era partito l’allarme perché qualcuno diceva di aver visto i positivi alla posta o la moglie di un caso positivo in paese (“Mi hanno riferito che qualcuno fa il furbo”) e così il sindaco Santucci ha chiesto ufficialmente ai propri concittadini di denunciare chi vìola la quarantena. “Chi è in quarantena perché positivo o parente stretto/convivente di un positivo non può permettersi la libertà (più precisamente l’incoscienza) di andarsene in giro a mettere in pericolo gli altri e compromettendo così tutti gli sforzi fatti quotidianamente finora”, ha scritto il primo cittadino sul proprio profilo Facebook.

Ma non si rischia un clima da delatori o, peggio, da procurato allarme? “Il rischio c’è ed è una domanda che mi sono posto anch’io, ma in questo momento dobbiamo mettere sul piatto i diritti alla privacy e alla salute delle persone e io scelgo il secondo – conclude Santucci – se non avessi preso decisioni forti come questa, il mio paese sarebbe stato sterminato dal Covid-19. Ora, senza polizia devo chiedere ai miei cittadini di darmi un aiuto per il bene di tutti”.

Twitter: @salvini_giacomo

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