I pieni poteri ottenuti da Viktor Orban con la scusa di gestire la pandemia da coronavirus imbarazzano l’Europa. La presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, il giorno dopo il voto del parlamento ungherese, ha diffuso una nota con la quale si chiede che le misure siano “limitate al necessario, proporzionate e soggette a controllo”. Quindi, è l’avvertimento arrivato da Bruxelles, “la Commissione europea seguirà da vicino la loro applicazione“. Perché “le misure prese non devono essere a scapito dei nostri valori fondamentali”. Il primo ministro ungherese però, con la legge approvata ieri dalla maggioranza, ha pieni poteri senza limiti di tempo e, non solo può governare con decreti, ma può tra le altre cose anche decidere di bloccare il Parlamento e sospendere le elezioni. Ma non solo, chi diffonde fake news in un contesto dove la libertà di stampa è ritenuta molto spesso in pericolo, rischia fino a cinque anni di carcere. “La democrazia non può funzionare senza media liberi. Rispetto della libertà di espressione e certezza del diritto sono essenziali”, ha concluso Von der Leyen. Mentre il portavoce della commissione Ue Eric Mamer ha precisato che presenteranno un meccanismo sullo Stato di diritto, come annunciato nei mesi scorsi.

Contro il provvedimento ieri si è schierata la maggioranza che sostiene il governo in Italia e lo stesso presidente della Camera Roberto Fico: la richiesta compatta è stata quella di una presa di posizione da parte delle istituzioni europee contro quello che viene ritenuto un atto “non consono con la democazia”. L’imbarazzo non è solo a Bruxelles, ma dello stesso Ppe che ancora non ha deciso come comportarsi su Orban e il suo partito Fidesz, sulle cui sorti pesa la minaccia di espulsione da oltre un anno senza che si sia mai arrivati a una decisione. Così se in queste ore Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono corsi a difendere il vecchio amico, il vicepresidente del Ppe Antonio Tajani ha smentito ogni ipotesi di espulsione dell’Ungheria dall’Ue: “No, è esclusa, non c’entra niente, poi non è che si espellono i governi”, ha detto a Rai Radio1, intervistato da Un Giorgno da Pecora. “Si può non esser d’accordo, ma i cittadini hanno votato per un partito, per una maggioranza, il Parlamento ungherese, che è sovrano, ha fatto una scelta“. Intanto il ministro per gli Affari europei italiano Enzo Amendola, intervistato da Repubblica, ha ricordato che su Orban “la Commissione ha già aperto un’inchiesta sulla violazione dei diritti in base all’articolo 7 del trattato e l’Italia chiederà di inserire nella procedura anche questa legge sui pieni poteri”. E, ha aggiunto: “Ciò che fa strano è che qui da noi chi difende Orban è lo stesso che poi accusa il governo di andare avanti a colpi di decreti”.

Contro il primo ministro ungherese in queste ore si è schierato anche il sindacato dei giornalisti italiano Fnsi: “Quello che è accaduto in Ungheria ci riguarda”, ha scritto in un editoriale per Articolo 21 il presidente Giuseppe Giulietti. “Orban ha imposto un bavaglio alla libertà di informazione, al Parlamento e all’ordinamemto democratico. Chiediamo all’Unione europea di sollecitare la rimozione di queste norme o di accompagnare alla porta Orban”. Una posizione condivisa anche dalla Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj). Sul tema si è espressa anche l’Anpi: “La svolta ungherese è un’intollerabile ferita all’Ue”, ha detto la presidente Carla Nespolo, “perché contrasta con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione che si basa ‘sul principio della democrazia e dello Stato di diritto’. Nel 75esimo della Liberazione esigiamo che l’Ue espella l’indegno regime ungherese che ha tradito il patto antifascista da cui è nata l’idea di Europa”.

Ma non c’è solo l’Ungheria a insidiare i valori fondamentali dell’Europa: “Proprio come Fidesz in Ungheria, il PiS in Polonia sta usando la crisi del Coronavirus per minare lo stato di diritto. Non dobbiamo lasciarli fare”, ha twittato l’eurodeputato belga Guy Verhofstadt di Renew Europe. “Anche in tempi di crisi, l’Europa è una famiglia di democrazie che rispettano lo stato di diritto”.

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