“Grazie per tutto quello che fate. Vorrei dirvi che sono a disposizione per dare una mano sempre. Contate su di me”. A scriverlo, in un biglietto tutto di suo pugno, è Papa Francesco in risposta a una lettera ricevuta da Mediterranea Saving Humans, la ong impegnata per il salvataggio dei migranti nel Mediterraneo. A firmarla è stato Luca Casarini, capomissione della nave Mare Jonio, già leader di Sinistra italiana e storico leader del movimento delle Tute bianche, protagonista delle contestazioni durante il G8 del 2001. All’attivista, tra i primi impegnati nel progetto che opera in mare dal 2018, il Papa si rivolge con “caro fratello”, ringraziandolo per la lettera e aggiunge: “Grazie per la pietà umana che hai davanti a tanti dolori. Grazie per la tua testimonianza, che a me fa tanto bene. Sono vicino a te a ai tuoi compagni”.

Sicuramente si tratta di un rapporto epistolare alquanto anomalo, ma dettato dalla grande e costante attenzione di Bergoglio al dramma dei migranti. Non a caso, nel 2013, come primo viaggio del pontificato il Papa scelse Lampedusa per commemorare i tanti morti nel Mediterraneo durante i cosiddetti viaggi della speranza, ma anche per denunciare la globalizzazione dell’indifferenza. Francesco ha voluto anche assumere personalmente la guida della sezione profughi e migranti del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale da lui istituito.


Figlio di operai, negli anni Ottanta Casarini si avvicina agli ambienti antagonisti di sinistra, prima presso il centro sociale Pedro di Padova e poi al Rivolta di Porto Marghera. Il passo successivo della sua militanza politica lo vede leader delle Tute bianche, un movimento nato all’interno dei no global, diventato in un secondo momento Disobbedienti. Da capo del movimento ha promosso azioni di protesta ad ampio raggio, come quella contro la Costituzione europea, la guerra in Afghanistan e in Iraq e la costruzione della nuova base Usa a Vicenza. Ma è sicuramente la contestazione del G8 di Genova a dargli maggiore visibilità. Da diverso tempo si è trasferito a Palermo dove ha trasformato un rimorchiatore degli anni Settanta, la Mare Jonio, in un’imbarcazione che, sotto la bandiera della ong Mediterranea Saving Humans, effettua operazioni di soccorso delle persone in mare.

Dopo aver seguito in televisione la preghiera del Papa per la fine della pandemia, Casarini ha scritto a Bergoglio di aver “sentito nel cuore la necessità di farle pervenire il mio umile ringraziamento perché ancora una volta lei ha toccato il cuore di tutte le persone di buona volontà e ha fatto riscoprire a tutti che siamo un’unica grande famiglia umana e nessuno si salva da solo”. E ha aggiunto: “Stiamo soffrendo pensando ai nostri fratelli e sorelle che si mettono in mare dalla Libia, anche in questi giorni: più di 600, compresi molti bambini, sono stati catturati dalle milizie libiche che si fanno chiamare ‘Guardia Costiera’ e che gli Stati hanno riempito di soldi per fare questo. Li hanno riportati indietro, nell’inferno dei lager. 150 di loro sono riusciti a raggiungere, assistiti solo dalle loro forze e da Nostro Signore, le spiagge di Lampedusa. Altri 150 sono a bordo di una piccola nave cui i governi d’Europa stanno negando un porto d’approdo. In questa situazione noi vogliamo tornare in mare il prima possibile, perché il nostro Gesù ha bisogno di aiuto”.

Casarini ha confidato a Francesco che “in questi giorni terribili penso a che cosa facciamo in mare e che cosa proviamo quando abbiamo il privilegio di poter salvare dalla morte i nostri fratelli e sorelle migranti, mentre il mondo aveva la testa girata dall’altra parte. E guardi adesso cosa è accaduto: la pandemia costringe tutti oggi a fare i conti con la lotta per la vita, a chiedere aiuto agli altri per salvarsi. Il contagio ha mostrato quanto i confini fatti con i fili spinati, i carri armati, con i lager in Libia, con i campi di concentramento a Lesbo, tutti quei confini eretti contro altri esseri umani, non possano nulla di fronte a un male invisibile e globale. Tutti adesso, come se si trattasse di un segno, sono costretti a stare rinchiusi, fermi, a non poter abbracciare i propri cari, a non poterli nemmeno seppellire, come accade alle famiglie dei migranti che muoiono in mare o nel deserto, o uccisi dai trafficanti. Oggi tutti, in tutta la terra e nello stesso momento, hanno la possibilità di sentire e di vedere se vogliono, che cosa era diventato questo mondo fatto di esclusione, di razzismo, di odio degli uni verso gli altri”.

Da Casarini anche un ringraziamento al Papa per aver collocato a uno degli ingressi del Palazzo Apostolico Vaticano “la croce fatta con il giubbetto di salvataggio, in modo che possano vederla tutti”. E ha aggiunto: “Quando abbiamo recuperato in mare quel giubbotto, abbiamo sentito una fitta al cuore: era evidentemente il relitto di una persona migrante che era naufragata, vittima dell’ingiustizia. Abbiamo sentito nel cuore la necessità di raccogliere quel giubbotto: non sapevamo neanche noi perché lo raccogliessimo, ma sentivamo di dover dare un senso a quella vita, alla vita di quella persona di cui nessuno sa il nome e che è morta vittima dell’ingiustizia. Abbiamo sentito nel cuore che quel migrante ignoto era un nostro fratello e che dovevamo raccogliere quel relitto. Mai ci saremmo aspettati che un giorno quel giubbotto sarebbe stato esposto nell’atrio del Palazzo Apostolico come segno per tutti del ‘grido dei poveri’ che sale dal Mar Mediterraneo. Quando ci pensiamo, sentiamo ancora i brividi: vedere che quel giubbotto ora è lì ci mostra la potenza del Vangelo, la potenza dell’amore. Grazie di cuore, caro Papa Francesco”.

Twitter: @FrancescoGrana

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