Cultura

Luigi de Magistris a teatro con ‘Istigazione a sognare’: “Costituzione e popolo tornino a essere protagonisti della politica italiana”

di Davide Turrini
Luigi de Magistris a teatro con ‘Istigazione a sognare’: “Costituzione e popolo tornino a essere protagonisti della politica italiana”

“Niente opinioni. In scena porto solo fatti”. Dopo essere stato magistrato, europarlamentare e sindaco di Napoli, Luigi de Magistris sale da attore sul palco. Lo spettacolo di teatro civile, prodotto da Loft Produzioni, s’intitola Istigazione a sognare. La coerenza dei fatti e avrà la sua prima nazionale il 22 maggio 2024 al Teatro Tor Bella Monaca di Roma (la regia è di Andrea de Goyzueta). Un’immersione nella biografia professionale e antropologica di de Magistris dove mettendo a fuoco il coraggio dell’osare dell’uomo si intravede in controluce tutto il marcio etico e morale di un Paese. Suddiviso in tre parti – l’attività di magistrato a Catanzaro, con tutto il mondo istituzionale e politico contro; le rivoluzionarie scelte politiche sull’acqua e scuola pubblica da primo cittadino del capoluogo partenopeo; il lascito costituzionalista come idea di speranza per le nuove generazioni – ‘Istigazione a sognare’ rinsalda i valori politici di una sinistra popolare ed egualitaria lontana dai palazzi di potere italiani ed europei, con un nient’affatto trascurabile De Magistris oratore di rango per un’ora e mezza. “Ho avuto la passione per il teatro fin da bambino quando i miei genitori mi portavano a vedere Eduardo De Filippo al San Ferdinando. Il teatro ha formato la mia sensibilità più del cinema. È più vero, diretto, fa molto riflettere. Anche stando dall’altra parte della scena può scuotere molto”, spiega l’ex magistrato a FQMagazine.

Nella prima parte dello spettacolo riporti i dettagli della tua carriera in toga toccando le inchieste Poseidone e Why Not senza andare troppo per il sottile…
“È un tentativo di sbattere sul naso dello spettatore i fatti. Perché ho vissuto in prima linea sia nella magistratura (nove anni in Calabria e sei a Napoli in Procura) sia da sindaco di una delle città più complesse d’Europa. Il filo conduttore dello spettacolo è la nostra Costituzione. Ma non la affronto in maniera retorica. Bensì cerco di dimostrare come applicarla dal basso e che prezzo si paga per farlo. Pensiamo al principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge: io ci ho creduto molto da magistrato e ho pagato un prezzo salato. Oppure pensiamo come si può applicarla da sindaco: diverse leggi e vincoli di bilancio soffocano la Costituzione. Invece la carta costituzionale va messa dove deve stare: in cima alla piramide della gerarchia delle fonti del diritto”.

In scena ricordi come le scelte del governo Monti fecero saltare centinaia di posti pubblici nelle scuole di Napoli e tu da sindaco applicasti i principi costituzionali scavalcando funzionari e leggi …
“In una notte firmai 450 contratti. Quelle delibere ebbero un grande impatto e un seguito ad esempio in Emilia Romagna, considerata un avamposto in materia scuola, ma dove da tempo c’era stata un’esternalizzazione profonda. Lo scontro con il direttore generale del Comune non era quello tra un cattivo e un buono. Lei si nascondeva anche legittimamente dietro un’interpretazione formalistica, burocratica, un po’ pilatesca della legge; noi abbiamo voluto mettere la Costituzione davanti a tutto il resto”.

Quando nella prima parte racconti la tua attività in magistratura mi è venuto in mente un film, Gli intoccabili di Brian De Palma. Sembri l’Eliot Ness della magistratura italiana…
“È una riflessione che ho fatto da tempo con Marco Travaglio, Peter Gomez e Marco Lillo. Penso di essere stata la prima cavia su come le nuove mafie, o la criminalità istituzionale come la chiamo io, ha operato dentro il cuore dello stato. Non fermavano più gli irregolari con la pistola, la mitraglietta e il tritolo, ma con i proiettili istituzionali e la carta bollata. Una dimostrazione di forza ancora maggiore, di ultima generazione della criminalità organizzata”.

Nello spettacolo racconti molti fatti ma poche emozioni intime tue. Te ne chiedo una: hai mai avuto paura di essere ammazzato?
“Fisicamente no. Ho percepito che mi avrebbero fatto fuori professionalmente, questo sì. La preoccupazione comunque l’ho avuta, la procura di Salerno mise per iscritto che c’era il pericolo che venissi ammazzato”.

Quando parli di corruzione in Calabria tra partiti di centrosinistra e centrodestra non è sembrata esserci alcuna differenza…
“All’interno del sistema partitico da magistrato ho verificato un’assoluta trasversalità nel commettere reati. Tanto è vero che la sinistra di sistema non può più davvero mai rivendicare una sorta di superiorità etica e morale sul tema. All’epoca non c’era ancora il fenomeno del Movimento 5Stelle, che avvenne dopo tra il 2013 e il 2018. Una riflessione sulla questione morale loro la devono fare”.

Anche in tema di neoliberismo a livello di politiche di governo non sembra esserci più alcuna differenza tra centrosinistra e centrodestra…
“Mi viene in mente un altro film, quello dove si citano diverse sfumature di grigio. Se prendiamo il governo Draghi è sembrato che tutte le forze politiche non avessero progettualità alternativa al neoliberismo, al turbo capitalismo, alle privatizzazioni. Basta vedere la questione dell’acqua pubblica: sono stato l’unico sindaco in Italia ad applicare quel referendum, quindi la Costituzione”.

Spiegaci cos’è questa ‘Istigazione a sognare’.
“Sono un incrollabile ottimista della ragione e del sentimento. La prima parte dello spettacolo è un crime duro che può propendere al pessimismo; poi c’è la storia romantica che è quella di Napoli; infine c’è un mio messaggio positivo: la gente deve acquisire la consapevolezza che il cambiamento non verrà dall’alto, ma che deve riprendersi la storia, i diritti, la lotta, la Costituzione. Di solito l’analisi critica del sistema porta spesso alla rassegnazione degli individui e dei popoli. Ma come direbbe il subcomandante Marcos se il sogno lo faccio da solo rimane un sogno, se lo facciamo in tanti è la realtà che comincia a camminare”.

La Costituzione del ’46 venne redatta dopo aver superato un momento radicale e tragico come la guerra. Per tornare alla sovranità popolare del dettato costituzionale bisogna rivivere uno strappo così cruento?
“La storia insegna che il fondo va toccato. Napoli con l’emergenza rifiuti aveva toccato il fondo e solo così ha potuto cambiare. La gente deve riprendere ad essere protagonista e chi ricopre incarichi istituzionali deve mantenere una connessione con esso e non tradirlo. Questo connubio gente-governanti può diventare elemento di grande forza per superare vincoli di bilancio o l’assenza di denari. Oggi siamo in una fase di rassegnazione, anche se il fuocherello cova sotto la cenere. Ecco perché nello spettacolo parlo di istigazione, ecco perché raccontare i fatti”.

Usi molto il termine “popolo”. Parola molto rischiosa e scivolosa: in un attimo finisce per diventare sinonimo di populismo…
“Populista, nell’accezione negativa del termine, è chi strumentalizza il popolo per finalità di lobby o di partiti; se invece realizzi quella che Gramsci chiamava la connessione sentimentale con la gente da un punto di vista umano, lo stare nel conflitto sociale, andarti a prendere la contestazione, il graffio, l’urlo, ecco questo non è populismo. Qui si tratta di rimanere dove c’è il battito cardiaco della democrazia. Quando parlo di popolo mi riferisco a questo: all’articolo 1 della Costituzione secondo comma, alla canzone La Storia di De Gregori, ad una cultura zapatista della terra, La terra può essere sia elemento di schiavitù che di emancipazione. Se uno usa il concetto di populismo per come lo declino io, dove c’è il popolo ci sta molto del mio pensiero politico”.

Come direbbe il suo ex collega Antonio Di Pietro che c’azzecca oggi il concetto di popolo con quello di Europa?
“Dovrebbe essere l’Europa dei popoli, delle città, dei movimenti, invece è soprattutto l’Europa delle lobby, dei commissari europei e dei governi. Per ora non c’è stata un politica comune di solidarietà, ambientale, energetica. Ci si è concentrati soprattutto sull’Europa dei mercati e dei mercanti, delle finanze e ora della guerra, ma non dei popoli. Si avverte che non c’è questo sentimento di unità popolare europea”.

Eppure il “ce lo chiede l’Europa” ha portato allo smantellamento di servizi pubblici cruciali…
“Quando ero sindaco si imponeva austerità su austerità, ma ora per le armi da mandare in Ucraina hanno trovato 700 miliardi euro. Certo, a breve ci sarà un nuovo patto di stabilità con nuovi tagli e debiti, nonostante i popoli non vogliano la guerra. Chi comanda oggi in Occidente? Stati Uniti, Nato, vertici UE. Attorno a noi c’è solo propaganda di guerra e se apri bocca sono guai, anzi diventi automaticamente antisemita o putianiano. Lo stesso Mattarella ha compiuto un elogio infinito per i 75 anni della Nato dimenticando le guerre fatte negli ultimi decenni. I popoli vogliono la pace e che i soldi pubblici vadano per la sanità, il welfare, l’ambiente”.

L’istigazione a sognare ha quindi bisogno di una nuova progettualità politica popolare…
“Mi sento oramai orientato verso un nuovo umanesimo: o iniziamo a discutere di un’idea di fratellanza universale, una lotta tra l’essere e l’avere, altrimenti non ne usciamo. Dietro la mafia, dietro la guerra, dietro la sicurezza del lavoro c’è la violenza. Si deve costruire un nuovo approccio umanitario e libertario non liberista. Mentre abbiamo assistito al fallimento d quello chiamato comunismo, che comunismo non era, e va bene, credo ci si possa interrogare con fondamento che il capitalismo in questa sua fase senile oramai ha fallito. È il colpo di coda di un sistema economico in crisi che cerca di rimettersi in moto con le economie di guerra”.

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