La statua di Gesù Bambino, incorniciata da ori e illuminata a festa, è al centro dell’androne del palazzo storicamente abitato dalla famiglia Sedicina, la più potente – almeno negli scorsi decenni – del quartiere Libertà di Bari. Alle spalle dell’altare una banda suona musica popolare. La gente arriva alla spicciolata. Alla fine, saranno circa un centinaio. La strada non è bloccata da bidoni dell’immondizia, come accaduto per mezzo secolo. Stavolta c’è la camionetta della polizia e un folto gruppo di agenti a monitorare una festa che a Bari ha fatto discutere. La polemica è nata qualche giorno fa, quando il sindaco Antonio Decaro ha annunciato che questa festa – dai connotati mafiosi – non si sarebbe fatta, almeno non nella formula pubblica adottata negli scorsi anni, quando, senza autorizzazioni, la strada diventava di proprietà. Ha quindi chiesto alla polizia municipale di smontare le luminarie già pronte e si è rivolto al questore per denunciare un rito totalmente illegale, che andava fermato perché “richiama le pratiche e la cultura mafiosa”.

La festa della Canderola, però, si è fatta comunque. Già in mattinata, la famiglia Sedicina, che porta avanti questa tradizione, lo aveva annunciato. Lo aveva annunciato anche una batteria di fuochi d’artificio, fatti scoppiare a pochi isolati da dove, ogni anno, si svolge la festa. “Noi con questi spari non c’entriamo nulla”, si erano affrettati a precisare. Caterina e i suoi fratelli avevano però promesso che anche senza processione, senza fuochi e senza banda, la tradizione di famiglia non si sarebbe toccata. Per una ragione: ha una storia lunghissima che risale a quando il loro papà organizzava una vera e propria sagra. Sono loro stessi a raccontarlo mostrando foto ingiallite dal tempo. “Noi in questa giornata offriamo pane e bevande ai poveri di un quartiere, dove non c’è nulla. Il sindaco si sbaglia. Tutto questo con la mafia non c’entra”.

Quindi nel tardo pomeriggio, la banda (che inizialmente non doveva partecipare all’evento) ha suonato e panini e bevande sono stati distribuiti ai presenti. Non solo: Gesù Bambino è stato benedetto nonostante la posizione netta presa dalla Curia che, nei giorni scorsi, aveva sottolineato che i riti religiosi devono avere una connotazione pubblica e non privata. Un padre francescano ha invece celebrato una piccola liturgia e ha benedetto l’altare. Poi, si è fatto scattare una foto da alcuni presenti, ed è andato via. “Non conosco la polemica in corso su questa festa, di cui mi parlate”, ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it. “Io ho solo dato la mia testimonianza e questo basta” ha concluso. “L’ignoranza genera situazioni ambigue. Se non si conoscono le storie dei territori è meglio fare un passo indietro”, ha commentato don Francesco Preite, direttore dell’istituto Salesiano Redentore, chiesa madre nel cuore del Libertà.

Un parroco “coraggio” che sui ragazzi del quartiere investe tutto il suo impegno per cambiare la mentalità mafiosa che in queste strade, spesso, la fa da padrona. “Oggi sono contento di aver celebrato la giornata della vita consacrata nella Cattedrale di Bari. Mi chiedevo – ha proseguito – se fossi rimasto nel pomeriggio al Libertà, forse avrei convinto un religioso a non commettere una cosa gravissima: entrare in una casa per prendere parte ad un rito organizzato da un clan”. Con o senza botti, quindi, al numero 158 di via Nicolai, la festa c’è stata e anche la benedizione “dall’alto”. La tradizione quindi non è stata interrotta. Certo, senza strade bloccate e senza luminarie. Alla presenza delle forze dell’ordine, come Decaro aveva chiesto, segnale che la legalità è assicurata dallo Stato. Intanto, nel corso della serata, in un portone di quella stessa via, sono state trovate diverse batterie di fuochi pronte per essere attivate. L’ennesima sfida, stavolta finita male.

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