Ancora una volta Joseph Ratzinger, papa emerito, ha fatto finta di dedicarsi alla contemplazione, venendo meno alla parola che aveva solennemente dato all’atto delle sue dimissioni nel 2013: promise “incondizionata obbedienza e riverenza” al nuovo papa, chiunque fosse stato eletto. Probabilmente si deve essere pentito delle dimissioni e non perde occasione per fare “l’anti-Bergoglio” professionista. Con la sua “uscita”, con cui intima al papa vero la sua volontà – appena appena nascosta dietro la foglia di fico di un cardinale africano, Robert Saràh, tra i più acerrimi conservatori e immobilisti nell’intero mondo cattolico – Ratzinger raduna le coorti a testuggine per andare della guerra di Armaggedon, perché la posta è alta: “o si vince o si muore”.

Il papa emerito che insieme al suo complice, il papa polacco, ha contribuito per 35 anni ad affossare la Chiesa, specialmente in America Latina; che ha distrutto generazioni di pensatori, uomini e donne nella Chiesa, invece di sprofondare in un abisso di silenzio, arriva a ricattare papa Francesco che, poveretto, ce la sta mettendo tutta per smuovere un pachiderma ormai in rantoli, ma deve lottare come due Ercoli in uno.

Infatti la mandria dei goderecci ecclesiastici non vuole alcuna riforma e nemmeno il più piccolo alito di brezza di cambiamento. Penso che Papa Bergoglio, che amo dal profondo del cuore e la cui venuta anticipai di ben 13 anni in un mio romanzo, sia stato troppo lento nel prendere decisioni dirompenti e traumatizzanti. Dovrebbe prendere la scure e colpire alle radici, sradicare l’albero che non porta frutto e sciogliere il collegio cardinalizio che non solo è inutile, ma anche dannoso e vigliacco.

Preti sposati sì, preti sposati no? È un falso problema, perché nonostante le false ascetiche che i vescovi predicano (bisogna poi vedere se le praticano anche), il celibato è una invenzione del secondo millennio dopo Cristo per la tutela del patrimonio ecclesiastico. Tanto è vero che il prete non fa voto di castità, ma promette di “non sposarsi”, o per dirla dall’altro verso: la gerarchia clericale sceglie come preti solo ed esclusivamente uomini, nel senso di maschi, che dichiarano di non sposarsi mai. Se poi fornicano a loro piacimento non commettono “sacrilegio” come i religiosi che invece fanno voto di “castità” assoluta, ma solo una violazione della promessa.

Secondo Adamo di Brema (sec. XI) nel suo Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum, scolium n. 76, nella Pasqua del 1049 Adalberto (1000-1072), vescovo di Amburgo e Brema, pronunciò il famoso assioma: “si non caste tamen/saltem caute” (se non puoi essere casto, almeno sii prudente). Da allora è diventato il dogma clericale della doppia morale, principio indiscusso per i professionisti dell’etica, di cui il Vaticano è fabbrica in perenne funzionamento.

Dal tempo di Gesù e fino a oggi nella Chiesa Ortodossa e nella Chiesa cattolica di rito ortodosso (Uniati), i preti si sono sempre potuti sposare senza creare quello scandalo che tanto pare turbare l’ex papa tedesco. Il concilio di Trento (secolo XVI) codificò definitivamente la disciplina del celibato come anche la clausura per monache e i monaci, ma specialmente per le prime.

L’ex papa Ratzinger pone un problema per il futuro: i papi che si dimettono (saranno sempre più numerosi) devono fare voto di silenzio e rinchiudersi in un monastero di clausura fino alla morte, senza potere pubblicare nulla, rilasciare interviste o – facendo clericalmente finta di viscido ossequio all’unità della Chiesa – guidare gruppi di contestatori alla linea del vescovo di Roma effettivo.

Spero che Papa Francesco, senza scomporsi, prendendo questo attacco dell’ex pastore tedesco come un invito a fare presto e decisamente, dichiari il celibato come un optional legato alla libertà della persona e finalmente dichiari che nella Chiesa cattolica qualsiasi ufficio e funzione non è legato né al sesso, né all’etnia, né a qualsiasi condizione, ma tutti possono essere preti, vescovi e papi, uomini e donne, sposati e celibi/nubili, etero e omo, perché “non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28).

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