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Zingaretti: “Con disuguaglianze democrazia a rischio. Ora 5 obiettivi per il governo. Questa è la sfida, altro che subalternità del Pd al M5s”

Il segretario risponde alle accuse e ai malumori di una parte del partito, da Orfini a Gori. E fissa 5 punti: ambiente, lavoro, comunità per creare benessere, conoscenza, giustizia. Poi rilancia: “Reddito di cittadinanza? Ottimo strumento di lotta alla povertà. Lo abbiamo inventato noi con il Rei e poi abbiamo avuto poco coraggio. Ma non sostituisce le politiche del lavoro”
Zingaretti: “Con disuguaglianze democrazia a rischio. Ora 5 obiettivi per il governo. Questa è la sfida, altro che subalternità del Pd al M5s”
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Il governo come incubatore di un’alleanza politica? Insistere con i Cinquestelle anche quando dicono di no? Fare asse con il M5s per ripensare il centrosinistra? La linea del nuovo Pd tracciata ieri da Dario Franceschini e sostenuta dal segretario Nicola Zingaretti fa suonare l’allarme tra i più scettici nel partito nei confronti del rapporto con i grillini. Il più polemico, dal palco del seminario nell’abbazia di San Pastore a Contigliano, in provincia di Rieti, è stato un ex presidente del Pd (ai tempi di Renzi segretario), Matteo Orfini: “Costruire una forza di centrosinistra insieme a una forza che di sinistra non è, è un errore drammatico. E stiamo caricando troppo di aspettative questo governo. Stiamo incubando i virus di subalternità più che aprire a una nuova stagione politica. La doppia debolezza del governo e del Pd non è di buon auspicio per il governo e per la legislatura”. Una corrente di pensiero che con altri toni riprende, tra gli altri, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori: “Non mi convince il posizionamento verso i 5Stelle. Non escludo affatto l’alleanza, ma non in un campo che non è il nostro, quello dell’assistenzialismo e della protezione. Dario (Franceschini, ndr) dice che loro devono venire di qua, invece mi sembra che stiamo andando noi di là“.

A tutti loro risponde il segretario, a conclusione dei lavori. “In questo Paese sono aumentati gli indici di disuguaglianza. E noi non siamo un circolo bocciofilo o un’associazione culturale. Come direbbe Gaber capire la crisi non significa averla risolta. Se le condizioni sono queste, va aperta una nuova era che aggredisca quei nodi”. Una nuova era che parta da “un vero e proprio piano strategico per l’Italia fatto di cinque obiettivi politici” che Zingaretti vuole proporre al governo: “Ambiente, lavoro, comunità per creare benessere, conoscenza e giustizia. Queste le priorità”.

“I dati di crollo della crescita e di aumento delle disuguaglianza mettono in crisi la democrazia – aggiunge il segretario – Ridando dignità alle persone salviamo la democrazia e rendiamo inutili gli slogan dei populisti. E’ questa la sfida, altro che subalternità“. Il leader democratico ricorda di essere stato ad agosto tra i più freddi e rigidi nei confronti della formazione di un governo con il M5s, ma dall’altra parte “questo governo ha salvato l’Italia da una catastrofe e ha iniziato un cambio di indirizzo non banale su temi fondamentali. Ora ci vuole un salto in avanti credibile e percepibile per il Paese”.

Da qui riparte il percorso dei democratici, secondo il segretario: “E’ il tempo di una nuova fase, che dovrà vedere protagonista la squadra che si mette al servizio di questo progetto. Un partito aperto nella società, che deve mutare per diventare forza motrice che interpreta il cambiamento. Siamo qui per indicare al Paese una prospettiva nuova, per dare una visione all’Italia, un’alternativa percepibile”. “Nessuno pensa a un ritorno al passato, non facciamo caricature tra di noi, ma non dobbiamo neppure rimanere fermi in un eterno presente“, prosegue Zingaretti, guardando anche alle tematiche che possono unire il nuovo Pd ai Cinquestelle: “Il reddito di cittadinanza è un’ottimo strumento di lotta alla povertà, lo abbiamo inventato noi con il Reddito di inclusione, poi abbiamo avuto poco coraggio. È l’equivalente funzionale del lavoro, è importante, vogliamo metterci le mani per aggiustarlo anche con più risorse“, spiega Zingaretti, ma “non sostituisce il grande tema delle politiche del lavoro“.

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