“Una delle direttrici della mia azione è stata quella di sollevare la domanda di giustizia per la morte di Giulio Regeni in tutte le sedi al più alto livello. Il livello diplomatico si conforma alle istruzioni delle autorità di governo, in alcun modo vi si può sostituire”. A riferirlo l’ambasciatore in Egitto, Giampaolo Cantini, nel corso della sua audizione alla commissione parlamentare d’inchiesta. “Ho perseguito la mia missione con la massima dedizione e continuerò a farlo”, si è difeso l’ambasciatore. Proprio la famiglia Regeni, di fronte allo stallo nelle indagini e ai depistaggi del Cairo, ha più volte richiesto all’esecutivo il ritiro dell’ambasciatore. Gli stessi genitori di Giulio, Claudio Regeni e Paola Deffendi, avevano denunciato alla commissione d’inchiesta, durante la loro audizione dello scorso 4 febbraio, come l’ambasciatore (inviato in Egitto dall’allora ministro degli Esteri, Angelino Alfano, da settembre 2017) avesse interrotto i rapporti con la stessa famiglia da tempo: “Nemmeno ci risponde alle mail, doveva ricercare verità, ma persegue altri obiettivi”, avevano attaccato.
Nella sua audizione Cantini ha spiegato: “Fin dal mio arrivo c’è stato un dialogo continuo e costante che è stato uno dei fili conduttori della mia azione al Cairo. Il mio dialogo con la famiglia Regeni si è sempre svolto nella cornice di una interlocuzione più ampia che ha visto il coinvolgimento tra gli altri dei vertici e dei funzionari competenti, dei magistrati della procura della Repubblica di Roma e dei responsabili di governo”. Secondo Cantini, per arrivare alla verità su Giulio Regeni “si dovrà continuare a fare pressione in ogni sede”, precisando come passi in avanti ci siano stati, a suo dire, nonostante “l’assenza di un accordo bilaterale di cooperazione giudiziaria tra Italia ed Egitto”.
Articolo Precedente

Coronavirus, terzo caso in Tribunale a Milano: chiusa la Procura Generale. “È un sostituto procuratore, tanti contatti con avvocati”

next