Una talpa all’interno del Tribunale di Milano. C’è anche un ex cancelliere in pensione tra le sette persone arrestate dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza. Il giudice per le indagini ha disposto tre arresti in carcere, quattro ai domiciliari e un obbligo di dimora. Secondo l’accusa gli arrestati avrebbero messo in piedi una serie di complessi raggiri per riuscire ad incassare i cosiddetti ‘crediti irreperibili’, ossia non riscossi dai creditori, come quelli di persone decedute.

L’accusa, nell’inchiesta coordinata dai pm Donata Costa e Nicola Rossato, è associazione per delinquere finalizzata ad una serie di reati fallimentari e alla truffa. Oltre all’ex cancelliere, arrestato, le misure hanno riguardato anche amministratori di diritto e di fatto di società italiane e lussemburghesi e alcuni professionisti, per fatti che vanno dal 2012 al 2018. Sono stati anche sequestrati circa 600mila euro, ossia il profitto di una delle operazioni illecite al centro dell’inchiesta.

Stando a quanto ricostruito nelle indagini della Finanza che vanno avanti da tempo, grazie alla ‘talpa’ alla sezione fallimentare del tribunale (per lui gli illeciti si riferiscono anche alla fase post pensionamento), che individuava i crediti giacenti riferibili a creditori irreperibili, l’associazione per delinquere, composta anche da curatori fallimentari, sarebbe riuscita, simulando la cessione degli stessi crediti a società riconducibili agli indagati, ad andare a reclamare e riscuotere quei soldi. Somme che, invece, sarebbe dovuto andare allo Stato, ossia al Fug, il fondo unico per la giustizia.

Da qui le accuse per reati fallimentari, in particolare una serie di distrazioni di beni dai fallimenti, di truffa e anche di falso. Le misure, emesse dal giudice Alessandra Clemente, hanno riguardato anche una professionista, una delle ‘menti’ dell’associazione a delinquere, che aveva lavorato in passato anche per il Tribunale di Vicenza. Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ha riguardato il presunto profitto di una delle operazioni illecite che in totale, invece, avrebbero fruttato circa 2 milioni di euro. Gli indagati, stando all’accusa, sono riusciti a ottenere lo svincolo di una somma pari a oltre 876mila euro nell’ambito di una procedura fallimentare, in data 21 dicembre 2016 nell’ambito di un’altra procedura lo svincolo di oltre 583mila euro, e in data 14 febbraio 2018 dello svincolo di somme per circa 238mila euro.

Gli indagati “dimostravano una notevole ‘capacità organizzativa’ ed ‘intellettiva’ nell’inserirsi illecitamente nelle maglie del sistema normativo cogliendone le ‘falle'” – scrive in una nota il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco – Nello specifico la legge fallimentare prevede che, in occasione della ripartizione degli attivi, decorsi cinque anni dal deposito presso l’ufficio postale o la banca, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, di non richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono depositate nel Fondo unico Giustizia”. Nella nota, il procuratore capo di Milano Francesco Greco sottolinea che “il modus operandi dell’associazione prevedeva, nella prima fase, la ricerca e la individuazione, anche mediante la compiacenza di un funzionario amministrativo in servizio, all’epoca dei fatti, presso la cancelleria della sezione fallimentare, delle procedure all’interno delle quali fossero giacenti somme spettanti a creditori defunti o irreperibili”. E ancora: “Successivamente, venivano predisposte false operazioni di cessione del credito ‘retrodatandole’ rispetto alla data di morte dei legittimi creditori delle procedure, con la compiacenza di un funzionario del comune di Ome (Brescia), addetto all’autentica delle firme”.

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