Cultura

Eduard Limonov, è morto lo scrittore russo. Una vita da romanzo: un po’ fuorilegge e un po’ perseguitato dalla Russia di Putin

Poeta, scrittore e giornalista: aveva 77 anni. La biografia scritta su di lui dallo scrittore francese Emmanuel Carrère ne racconta la vita, romanzandola. Un libro che ha contribuito a fare dello scrittore russo un personaggio conosciuto in tutto il mondo

di Davide Turrini

Delinquente e poeta, fondatore del partito nazionalbolscevico (post ’89) e combattente nell’esercito serbo, carcerato nelle prigioni russe e membro dell’elite letteraria parigina tirata a lucido. Lo scrittore russo Eduard Limonov è morto a 77 anni. A darne notizia è stato il deputato della Duma, Sergei Shargunov. Di Limonov, grazioso nom de plume donatogli da un artista moscovita suo amico nei primi anni Sessanta del secolo scorso, lettori e pubblico italiano ne conobbero la rocambolesca esistenza quando lo scrittore Emmanuel Carrère ne raccontò le autentiche gesta in uno dei più affascinanti e truffaldini esempi di saggio narrativo contemporaneo pubblicato in Italia da Adelphi nel 2012. Chi ha letto questo libro se lo ricorderà, Carrère metteva le mani avanti: raccontava tutte le folli contraddizioni, dall’altare alla polvere, e ritorno, del soggetto esplorato e in qualche modo perfino adorato, ma “sospendeva il giudizio”. Comoda Emmanuel. Comoda davvero. Ma comunque bravissimo ed efficace. Perché di quel tizio con ciuffo alla Leningrad Cowboys di Kaurismaki a molti venne voglia di saperne di più. Inafferrabile, indefinibile, incasellabile.

Limonov, ovvero Eduard Veniaminovich Savenko, era nato da una famiglia piccolo borghese russa ed era cresciuto in Ucraina poco prima della morte di Stalin. Da ragazzino fece più risse e accoltellamenti di uno dei protagonisti di Educazione siberiana, andò in prigione varie volte, visse ai margini della società sovietica fino a quando trasferitosi a Mosca a metà anni Sessanta non si introdusse lemme lemme nel milieu letterario underground e riuscì a pubblicare diversi libri di poesie (più volte bistrattati). “Ubriacarmi, recitare poesia, discutere d’arte, chiacchierare e flirtare con le ragazze”, spiegava così la sua vita moscovita Limonov in una biografia.

Uno stile di vita alquanto irregolare e selvaggio che attirò le attenzioni del Kgb. Ed è qui che del basculante Eduard iniziano le quattro vite che corrispondono all’incirca alle quattro moglie avute. Siamo nei primi anni settanta e si dice che il nostro rifiuti di diventare spia del regime sovietico. Per questo finisce dritto a New York, passando per Vienna. Siamo nel ’74 e Limonov comincia a rimescolarsi negli ambienti punk, filo-cubani e, sacrilegio, trotzkisti. Finisce anche in mezzo alla strada, lavoretti qualunque e marchette più o meno consenzienti con uomini perlopiù afroamericani (Limonov dichiarerà poi di essere di bisex). Esperienza sessuale e umana che fungerà da memoria biografica per il suo primo successo letterario del 1979: It’s me Eddie, tradotto successivamente in sedici lingue, ma in cima a classifiche e interessi intellettuali della Francia mitterandiana (in Italia verrà pubblicato nel 1985). Al primo libro seguiranno nei primi anni ottanta Diary of a losers, poi Story of his servant, nient’altro che la cronaca romanzata della sua esperienza di domestico, e del suo rapporto d’amore, con il ricco signore dell’Upper East Side di Manhattan che gli pagò lo stipendio per diverso tempo. Agli anni settanta newyorchesi seguirono gli anni ottanta francesi, a loro volta seguiti dagli anni novanta di ritorno nell’Urss trasformata in Russia, sdoganato dalla Glasnost di Gorbaciov (pochi anni dopo Limonov chiederà comunque per Gorbaciov “la fucilazione”), è però subito in rotta con l’impero putiniano, già sottoforma del barcollante Eltsin.

Se dal 1989 i suoi libri cominciano ad essere pubblicati anche in Russia, nel 1992 si avvicina al leader del partito nazionalista Zhirinovsky poi se ne allontana, non prima di aver esplorato le zone di guerra dei balcani che Carrère descrive in questo modo: “L’abbiamo visto in un documentario della Bbc mitragliare Sarajevo sotto l’occhio benevolente di Radovan Karadzic, leader sei serbi di Bosnia e criminale di guerra”. Dopo questi exploit, Limonov torna in Russia e fonda tra il 93 e il ’94 il National Bolshevik Party, formazione politica che porta come stendardo agli occhi del mondo, quella che Carrère sottolinea come una bandiera che fonde lo sfondo da drappo rosso ex Urss e al posto della svastica nazi al centro rielabora una puntuta sintesi grafica da falce e martello.

Lunghissimo stare dietro alle peripezie dei primi dieci anni di vita di Limonov e del suo partito. In parte fuorilegge, in parte perseguitato dal nuovo imperatore Putin (il libro di Carrère ha come esergo, ricordiamolo, una citazione proprio del leader maximo ex Kgb: “Chi vuole restaurare il comunismo è senza cervello, chi non lo rimpiange è senza cuore”). Diciamo solo che trascura un pochino la sua attività letteraria. Funzione che torna a riprendere nel suo periodo definito “monacale” proprio quando verrà arrestato nel 2001 con l’accusa di terrorismo e di tramare con una parte dell’esercito per l’invasione del Kazakistan (!). Verrà condannato a 4 anni, condonati a due per buona condotta.

È qui che Limonov torna a penna e calamaio. A questa ennesima u-turn seguono ancora sommosse e marce contro Putin, in solitaria con il suo Nbp o in coppia con altri partiti nazionalisti di sinistra, altra galera (nel 2007), scandali e trappole varie (c’è perfino un video di un’orgia che ancora non si è capita quanto vera o falsa). Infine nel 2012 la fascinazione improvvisa e sconvolgente di Carrère (che Limonov ha definito recentemente “borghese e nemico di classe”). Quella strana attrazione verso uno skinheads punk e imperialista che provava perfino Anna Politkovskaja, la giornalista antiputiniana e attivista per i diritti umani uccisa nel 2006, che Carrère cita a più non posso proprio nelle prime pagine del suo libro fiume. Limonov tornerà a scrivere negli ultimi anni e almeno un paio degli ultimi romanzi arriveranno anche in Italia grazie all’editore Sandro Teti. Per ultimo quel Il boia, scandalosa e cupa ascesa sociale di un immigrato polacco negli Stati Uniti nei primi anni Ottanta. Un romanzo che è tutto pratiche sessuali di sottomissioni femminili, omicidi e in alcuni casi senso del grottesco. Della sua vena letteraria, del suo stile, hanno scritto: “I suoi sono tutti libri disturbanti, ineluttabilmente volgari, rivoluzionari, esplosivi, incentrati sulla tragedia di un uomo sulla terra”.

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