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Intercettazioni, il Csm a Bonafede: “Rinviare l’entrata in vigore della riforma di almeno tre mesi. Non c’è tempo per organizzarsi”

La riforma, dopo le modifiche di dicembre, dovrebbe entrare in vigore il 1° marzo, ma secondo la Sesta Commissione il tempo rimasto è "assolutamente inadeguato" per "la complessità delle misure organizzative e tecniche da adottare, anche a tutela della sicurezza dei dati". Domani il voto del plenum sul parere che caldeggia il nuovo stop
Intercettazioni, il Csm a Bonafede: “Rinviare l’entrata in vigore della riforma di almeno tre mesi. Non c’è tempo per organizzarsi”
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È necessario un rinvio di almeno 3 mesi per permettere l’entrata in vigore della riforma delle intercettazioni, prevista per il 1° marzo. Questione di “complessità delle misure organizzative e tecniche” per la “tutela della sicurezza dei dati” e di numero di procure, alcune di piccole dimensioni, che dovranno dotarsi di “strumenti nuovi e articolati”. Insomma, il tempo rimasto è “assolutamente inadeguato” per far partire tutta la nuova macchina, almeno a giudizio della Sesta Commissione del Consiglio superiore della magistratura. Il parere al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, verrà esaminato domani dal plenum.

Si profila quindi un nuovo rinvio dell’entrata in vigore della vecchia riforma del centrosinistra, ‘ritoccata’ in alcune parti fondamentali lo scorso dicembre. Nel dettaglio, il Consiglio dei ministri presieduto da Giuseppe Conte, lo scorso dicembre, aveva deciso attraverso un decreto ora in fase di conversione che i trojan vengono slegati dalla normativa per le ambientali ampliandone quindi le possibilità d’uso; sarà il pubblico ministero e non più la polizia giudiziaria a decidere quali sono le intercettazioni rilevanti da trascrivere e quali invece no; mentre i difensori potranno chiedere copia delle registrazioni e non più soltanto ascoltarle.

Inoltre, per i giornalisti che pubblicano intercettazioni scompare l’ipotesi di essere incriminati per violazione di segreto d’ufficio, ma la normativa rimane essenzialmente identica a quella attuale. Per le novità che erano state introdotte con la riforma dell’ex guardasigilli Andrea Orlando si si tratta del probabile quarto rinvio, dopo i tre voluti da Bonafede.

La Sesta Commissione ha chiesto il “differimento” in considerazione, si legge nel parere, della “complessità delle misure organizzative e tecniche da adottare, anche a tutela della sicurezza dei dati, e del numero di Uffici di Procura, di piccole, medie e grandi dimensioni, che dovranno dotarsi di strumenti nuovi e articolati, anche sotto il profilo tecnico e logistico”. Se questa, rileva la commisone, è “la ratio dell’efficacia differita, non può non rilevarsi come il breve termine previsto, pari a due mesi, appaia assolutamente inadeguato”.

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