Nei giorni scorsi è stato sollevato più volte il tema dei posti nelle terapie intensive degli ospedali nelle zone gialle e rosse della Lombardia. Oltre al numero di pazienti che arrivano c’è un altro aspetto da considerare ed è quello che offre Renata Colombi, medico di emergenza che in questi giorni opera nella ‘shock room’ del pronto soccorso dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. “Le terapie intensive si intasano perché quella provocata dal Covid-19 è una polmonite che dura due o tre settimane e non sette giorni come quella batterica”. L’arrivo di pazienti giornaliero si è mantenuto sugli stessi livelli dei giorni passati nel nosocomio: nel primo pomeriggio i casi sospetti erano una quarantina, “dal mio osservatorio e in base alla quantità di persone che arriva sembra che i numeri dei contagi non siano in calo”. Il numero dei contagi è salito nella provincia di Bergamo, che registra il più alto numero di infezioni dopo quelle di Cremona e Lodi, tanto che verrà valutato l’allargamento della zona rossa per alcuni paesi della cintura.

Da questa mattina anche il laboratorio dell’ospedale bergamasco può lavorare sull’analisi dei tamponi e quindi avere il risultato in 24 ore anziché in 5-6 giorni. Ma in realtà in pronto soccorso i medici fanno la diagnosi subito e senza bisogno dell’esito del tampone: “Procediamo con la valutazione dei sintomi, sulla difficoltà respiratoria del paziente, radiografia, controlliamo la febbre e i contatti”, spiega Colombi, “i più gravi arrivano in ambulanza. Il pronto soccorso è stato diviso in diverse aree: una ‘zona pulita’ per i non sospetti, una zona per i sospetti, una zona per i contagiati che hanno già fatto il tampone“.

A seconda dei sintomi e della diagnosi – spiega il medico – viene decisa la terapia. Il tampone si fa solo a chi ha la polmonite. Vengono usati gli antivirali simili a quelli per l’Hiv e anche antibiotici poiché la malattia spesso si accompagna a sovra-infezioni batteriche. Il decorso va dai dieci ai venti giorni, ma per gli anziani e i pluripatologici è più lungo. Per i pazienti con polmonite viene decisa la ventilazione a seconda della gravità: se il problema è lieve basta la mascherina dell’ossigeno; se è meno lieve si utilizza un casco in materiale morbido e trasparente con un sistema di ventilazione non invasivo che fa entrare l’aria a una pressione calibrata sul paziente. Se invece il problema è più acuto, viene applicata una maschera su tutta la faccia che spinge l’aria con forza nei polmoni. Solo nei casi più gravi i pazienti vengono intubati e sedati.

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