di Antonietta Gostoli*

Ho accolto con gioia la nomina della professoressa Lucia Azzolina a ministra della Pubblica Istruzione perché esperta del mondo della scuola e soprattutto perché laureata in Filosofia (oltre che in Giurisprudenza). Per la mia esperienza, i laureati in filosofia si distinguono sempre per capacità critica e ampiezza di orizzonti culturali.

Mi sorprende che nell’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano del 31 gennaio la ministra torni a parlare di un argomento sul quale speravo fosse stata deposta la pietra tombale: l’istituzione di lauree specialistiche per l’insegnamento. Forse la ministra non sa che erano state istituite dalla ministra Letizia Moratti e che sono state smantellate per l’impegno pervicace di tanti, in particolare dei docenti universitari?

La loro realizzazione avrebbe creato la separazione tra la didattica scolastica e la ricerca universitaria, con grave danno per entrambe. La soluzione che è stata trovata, attualmente in vigore, mantiene invece il legame tra esse. Dopo le lauree triennali, che danno una preparazione di base in un determinato settore (per esempio Lettere, Beni culturali, Lingue), seguono le lauree magistrali biennali in cui si affrontano percorsi più specifici (per es. Lettere moderne, Lettere antiche, Storia dell’arte, Archeologia, Lingue orientali, ecc.) avvalendosi degli strumenti ermeneutici e critici propri di ogni ambito. Ma all’interno delle lauree magistrali ci sono 24 crediti opzionali di materie antropologiche e psico-pedagogiche che sono finalizzati alla preparazione per l’insegnamento nella scuola secondaria (con relativo tirocinio) e che permettono l’accesso ai concorsi.

Qualcuno dei laureati magistrali frequenta anche il dottorato di ricerca, ma alla fine pochi di essi riescono a intraprendere la carriera universitaria; la maggior parte andrà ad insegnare nella scuola secondaria, portando però un patrimonio di competenze superiore a quello della media degli altri docenti. Chi ha un po’ di pratica della scuola sa quanto questa tipologia di docente sia apprezzata e come faccia da traino anche ai colleghi. Nel percorso così disegnato la preparazione all’insegnamento scolastico rimane sempre saldamente agganciata all’ambito della ricerca universitaria.

Se si realizzassero le lauree specialistiche per l’insegnamento, esse sarebbero certamente concentrate sulle psico-pedagogie e sulle poche materie che si insegnano nelle scuole secondarie, con grave danno per la preparazione complessiva dei docenti. Dei miei anni scolastici ricordo bravi insegnanti didatticamente impeccabili, ma quelli che sono stati veramente importanti per la mia formazione sono stati quelli che possedevano una più ampia e approfondita preparazione, che collaboravano con docenti universitari in attesa di diventarlo loro stessi, che pubblicavano ricerche scientifiche.

Il numero esponenziale dei docenti di sostegno dimostra che la scuola ha fatto tanto per venire incontro ai bisogni degli alunni in difficoltà. Ma è sotto gli occhi di tutti che il livello generale dell’istruzione si è abbassato di molto. E’ necessario un recupero di qualità che può avvenire solo attraverso il recupero di qualità nella preparazione dei docenti. Il quale certo non si ottiene rinchiudendoli nell’area ristretta delle materie scolastiche e delle psico-pedagogie.

*Professoressa di Lingua e letteratura greca presso l’Università di Perugia

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