Nel mondo videoludico uno dei principali trend dell’ultimo mese è indubbiamente Valorant, il nuovo titolo tactical shooter presentato da Riot Games il 2 marzo e lanciato in Closed Beta il 7 aprile. Un titolo che ha mostrato al mondo, e in particolare all’industria del gaming, come un videogioco ancora non uscito possa diventare un fenomeno mondiale.

Per comprendere quantitativamente la dimensione di Valorant è sufficiente esplorare i numeri presenti su Twitch e orgogliosamente mostrati da Riot Games. A partire dalle ore 14:00 del 7 aprile il gioco è stato aperto in Closed Beta: era, ed è tuttora, quindi necessario ricevere una chiave di gioco per poter giocare. Chavi che è possibile ottenere semplicemente collegando il proprio account Riot a Twitch e guardando i vari streaming sulla piattaforma di Amazon: indubbiamente un incentivo significativo per spingere gli utenti a seguire le dirette dei canali dedicati, sia per capire il gioco e quali novità porta, sia per sperare di ricevere una chiave. Già il 3 aprile, durante la presentazione dei video di gameplay registrati dagli youtuber e influencer, coinvolti dall’azienda sviluppatrice, il canale Twitch Valorant aveva superato il milione di utenti contemporanei per un videogioco a cui non era nemmeno possibile giocare, infrangendo il record di visualizzazioni in un singolo giorno con un video in cui veniva mostrato il gameplay in azione, che ha ottenuto 12.2 milioni di ore guardate.

Il 7 aprile, all’apertura della Closed Beta, i numeri su Twitch hanno subito in incremento costante durante la giornata, scalando la classifica dei canali tematici più visti e seguiti non solo del giorno ma nell’intera storia della piattaforma di streaming dalle tinte viola. Ha superato persino Fortnite, il fenomeno mediatico del 2019, rischiando di lasciarsi dietro le spalle anche il record detenuto dal proprio fratello League of Legends, figlio della stessa madre Riot Games. Alla fine Valorant si è fermato a 1,7 milioni di spettattori contemporanei, 1,73 precisamente, contro il traguardo storico di LoL fermo a 1,74, registrato durante le finali mondiali dei Worlds 2019.

Era solo un momento legato al giorno di uscita? Nemmeno per un po’. Ancora a distanza di più di tre giorni Valorant continuava a vivere stabilmente sopra il milione di concurrent viewers: 1,2 esattamente, registrati la sera del 10 aprile. Nella settimana del lancio della Closed Beta Valorant ha raggiunto e superato le 130 milioni di ore viste dagli spettatori, bruscamente scavalcando qualsiasi altro canale tematico di Twitch. Per fare un paragone, League of Legends nella stessa settimana si è attestato a 29,6 milioni, Just Chatting su 29,5, Counter-Strike su 22,5 e Fortnite ad “appena” 19,47.

I dati dell’ultima settimana di streaming su Twitch secondo il sito Esports Charts

Ma come fa un gioco di cui sa ancora pochissimo a diventare improvvisamente un titolo con 34 milioni di ore guardate su Twitch? Partiamo dalle basi. Riot Games negli anni ha costruito una reputazione altissima, legata principalmente a League of Legends e alla propria capacità di saper sempre rinnovare il gioco rendendolo uno dei più longevi. In particolare ha rafforzato la propria fidelizzazione nei confronti delle decine di milioni di utenti giornalieri sparsi in tutto il mondo. Quando è stato annunciato, nell’autunno 2019, un nuovo titolo ispirato al genere FPS, come CS:GO e Rainbow Six Siege per intenderci, le aspettative dei videogiocatori sono cresciute in modo esponenziale come risposta a una semplice domanda: se sono riusciti a creare e mantenere sempre fresco un titolo come League of Legends, quanto bene potrebbero riuscire a fare con un genere totalmente differente ma di grande impatto e interesse?

In particolare ad alzare le aspettative è stata la presentazione ufficiale del gioco che ha messo sul tavolo importanti promesse sulla stabilità dei server, sulla lotta ai cheaters e sull’ottimizzazione del gioco. Promesse che vedranno realmente la luce solamente in estate con l’uscita ufficiale del gioco, ma che sono state sufficienti per attrarre milioni di spettatori curiosi di conoscere il gioco, le meccaniche e le abilità dei personaggi utilizzabili, chiamati Agenti. Ciò che al momento sembra confermato è che, nonostante sia ovviamente ispirato a titoli già esistenti, si tratta di un videogioco fresco, rapido, intuitivo per i neofiti ma sufficientemente complicato e appagante per i giocatori di qualità superiore: ogni utente, a prescindere dal livello di abilità, ha la possibilità di divertirsi e vincere con uno skill cap a più livelli.

Il secondo fattore da non sottovalutare in quella che può essere definita come una delle più importanti operazioni di marketing dei videogiochi, è la connessione a doppio filo con Twitch. Portare il proprio videogioco nella più grande piattaforma di live streaming al mondo è ormai praticamente imprescindibile per il successo di un titolo: permette infatti di avere un’esposizione globale e capillare con streamer di tutto il mondo che hanno la possibilità di trasmettere il gioco, anche in anteprima. Consegnare alle personalità più influenti del mondo del gaming e dello streaming le chiavi del gioco, letteralmente, conferisce una pubblicità cospicua a costo zero. Se a questo si aggiunge la possibilità per gli utenti di ottenere la beta key semplicemente guardando lo streaming, si crea una connessione lineare e diretta tra il gioco e Twitch, che media con gli spettatori e futuri potenziali videogiocatori, creando già in fase di pre-lancio del gioco una community ben definita, come ha ammesso anche Ben Vallat, Senior Vice President della divisione Alliances and Corporate Development di Twitch.

“Con Valorant Riot Games ha confermato nuovamente che iniziare a costruire una community forte su Twitch fin dal primo giorno è la chiave del successo. Vediamo un grande entusiasmo in tutta la community e, proprio come per League of Legends, siamo lieti di essere parte del successo di Valorant sin dal suo esordio.”

Un successo che ha già spinto numerosi giocatori professionisti di altri giochi a spostarsi su Valorant. E c’è già chi si sbilancia: secondo molti di loro, avendo visto quanto avvenuto con League of Legends, il nuovo tactical shooter sarà il miglior titolo competitivo dei prossimi dieci anni. Chi finora aveva deciso di investire il proprio tempo e le proprie capacità su Overwatch, Apex Legends o Fortnite sembra aver intuito una nuova, enorme possibilità che permette a tutti di ripartire da zero sullo stesso piano: quello competitivo.

Ed è proprio l’aspetto competitivo il terzo fattore che pone il punto esclamativo sul potenziale futuro successo di questo gioco. Se finora Riot Games non aveva voluto rivelare nulla, rimandando a “data futura”, come da loro stessi affermato, il discorso legato alla sezione esports di Valorant, l’azienda ha finalmente rotto il ghiaccio attraverso le parole di Whale “Magus” Rozelle, Senior Director della direzione Global Esports: “La nostra missione adesso è costruire una scena competitiva che duri nel lungo periodo e che sia avara di attenzioni. Abbiamo un ampio background da cui attingere grazie alla nostra decennale esperienza con League of Legends ma sappiamo bene che deve essere rimodulata per un genere totalmente differente, quello dei tactical shooter.”

Saranno tre in particolare i pilastri su cui Riot si concentrerà per costruire dalle fondamenta l’esports di Valorant: integrità competitiva, accessibilità e autenticità. Il primo punto, la competitive integrity si basa sul merito come unico criterio che possa permettere a un giocatore di competere ai massimi livelli: l’obiettivo è assicurare che le vittorie e le sconfitte arrivino esclusivamente per le abilità singole o di team piuttosto che per fattori esterni. Il secondo punto riguarda l’accessibility, ovvero la promessa che ogni giocatore e spettatore sia il benvenuto nella nostra community. Stiamo preparando una delle migliori esperienze di broadcast in termini di qualità del prodotto che possa mostrare creatività, gioco di squadra e le singole azioni salienti che il gioco permette di realizzare e che creano quei momenti che poi rimangono per sempre nella storia dell’esports. Ultimo punto ma non meno importante è l’authenticity, ovvero il sentire il gioco come proprio: Riot punta a valorizzare la community così come scoprire nuovi talenti, voci e stelle della scena competitiva.

Proprio su questo punto finale si concentrano i primi passi di Riot Games e una quarta, se vogliamo definirla così, parola chiave: spontaneità. I creatori di Valorant puntano a supportare attivamente, più che costruire, una scena competitiva che cresca in modo spontaneo, partendo dai videogiocatori, dai team, dai content creator e, ovviamente, dai tournament organizer. In questi termini Riot ha già rilasciato le linee guida per le terze parti che vorranno organizzare tornei competitivi, in modo da aiutarli nel proporre un prodotto di qualità e fedele agli obiettivi della stessa azienda sviluppatrice.

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