“Questa elezione è la nostra occasione per superare lo stallo, ma il risultato è sul filo del rasoio”. Boris Johnson lo sa e lo ha detto chiaramente mercoledì nelle ultime ore prima dell’apertura delle urne alle quali oggi sono chiamati 46 milioni di cittadini britannici a scegliere tra i suoi Tory e il Labour di Jeremy Corbyn per le elezioni legislative che dovranno rinnovare il Parlamento di Westminster. Il verdetto del voto sarà fondamentale per determinare l’ultimo miglio della Brexit e sbloccare lo stallo cui fa riferimento il premier conservatore.

Ma per riuscire a condurre senza troppi intoppi il Regno Unito fuori dall’Ue l’ex sindaco di Londra ha a disposizione solo un risultato – una vittoria netta che gli consegni la maggioranza assoluta dei 650 seggi della Camera dei Comuni – e i sondaggi lasciano intravedere uno scenario ben diverso: l’ultimo realizzato da Savanta ComRes per The Telegraph vede i Conservatori al 41% davanti al Labour al 36%, il più stretto vantaggio su cui i Tory possono contare da metà ottobre. Percentuali che rendono al momento impossibile indicare un vincitore (“too close to call“, dicono i britannici e il Telegraph) ma che se se si concretizzassero darebbero a Johnson un vantaggio di 6 seggi. Anche se, riporta il quotidiano vicino ai conservatori, il risultato più “plausibile” sarebbe quello di un “hung parliament“, un Parlamento appeso in cui nessuno dei due maggiori partiti riesce a superare la soglia dei 325 seggi.

Non appena chiuderanno i seggi, alle 23 italiane, le emittente britanniche pubblicheranno gli exit poll: Bbc News, Itv News e Sky News hanno commissionato le rilevazioni all’istituto Ipsos Mori. L’analisi si basa sulle interviste effettuate in 144 seggi. I primi risultati ufficiali, anticipano i media, saranno annunciati circa un’ora dopo la chiusura dei seggi. Tradizionalmente, sui 650 collegi in tutto il Paese, quello di Houghton e Sunderland South è il più veloce a dichiarare il risultato finale. Il resto dei risultati verranno annunciati nel corso della notte e fino alla mattina di venerdì.

Tre i possibili scenari. In quello sognato da Johnson, i Tory ottengono una larga maggioranza, approvano ai Comuni senza troppe difficoltà l’accordo per l’uscita dall’Ue stretto a ottobre dal loro leader con Bruxelles e il Regno Unito saluta l’Unione il 31 gennaio, come previsto in base all’ultimo rinvio. Dopodiché il premier avvia le trattative per definire i futuri rapporti con l’Europa. Da tabella di marcia dovrebbe farlo entro il 31 dicembre 2020, periodo in cui allo stato si concluderà il cosiddetto “periodo di transizione“.

Se il premier, invece, porta a casa una maggioranza risicata, probabilmente riuscirebbe comunque a portare il Paese fuori dall’Ue il 31 gennaio ma poi dovrebbe sedersi al tavolo dei negoziati per definire i futuri rapporti, in primis commerciali e finanziari, con al proprio fianco l’ala euroscettica del partito che spingerebbe per posizioni dure con Bruxelles. La transizione diventerebbe così ancor più difficile, visto che concludere accordi così difficili in meno di un anno sarebbe una vera impresa. A quel punto si potrebbe aprire la possibilità di estendere il transition period, ma difficilmente i brexiteer duri e puri glielo lascerebbero fare in tutta tranquillità. Lo scenario del no deal, dunque, non sarebbe ancora escluso definitivamente.

Terza opzione: Johnson strappa la maggioranza relativa ma non riesce a trovare nessun partito disposto a formare un governo: non lo saranno i liberal-dem né lo Scottish National Party, né gli unionisti nordirlandesi del Dup, scontenti per l’accordo firmato a ottobre con il negoziatore dell’Ue Michel Barnier. A quel punto Corbyn avrebbe una chance per formare un esecutivo laburista di minoranza, grazie all’appoggio esterno dei nazionalisti scozzesi e dei liberal-democratici. Il Labour potrebbe provare a negoziare un nuovo accordo di divorzio e poi sottoporlo all’approvazione dei cittadini. In campagna elettorale Corbyn ha promesso un secondo referendum. E lo Snp potrebbe chiedere una nuova consultazione sull’indipendenza della Scozia.

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